Poco più di un anno fa - Diario di un pornodivo

ITALIA 2002
Nel 2014 una troupe televisiva è incaricata di girare un documentario su Riky Kandinsky (nome d'arte di Riccardo Soldani), celebre porno star gay degli anni '90 morto ormai da tempo. La produzione rintraccia il fratello maggiore di Riccardo, Federico, per ottenere interviste ed altro materiale.
Dopo aver dato il proprio assenso Federico ricorda... Nel 1999, subito dopo la morte del padre, Federico e Riccardo (ritornato in famiglia per l'occasione, dopo 11 anni di assenza) tornano insieme a Roma e per qualche tempo convivono in un luminoso loft. Riki, convinto che si tratti di una breve convivenza, è deciso a nascondere al fratello la sua vera identità. Federico, dal canto proprio, è sempre più ossessionato dal misterioso benessere economico del fratello in apparenza nullafacente. Una sera, al culmine di un diverbio, Riccardo sbatte in faccia al fratello una rivista che racconta la verità...
SCHEDA FILM

Regia: Marco Filiberti

Attori: Marco Filiberti - Riccardo Soldani Alias Ricky Kandinsky, Urbano Barberini - Federico Soldani, Alessandra Acciai - Julie, Rosalinda Celentano - Luna, Francesca D'Aloja - Charlotte, Erika Blanc - Angela Valle, Luigi Diberti - Rod Lariani, Claudio Vanni - Claudio Alatri, Caterina Guzzanti - Koka, Cosimo Cinieri - Silvio Valle, Giuliana Calandra - Franca Soldani, Franco Oppini - Gigi Ralli

Soggetto: Marco Filiberti

Sceneggiatura: Marco Filiberti

Fotografia: Stefano Pancaldi

Montaggio: Valentina Girodo

Scenografia: Livia Borgognoni

Costumi: Eva Coen

Durata: 105

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Produzione: CAMPINELLA PRODUCTION, CORSARO PRODUCTION

Distribuzione: LANTIA

Data uscita: 2003-03-07

NOTE
- PRESENTATO NELLA SEZIONE "PANORAMA" DELLA BERLINALE 2003.

- REVISIONE MINISTERO: MARZO - APRILE 2003.
CRITICA
"Presentata al Festival di Berlino, arriva l'opera prima di Marco Filiberti, raffinato regista laureato in Proust che qui si dedica, con originale coraggio non all'italiana, alla biografia di un immaginario pornodivo gay che combatte contro l'ipocrisia di famiglia e della società, porta sulla 'retta' via il fratello per bene, tenta di adottare un ragazzino e, deluso, scompare in circostanze misteriose. (...) 'Poco più di un anno fa' è la versione italiana di 'Boogie Nights', ma anche di 'Lontano dal Paradiso', versato sul melò italiano anni '50. Un concentrato di kitch, troppa carne al fuoco, un attore inferiore all'autore, ma bravi Urbano Barberini e Rosalinda Celentano, simpatica scultrice off che giura venirle dall'anima". (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 1 marzo 2003)

"Esordio registico del performer teatrale Filiberti, simpatico come un folletto shakespeariano uscito da Sogno di una notte di mezza estate, 'Poco più di un anno fa' è stucchevole quando santifica Kandisky, naïf nella regia ma, nel complesso, è anche un'opera tremendamente vitale. Un frullatone kitsch di divismo e autoironia. Manifesto da urlo, ma titolo sbagliato". (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 7 marzo 2003)

"Rappresentante a Berlino, sezione 'Panorama', un film scritto-diretto-interpretato da un debuttante, che lo ha diviso in due parti distinte; la prima sul genere 'commedia degli equivoci', la seconda drammatica e sentimentale. Ma la vera bizzarria è il cast, che sembra assortito come la lista degli ospiti del Maurizio Costanzo Show e dove ciascuno fa il suo numero, incurante degli altri". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 8 marzo 2003)

"Con 'Poco più di un anno' fa entra nell'olimpo dei grandi debuttanti, Marco Filiberti, talentuoso registattore d'area fassbinderiana, che ama un mondo di dinamiche sirkiane, magnifiche ossessioni, specchi della vita e umori viscontiani. Forse perché assomiglia così tanto a Helmut Berger o forse perché i suoi modi di interagire col cinema, si alimentano del coraggio dei semplici e dell'insolenza dei puri. Ambiziosa eppure umile, e cromata di quelle sfumature che dividono (gli) (iper)sensibili da coloro che rifiutano per paura ogni tipo di confronto, la sua opera prima luccica d'emozione, esplode amore, irrompe nelle lacrime, contorce e meraviglia. Piovuto dal cielo, Filiberti accompagna i suoi attori in uno stato di grazia che mai - per esempio - avremmo pensato di cogliere negli occhi di Urbano Barberini e Alessandra Acciai. E fotografa la verità di una (non) attrice come Rosalinda Celentano con scultorea precisione. Filiberti stupisce: manipolando con squisita leggerezza materie narrative di frontiera; e svelando fragilità e corpo compresi ventiquattro centimetri di orgogliosa vanità". (Aldo Fittante, 'Film Tv', 11 marzo 2003)

"Ben lontano dal film italiano carino o politically correct, girato sul modello di un falso documentario con toni melò anni cinquanta e dialoghi di leggerezza ariosa e profondità d'animo, il film apre spunti di riflessione sul divismo, la favola nonsense narcisista, le relazioni umane, le apparenze. Insomma qui si parla dell'amore senza se e senza ma, che a nostro avviso nel film viene sprigionato dall'eterea Luna, cui Rosalinda Celentano, con parrucca dai lunghi capelli biondo platino, dà quel tocco magico per cui la sola presenza suscita la metamorfosi nell'altro. Lei, scultrice di angeli, essere misterioso che canta il bosco profumato di Riki quando parte alla ricerca di altri territori da esplorare, lascia in realtà una scia di vuoto irreparabile". (Elfi Reiter, 'Il Manifesto', 2 marzo 2003)

"Narciso abbandona lo specchio d'acqua e sbatte contro lo specchio scuro del cinema. Difficile ricordare un altro film così rivolto al monumento del suo autore e del suo interprete, che coincidono. L'attore-regista fa la parte di un divo del cinema porno omosessuale riconosciuto dai mass media e da un ambiente 'non ghettizzato' come sarebbe giusto che fosse per onore di pari opportunità, ma come proprio non è, e dunque già non crediamo più al film. Questo giovanotto esuberante e fastosamente circondato di colori ha convenzionalmente una famiglia che lo disconosce, un gruppetto di improbabili nobili d'antan in cui non manca il complotto, l'eccentrica e un fratello perbenista coinvolto suo malgrado nel mondo hard del parente. Non si riesce a capire che cosa volesse fare il giovane mattatore-regista con questa debordante e inverosimile operetta. Denunciare i falsi valori dell'alta borghesia? Maldestro e ingenuo esordio, è anche fuori tempo massimo". (Silvio Danese, 'Il Giorno', 9 marzo 2003)