The Village

Opera della maturità per l'autore del Sesto senso. Il suo terrore senza volto si trasmette per simboli e suggestioni

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USA 2004
Covington è un piccolo villaggio della Pennsylvania che conta circa 60 abitanti che vivono, apparentemente, in un clima tranquillo e felice. Ma nessuno di loro si allontana mai dal villaggio e tantomeno si addentra nella vicina foresta, in cui, secondo antiche credenze, abitano delle 'mitiche creature' sconosciute. Ma Lucius, un giovane coraggioso, decide che è tempo di sfatare il mito...
SCHEDA FILM

Regia: M. Night Shyamalan

Attori: Bryce Dallas Howard - Ivy Walker, Joaquin Phoenix - Lucius Hunt, Adrien Brody - Noah Percy, William Hurt - Edward Walker, Sigourney Weaver - Alice Hunt, Brendan Gleeson - August Nicholson, Cherry Jones - Signora Clack, Celia Weston - Vivian Percy, John Christopher Jones - Robert Percy, Frank Collison - Victor, Jayne Atkinson - Tabitha Walker, Judy Greer - Kitty Walker, Fran Kranz - Christop Crane, Michael Pitt - Finton Coin, Jesse Eisenberg - Jamison, Charlie Hofheimer - Kevin, la guardia di sicurezza, Renate Smith - Marybeth, Zack Wall - Donald Pascale, Liz Stauber - Beatrice, Jordan Burt - Philip, un bambino, M. Night Shyamalan - Guardia, Willem Zuur - Gerald

Soggetto: M. Night Shyamalan

Sceneggiatura: M. Night Shyamalan

Fotografia: Roger Deakins

Musiche: James Newton Howard

Montaggio: Christopher Tellefsen

Scenografia: Tom Foden

Arredamento: Larry Dias

Costumi: Ann Roth

Effetti: Steve Cremin, David Blitstein

Altri titoli:

The Village - Das Dorf

M. Night Shyamalan's The Village

The Woods

Grey

Durata: 107

Colore: C

Genere: THRILLER

Specifiche tecniche: ARRIFLEX 535, 35 MM (1:1.85) - TECHNICOLOR

Produzione: M. NIGHT SHYAMALAN, SAM MERCER E SCOTT RUDIN PER TOUCHSTONE PICTURES, SCOTT RUDIN PRODUCTIONS, BLINDING EDGE PICTURES

Distribuzione: BUENA VISTA INTERNATIONAL ITALIA

Data uscita: 2004-10-29

NOTE
- CANDIDATO ALL'OSCAR 2005 PER LA MIGLIOR COLONNA SONORA.
CRITICA
"Più che un film di paura, 'The Village' è un film sulla paura: la paura che assedia l'America dopo gli attentati alle Twin Towers; la paura, che ne ha fatto un Paese protetto fino all'autoesclusione; la paura che i governanti usano come strumento di potere e di controllo della vita degli altri. Lì accanto, la nostalgia di un mondo innocente e aurorale, da cui l'America è stata definitivamente risvegliata all'inizio del millennio. 'The Village' è anche un film (non d'amore ma) sull'amore. L'amore si presenta come l'altra faccia della paura, che consente di non farsi annientare ma di crescere, di superarsi anche attraverso prove dolorose. Distinguendo in modo netto tra superstizione e fede, il film tocca il livello alto della parabola, mille leghe avanti alla gran parte dei thriller orrorifici in circolazione. E tutto ciò senza togliere un'unghia di paura, né del piacere di spaventarsi davanti a uno schermo." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 29 ottobre 2005)

