L'uomo di Londra

A Londoni férfi

Percorso intricato per il giallo firmato Simenon. Bela Tarr, in Concorso, non centra la materia

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GERMANIA 2007
Maloin è addetto agli scambi in una stazione ferroviaria situata vicino a un porto. Una notte, mentre è di turno, un evento gli cambierà la vita: dalla sala di controllo, da dove può osservare tranquillamente l'intera baia, vede attraccare l'ultima nave della giornata. Tutto sembra procedere come al solito, quando improvvisamente Maloin nota che uno dei passeggeri, un uomo molto alto, dopo essere sbarcato, si allontana dal gruppo, evita la dogana e si rifugia sul molo nascondendosi in un anfratto buio. Mentre Maloin si chiede cosa stia aspettando, vede arrivare un altro uomo che gli lancia una valigia. L'uomo alto rimane nascosto fino all'arrivo di un'altra persona. I due però cominciano a litigare e dopo poco tempo passano alle maniere forti. L'uomo più alto ha la meglio e l'altro precipita senza vita in mare portando con sé la valigia. Maloin rimane sconvolto e cerca di uscire dalla sala controllo. Lo scricchiolio della porta, però, lo tradisce e l'assassino fugge nella notte. Maloin scende le scale con cautela, raggiunge il molo e quando si accorge che non può fare più nulla per l'uomo, recupera la valigia. Tornato nel silenzio della sala controllo, Maloin apre la valigia e scopre, con stupore, che è piena di denaro. Cosa fare? Chiamare la polizia o mettersi da solo sulle tracce dell'assassino? Eppure quei soldi fanno gola anche a un uomo come lui. Il giorno dopo, però...
SCHEDA FILM

Regia: Béla Tarr, Ágnes Hranitzky - co-regia

Attori: Miroslav Krobot - Maloin, Tilda Swinton - Camélia Maloin, Erika Bók - Henriette, János Derzsi - Brown, Ági Szirtes - Sig.ra Brown, István Lénárt - Morrison, Volker Spengler

Soggetto: Georges Simenon - romanzo

Sceneggiatura: László Krasznahorkai, Béla Tarr

Fotografia: Fred Kelemen

Musiche: Mihály Víg

Montaggio: Ágnes Hranitzky

Scenografia: László Rajk, Ágnes Hranitzky, Jean-Pascal Chalard

Arredamento: Béla Zsolt Tóth, Sándor Katona

Costumi: János Breckl

Altri titoli:

L'homme de Londres

The Man from London

Durata: 132

Colore: B/N

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: ARRICAM

Tratto da: romanzo "L'uomo di Londra" di Georges Simenon

Produzione: TT FILMMÛHELY, 13 PRODUCTION, CINEMA SOLEIL, VON VIETINGHOFF FILMPRODUKTION (VVF), BLACK FOREST FILMS

NOTE
- IN CONCORSO AL 60MO FESTIVAL DI CANNES (2007).
CRITICA
"Si prende sin troppo sul serio anche il maestro ungherese Béla Tarr, riuscito in capo a mille difficoltà a terminare l'agognato kolossal d'autore tratto da 'L'uomo di Londra' di Georges Simenon. Agli attoniti festivalieri si è, però, manifestato un magniloquente, intarsiato, lentissimo e soporifero saggio di estetica autoreferenziale che assomiglia poco o nulla alla scattante essenzialità romanzesca del grande scrittore. (...) Ogni sequenza è rifinita come se fosse un quadro, ogni espressione è dettagliata nel vuoto pneumatico d'azione, ogni passaggio riflessivo si frantuma nell'interminabile surplace tra delitto e castigo, innocenza e complicità: bello, bellissimo, ma molto prima che terminassero le due ore e dodici della proiezione la sala Debussy risultava mezza vuota." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 24 maggio 2007)

"Il titolo, 'L'uomo di Londra', invita: viene da un romanzo di Simenon. Ma il film di Béla Tarr stronca per lentezza, che la bella fotografia in bianco e nero non riesce a bilanciare. Le continue, lunghe inquadrature - con la loro monotonia assecondata dalla colonna sonora - devono rendere la monotonia della vita del personaggio principale (Miroslav Krobot). Perché sprecare un bel lavoro di ricostruzione e ambientazione? Il porto di Bastia, che si offre come sfondo, è meritevole di una seconda opportunità." (Maurizio Cabona, 'Il giornale', 24 maggio 2007)

"Una vera e propria fuga dalla sala è avvenuta durante la proiezione di 'The Man from London', un elegante ma lunghissimo noir in bianco e nero diretto dall'ungherese Béla Tarr e tratto dall'omonimo romanzo di Georges Simenon." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 24 maggio 2007)

"Non è niente male 'The man from London' di Bela Tarr, tratto da un romanzo di Georges Simenon: formalmente magnifico, in bianco e nero, con piani-sequenza lunghi anche 10-15 minuti; ma assai punitivo, perché lo stile di Bela Tarr - un grande talento misconosciuto del cinema ungherese degli anni '70 in poi - prevede che siano necessari tempi lunghissimi per 'raccontare' ciò che altri registi sintetizzerebbero in pochi secondi. Un suo vecchio film, 'Satantango', durava 7 ore!." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 24 maggio 2007)

"Il film in concorso diretto dall'ungherese Béla Tarr, tratto dal romanzo di Georges Simenon 'L'uomo di Londra' ricalca lo stile dello scrittore francese pure nelle immagini: la notte oscura, lo sciacquio del mare contro le strutture del porto, la nebbia, gli sconosciuti che parlano a fatica, gli scontri coniugali, le domande sulla propria sorte, le barchette dondolanti, la semplicità proletaria, il silenzio attraversato da colpi ritmati, truci. Le tragedie di Simenon erano più benevole, il film è d'una lentezza estrema, però bello." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 24 maggio 2007)

"L'ossessione in questo caso è come se avesse finito per cancellare il regista, risucchiandolo in un'estetica di sé assoluta dove la compassione necessaria perché un film abbia vita non ha spazio. Tutto è perfetto, l'estraneità che pervade in ogni fotogramma toglie il respiro, libera un paesaggio umano desolato, un conflitto sotterraneo, invisibile, stridente come le parole dal suono duro, netto che uomini e donne si lanciano addosso. (...) Per ritrovare l'urgenza del piano sequenza, l'utopia negata del fare cinema." (Cristina Piccino,
'Il Manifesto', 24 maggio 2007)

"Un Simenon assai anomalo è quello che Bela Taq l'autore del fluviale 'Satantango' (durata di ben 8 ore), ci regala con 'The man from London', storia di un uomo che affoga e di un guardiano del faro che osserva tutto, trova la fatidica valigia piena di soldi e se la intasca. I primi sette minuti praticamente fissi sulla prua della nave che porta il londinese dall'altra parte della Manica sono un po' troppo ossessivi, ma anche pieni di un fascino che regala all'immagine cinematografica una ricchezza di significati a cui non siamo più abituati. La pazienza di scoprire le pieghe di un volto, una figlia che sciacqua il pavimento in uno squallido sobborgo dove un bambino rimbalza la sua palla contro il muro, c'è Simenon ma c'è anche uno sguardo dolente e partecipe." (Giancarlo Mancini, 'Il Riformista', 30 novembre 2007)