PERSONE PERBENE

ITALIA 1992
Uomo d'affari di successo, Carlo Ferrante si ritrova in realtà con un passivo di alcuni miliardi in sede di bilancio. La banca gli ha rifiutato i finanziamenti e coloro che tra gli amici sospettano la bancarotta gli rifiutano prestiti. Quanto alla bella ed aristocratica moglie, Simona, non appare disposta a cedere nulla delle sue numerose proprietà per aiutare il consorte. Con ansia, Carlo contatta uno spregevole individuo che i miliardi glieli dà senza interessi, ma ad una condizione: l'uomo d'affari dovrà non solo riciclare denaro di origine mafiosa, ma uccidere il commercialista Benelli che da tempo ha collaborato con la Magistratura, facendo rivelazioni contro i mafiosi. Sia pure riluttante, Ferrante viene installato in un appartamento antistante la residenza di Benelli (con la moglie Irene e due figli in tenera età), dotato di cannocchiale e di spie microfoniche, in attesa del momento favorevole per sparare alla vittima designata. Vistolo uscire di casa con i figli, e non protetto dalla polizia Carlo uccide Benelli in mezzo alla folla, costantemente controllato, a sua insaputa, da un torvo scagnozzo. Carlo comincia a corteggiare la vedova e ad affezionarsi ai piccoli Benelli, per poi innamorarsi della donna e lasciare casa e famiglia. Per la verità Irene non lo ama e lo dice al tenacissimo innamorato, ma intanto polizia e Magistratura sono stati fortuitamente messi su di una pista fruttuosa, dato che le indagini per il delitto Benelli sono ancora aperte: una perdita d'acqua nell'alloggio già occupato dallo spione-criminale ha determinato un accesso e tutte le scoperte conseguenti (cannocchiale in primo luogo). Recatasi nella nuova abitazione che Carlo ha comprato per sè, con l'intenzione d'utilizzarlo per lei e i suoi figli, Irene smarrita e tradita atrocemente si rifiuta di continuare la relazione con un mentitore e assassino che ha osato professarle il proprio amore. Lo invita dunque a sparire per sempre e fugge da Carlo. Ma appena uscita, la donna sente echeggiare alcuni colpi di rivoltella: Ferrante è stato ucciso. La mafia non può tollerare killer imprudenti, scomodi e pericolosi testimoni di riciclaggi e delitti.
SCHEDA FILM

Regia: Francesco Laudadio

Attori: Marina Giulia Cavalli - Simona, Renato Cecchetto - Fiorini, Sandra Collodel, Alberto Cracco - Benelli, Massimo Ghini - Carlo Ferrante, Elena Sofia Ricci - Irene Benelli, Eros Pagni - Sig. Luigi, Maurizio Mauri, Gabriele Gori, Giovanni Visentin - Giovanotto, Fabio Camilli - Alessandro

Soggetto: Francesco Laudadio

Sceneggiatura: Francesco Laudadio

Fotografia: Cristiano Pogány

Musiche: Antonio Di Pofi

Montaggio: Ugo de Rossi

Scenografia: Stefano Pica

Durata: 91

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI

Produzione: UNION P.N. - FILMOLA

Distribuzione: UIP - PENTAVIDEO, RCS FILM &TV (PEPITE)

NOTE
REVISIONE MINISTERO GENNAIO 1993.
ARREDAMENTO: CARLO SERAFINI.
COSTUMI: PAOLO FAENZI.
UFFICIO STAMPA: RITA NOBILE.
DIRETTORE DI PRODUZIONE: ORNELLA BERNABEI.
CRITICA
Il recente film di Francesco Laudadio (soggettista, sceneggiatore e regista) appare abbastanza bene impostato e niente affatto incredibile. Il personaggio principale è tratteggiato con qualche cura nei vari passaggi che la vicenda impone; una carriera apparentemente brillante; lo smarrimento al profilarsi della bancarotta; l'orrendo patto (denaro contro assassinio) ed il successivo innamoramento del delinquente per la vedova del morto. Sembra quasi che l'aver spiato con il suo forzato voyeurismo il felice nucleo familiare dei Benelli abbia rimosso e distrutto nella mente dell'omicida quello proprio e che, in un procedimento folle di riparazione, Ferrante faccia l'impossibile per "risarcire" le vittime innocenti del turpe disegno impostogli. Tesi ardita, che forse in mani più salde avrebbe conseguito risultati meglio elaborati. Nel film, invece, dopo un avvio serrato e privo di frange gli avvenimenti si susseguono con più incertezza, esagerazioni e una più debole plausibilità (si veda la troppo rapida trasformazione della vedova, malgrado la tragedia). D'altra parte, è presto chiaro che l'affarista sia destinato a morire per mani della mafia. Nè, sebbene rinserrato nella trappola del delitto, si può pensare che egli susciti simpatia e comprensione per le sue profferte di passione amorosa e di affetto paterno. Innegabile la disinvolta amoralità della storia, cupa e odiosa. (Segnalazioni Cinematografiche).