Si alza il vento

Kaze tachinu

L'ultimo film di Miyazaki è anche il suo testamento artistico: un'ode alla vita cupa e ambigua, in Concorso

Leggi la recensione

GIAPPONE 2013
Il film è ispirato alla vita di Jiro Horikoshi, l'uomo che progettò gli aerei da combattimento giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale. Fin da piccolo, suggestionato dall'ingegnere aeronautico italiano Gianni Caproni, Jiro fantastica di diventare un pilota e di costruire aeroplani. Quando il suo sogno di volare è reso irrealizzabile dalla miopia, Jiro ce la mette tutta per entrare a far parte di una delle maggiori industrie meccaniche giapponesi, finché il suo genio non lo aiuta ad affermarsi come uno dei più promettenti ingegneri aeronautici al mondo. Sullo sfondo dei grandi eventi della storia giapponese del primo novecento, mentre le sue innovazioni rivoluzionano il mondo dell'aviazione, la vita di Jiro è arricchita dall'amore per Nahoko e dall'amicizia con il collega Honjo. Una storia di formazione dalle cadenze epiche, in cui l'amore, le scelte e le capacità personali si intrecciano alla necessità di dover venire a patti con un mondo che muta.
SCHEDA FILM

Regia: Hayao Miyazaki

Soggetto: Tatsuo Hori - romanzo

Musiche: Joe Hisaishi

Montaggio: Takeshi Seyama

Altri titoli:

The Wind Rises

Durata: 126

Colore: C

Genere: ANIMAZIONE BIOGRAFICO

Specifiche tecniche: (2K), 35 MM/D-CINEMA

Produzione: STUDIO GHIBLI, KDDI CORPORATION

Distribuzione: LUCKY RED (2014)

Data uscita: 2014-09-13

TRAILER
NOTE
- IN CONCORSO ALLA 70. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2013).

- CANDIDATO AL GOLDEN GLOBE 2014 COME MIGLIOR FILM IN LINGUA STRANIERA.

- CANDIDATO ALL'OSCAR 2014 COME MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE.
CRITICA
"Dal racconto di Tatsuo Hori, dal manga dello stesso regista, 'Si alza il vento' (KazeTachinu) è l'ultimo film di Hayao Miyazaki, il maestro nipponico dell'animazione. Conclude la carriera - bello se dovesse smentirci - con il suo film più cupo, dolente e ambiguo, che torna al sisma del Kanto del 1923 ed evoca crisi internazionale e il trauma di Fukushima: (...) Ci dice Miyazaki, il cinema, l'arte non possono cambiare il mondo, solo trasfigurare 'in bellezza' l'orrore della guerra: lui lo fa, senza manicheismi, anzi, con una voluta 'indecisione' che gli è valsa accuse di revanscismo e bellicismo. Rimane la sua perizia, il suo tocco, la sua poetica, ma stavolta Hayao esclude i bambini per far riflettere gli adulti, e rimane quel verso di Paul Valéry: 'S'alza il vento... Bisogna osar di vivere'."(Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 11 settembre 2014)

"'Si alza il vento', col titolo che si ispira a una poesia di Paul Valèry - «Si alza il vento, dobbiamo vivere!» come si ripete spesso il protagonista - è permeato da un sentimento di dolorosa malinconia, vi soffia con dolcezza il sentimento della morte che fa parte della vita, dei sogni, degli amori, delle cose piccole e importanti che si intrecciano a quelle grandissime a volte fuori di noi. (...) ln questo suo nuovo e raffinato universo animato e sonoro (realizzato con la voce) di sussulti, gemiti e movimenti violenti della terra e del mare, improvvise lacrime e risate fragorose, Miyazaki dà vita ai conflitti contemporanei, interrogandosi sul senso dell'arte e sulle sue relazioni col mondo, dunque anche su quello del fare cinema. Miyazaki ritrova le tensioni visive di tanti suoi film ('Principessa Mononoke', 'Il viaggio di Chihiro'...) e allo stesso tempo si volge alla sua storia familiare, e ai rapporti tra il padre progettista aeronautico legato all'industria bellica nella seconda guerra mondiale. Al punto che in Giappone lo hanno accusato di militarismo, a cominciare dalla scelta del protagonista, cosa assurda di fronte a un film che a ogni fotogramma condanna, nella sostanza e non con la retorica, la guerra in ogni sua forma. E di tutti i film del regista è quello in cui i colori delle superfici mascherano più a fatica le inquietudini pesanti (...) Miyazaki percorre il Novecento giapponese fino alla seconda guerra mondiale che rimane fuori campo, senza esplicitare se non per dettagli. L'atmosfera del Giappone imperialista viene resa attraverso Io sguardo distratto del protagonista, che vive chiuso nell'ossessione della sua ricerca. Del mondo appunto dell'artista, di un creatore, che sembra non venire mai a contatto col tempo storico, o lo riveste di altre forme e di altri colori. Quasi un paradosso se si pensa a Miyazaki, che invece ha preso sempre posizione sulle questioni post-atomiche, su Fukushima, o contro la volontà del partito al governo ora in Giappone di cambiare la costituzione. Con Jiro il regista condivide l'amore per il volo, per la dimensione aerea, per la spinta verso l'alto, quell'ebbrezza di tanti suoi personaggi (...). E che viene resa nell'animazione con un lavoro impressionante di leggerezza e colorazione, quasi fossimo in un musical del volo nella sua innocente bellezza, alla ricerca dell'attimo prima che quelle macchine volanti divengano qualcos'altro. Ma è davvero così innocente? C'è una responsabilità di chi ricerca, inventa, scopre nuove strade che contengono in se senza assoluto il Bene e il Male, dipende dall'uso. Ma se questo sarà anche cattivo ci si deve fermare mettendo da parte anche quello buono? E ancora come fa l'artista nella sua Montagna incantata a catturare il proprio tempo, a narrarlo, a precorrerlo sperimentandone le tensioni nell'immaginario? Miyazaki non ci da risposte in quello che sembra essere uno dei suoi film più complessi (...). Nella continua tensione tra realtà e immaginario forse è impossibile afferrare fino in fondo quell'air du temps e i sogni son destinati a schiantarsi in certe condizioni della realtà Jiro si risveglia nel fumo nero della guerra, mentre Naoko se ne è andata per sempre. L'arte a volte è impotente, la vita resiste, va altrove. Come il parasole di Naoko portato via dalla tempesta." (Cristina Picchio, 'Il Manifesto', 11 settembre 2014)

"Sognare certo, volare forse. Hayao Miyazaki conclude il lungo viaggio attraverso il cinema dipinto con l'epopea di Jiro (...). Dietro la sua vita c'è la storia, agitata e tragica, del Giappone della prima metà del Novecento (...). Se in passato Miyazaki aveva immaginato città incantate e castelli erranti, oscuri malefici e strane metamorfosi, stavolta, in questo film, annunciato come suo ultimo e definitivo (...), in varie scene si ferma proprio sulla costruzione delle macchine volanti (...). Miyazaki però sa bene che dietro i sogni epici c'è l'aspra amarezza del reale: il piccolo ingegnere vedrà i suoi apparecchi trasformati in strumenti di distruzione. Fuggire per sempre dai mondi proibiti non sarà mai possibile." (Claudio Carabba, 'Corriere della Sera Sette', 12 settembre 2014)