"'The Village' sembra 'La fattoria': e lo è, consapevolezza dei personaggi più giovani in meno. Ma non è questa la ragione per la quale 'The Village' lascia freddi. C'è soprattutto la sproporzione fra attese ed esito: se Shyamalan fosse un esordiente, il suo film si segnalerebbe come superiore alla media della produzione cinematografica americana; per non dire di quella italiana. Ma c'è ormai chi lo chiama maestro. Poi - come 'Big Fish' di Tim Burton - 'The Village' è velleitario e prolisso, anche per chi conosce i ritmi mai frenetici del regista d'origine indiana. Per quasi due ore qui non succede nulla. E il finale è degno di un episodio della serie tv 'Ai confini della realtà', spesso arguti, certo, ma vecchi di mezzo secolo. Infine, qui non c'è il cupo mistero del 'Sesto senso', né la nicciana durezza di 'Unbreakable': solo autocitazioni dal fiacco 'Signs'. Qualche unghiata, comunque c'è, ma sfuggirà ai più: l'irrisione del 'beati gli ultimi', con lo scemo e la cieca del 'Village' che, in quanto presunti innocenti, possono sfidare la minaccia delle creature del bosco; alla logica della proprietà privata, che devia le rotte degli aerei, se qualcuno d'importante tiene alla pace." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 29 ottobre 2004)

"Il tipo di film prediletto dal regista americano trentaquattrenne M. Night Shyamalan, vicende soprannaturali di convivenza tra vivi e morti, thriller di fantasmi ha ottenuto nel mondo occidentale grandi e significativi successi: quasi che la gente cercasse fuori delle religioni altre fedi, altre speranze. (...) Gli spettatori vengono immersi in grovigli di simboli, il thriller può suscitare molte interpretazioni, l'incubo di un passato terribile si scioglie soltanto alla fine. Attenzione al colore giallo: sia nella accezione luminosa dei fiori di campo e del sole, sia nei toni più spenti, non è innocente." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 29 ottobre 2004)

"Piacerà alla sempre più folta schiera dei fans di M. Night Shyamalan, il regista di origine indù, che dopo tre en plein ('Sesto senso', 'Unbreakable' e 'Signs'), s'è conquistato il fatidico 'nome sopra il titolo'. Come Alfred Hitchcock. Nel cast ci sono Sigourney Weaver e William Hurt, ma sul manifesto li han messi, volutamente a caratteri illeggibili. Il film ha almeno una ventina di scene che strapperanno il griderello alle spettatrici in vena di esternazioni. (...) Ma 'The Village' ha anche il fascino delle più cupe favole gotiche. Che è l'odissea attraverso il bosco della piccola Bryce Dallas Howard se non una rivisitazione di Cappuccetto Rosso con gli aliens al posto del Lupo Cattivo?." (Giorgio Carbone, 'Libero', 29 ottobre 2004)

"Un microcosmo così perfetto e autosufficiente che odora di metafora lontano un miglio e quando la metafora è troppo scoperta, si sa, il film ne risente. Specie se il regista applica la sua innegabile maestria a uno schema narrativo che cominciamo a conoscere: mistero, minaccia (soprannaturale o meno), quasi-invisibilità della minaccia, rivelazione finale. Vedi 'Il sesto senso', 'Unbreakable' o 'Signs'. Ma Shyamalan non è mai stato così consapevole dei propri mezzi e da 'The Village', malgrado l'atmosfera, la tensione, la bellezza sinistra delle immagini, si esce pensierosi ma delusi. Come se improvvisamente il prestigiatore scoprisse un gioco più grande di lui. Magica comunque l'esordiente Bryce Dallas Howard, la ragazza cieca. Imbarazzato e rivelatore invece Adrien Brody nei panni del demente, anello debole della storia." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 29 ottobre 2004)

"Un inizio molto faticoso. Per l'inevitabile delusione di chi s'aspetta dal giovane maestro M. Night Shyamalan paure fragorose, trasalimenti in serie e overdosi di horror al 100 per cento. (...) Rispetto all'ottimo 'Il sesto senso' e ai buoni 'Unbreakable' e 'Signs', Shyamalan perde qualche colpo perché la consapevolezza dei propri mezzi lo porta ad allungare i tempi e le inquadrature, a giocare troppo con le atmosfere e ad allentare la tensione inseguendo metafore alquanto ambiziose. Tra le quali vanno catalogate il moderno terrore dell'ignoto, la tendenza globale all'isolamento xenofobo, l'ardua ricerca di un'idea di spiritualità e il dovere di prendere in carico il proprio destino superando debolezze infantili e ancestrali paure. La suggestione della fotografia e l'adeguatezza degli interpreti (la ragazza cieca è l'esordiente figlia del mitico Ron Howard) confermano, comunque, il talento del regista più vicino ai fratelli Grimm oggi a disposizione." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 30 ottobre 2004)