In grazia di Dio

4/5
ITALIA 2014
Quattro donne di una stessa famiglia in un piccolo paese del basso Salento ai nostri tempi di epocale crisi economica. Il fallimento dell'impresa familiare e il pignoramento della casa sembra distruggere tutto, anche i legami di affetto. L'unico modo per uscirne è trasferirsi in campagna, lavorare la terra e vivere con il baratto dei loro prodotti. Sarà proprio questa scelta obbligata l'inizio di una catarsi che porterà le protagoniste a riconsiderare il loro stile di vita e soprattutto le loro relazioni affettive.
SCHEDA FILM

Regia: Edoardo Winspeare

Attori: Celeste Casciaro - Adele, Laura Licchetta - Ina, Gustavo Caputo - Stefano, Anna Boccadamo - Salvatrice, Barbara de Matteis - Maria Concetta, Amerigo Russo - Vito, Angelico Ferrarese - Cosimo, Antonio Carluccio - Crocifisso

Soggetto: Edoardo Winspeare, Alessandro Valenti

Sceneggiatura: Edoardo Winspeare, Alessandro Valenti

Fotografia: Michele D'Attanasio

Montaggio: Alberto Facchini

Scenografia: Sabrina Balestra

Costumi: Alessandra Polimento

Suono: Valentino Giannì - presa diretta

Altri titoli:

Quiet Bliss

Durata: 127

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: DCP

Produzione: EDOARDO WINSPEARE, GUSTAVO CAPUTO, ALESSANDRO CONTESSA PER SAIETTA FILM, IN COPRODUZIONE CON RAI CINEMA

Distribuzione: GOOD FILMS

Data uscita: 2014-03-27

TRAILER
NOTE
- REALIZZATO IN ASSOCIAZIONE CON BANCA POPOLARE PUGLIESE E LUIGI DE VECCHI; IL SOSTEGNO DI APULIA FILM COMMISSION; IN COLLABORAZIONE CON ASSESSORATO ALLE POLITICHE AGRICOLE REGIONE PUGLIA-PRODOTTI DI QUALITÀ PUGLIA; CON IL PATROCINIO DI CAMERA DI COMMERCIO DI LECCE.

- IN CONCORSO AL 64. FESTIVAL DI BERLINO (2014) NELLA SEZIONE 'PANORAMA SPECIAL'.

- CANDIDATO AI NASTRI D'ARGENTO 2014 PER: REGISTA DEL MIGLIOR FILM, MIGLIOR SOGGETTO, ATTRICE PROTAGONISTA (CELESTE CASCIARO), FOTOGRAFIA E SONORO IN PRESA DIRETTA.
CRITICA
"'In grazia di Dio' di Edoardo Winspeare (...) è un film imperfetto quanto insinuante che suscita mille dubbi vedendolo ma resta dentro a lungo, dopo la proiezione. Come accade spesso con i lavori di questo regista salentino di remote ascendenze anglosassoni, che qui torna al dialetto e ai toni aspri, e saltati dalla cornice fortemente 'locale' delle sue cose migliori (come 'Sangue vivo') dirigendo un sorprendente cast di non professionisti in cui spicca sua moglie, l'intensa Celeste Casciaro. È lei, la volitiva Adele, bellezza segnata e fiera, il centro del film. Lei, madre e lavoratrice perennemente in tensione, severa con tutti a partire da se stessa, a non esser capace di lasciarsi andare al sentimento e capire chi ha vicino. Lei che non tollera la carnale sventatezza di Ina, quella figlia adolescente e ignorante, ma così libera e piena di vita da non sapere nemmeno chi l'abbia messa incinta (e sì che le basterebbe poco per riavvicinarsi e guidarla). Ed è sempre Adele che, stufa di dover pensare a tutto, compie un gesto vile e inspiegabile ai danni della più indifesa, la sorella che sogna di fare l'attrice. Mentre la madre delle due sorelle, vedova e ormai quasi anziana, la prima a trasferirsi in campagna, non a caso, sembra trovare un po' di pace e perfino d'amore in quel vecchio fattore che le accoglie e le aiuta (forse la parte più risolta e felice del film: finalmente due amanti maturi, una figura così comune sugli scherni in questi anni, a cui si crede con emozione e fino in fondo). (...) L'intenzione insomma è chiara, i conflitti tra le quattro protagoniste sono portati al calor bianco, il messaggio fin troppo sottolineato (l'ex marito di Adele, mascalzone ma con un cuore, si chiama Crocefisso, la nonna benevola Salvatrice...). E quando un antico compagno di scuola di Adele, da sempre innamorato di lei, riappare per corteggiarla goffamente e dare ripetizioni alla figlia scapestrata parlandole anche di Kierkegaard e dei tre stadi della vita - estetico, etico, religioso - viene quasi da sorridere. (...) Eppure questo anomalo "western" salentino (...) carico di simbolismi e insieme misteriosamente naturale, oltre che attraversato da echi quasi dostoevskiani, scava nello spettatore più dubbi che nei suoi stessi personaggi. E regala, come accade a volte col cinema di Ermanno Olmi, momenti preziosi fatti dell'ingrediente oggi più raro. La semplicità." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 12 febbraio 2014)

"Io ti presto la bici per una scena del film e tu mi dai un barattolo di sottaceti. 'In grazia di Dio' di Edoardo Winspeare ci riporta indietro di secoli, al baratto. (...) La storia è in parte ispirata alle disavventure del fratello della moglie del regista, Celeste Casciaro, che ogni tanto recita nei film del marito e ha un passato come operaia, contadina e commessa. (...) Una storia al femminile, affidata a attrici non professioniste: nella vita c'è chi fa la barista e chi l'estetista. L'unica figura maschile è il co-produttore del film (costato 600 mila euro), Gustavo Caputo, che fa un tenero corteggiamento alla protagonista senza un euro in tasca. Per lui dunque doppio lavoro, come finanziatore-attore. Dice che la trovata del baratto è tornata utile durante le riprese: la bici per i sottaceti, il vino per la benzina, le location in cambio di pacchi di prodotti agricoli confezionati dagli sponsor. (...) Il cinema rispecchia la vita, ci si arrangia come nel dopoguerra. In questo, film ecologico, dove gli avanzi di pasti venivano dati agli animali, si parla il dialetto della sua terra (...). La gente di Giuliano e Depressa, i paesini dove si è girato, che al regista ricordano i villaggi western, dice che i film di Winspeare «sono troppo provinciali, ma io faccio film locali con l'ambizione di renderli universali. I miei compaesani erano un po' delusi quando hanno saputo che il film usciva nelle sale: 'Vabbuo', lo aspettiamo quando arriva in televisione'», hanno commentato. Per loro è importante quello che si vede in tv. Perché il cinema, lì, come il lavoro, non c'è." (Valerio Cappelli, 'Corriere della Sera', 12 febbraio 2014)

"II primo film italiano a «chilometro zero», 'In grazia di Dio', regia di Edoardo Winspeare (...), indica una via d'uscita dalla recessione diversa. Parla di ritorno alla terra, di economia rurale, di fatica sotto il sole e non più davanti a un computer (...). Girato in Salento, nel «Finibus Terrae» d'Italia, dove l'autore vive con i suoi, 'In grazia di Dio', costato 600mila euro, racconta la storia di quattro donne in quattro diverse età della vita. (...) Oltre al valore del racconto, che fa tornare in mente 'Speriamo che sia femmina' di Monicelli, c'è nel film un valido esempio di un nuovo modo di fare cinema: «Abbiamo girato a 5 chilometri da casa del regista, abbiamo usato bici ed evitato bottiglie di plastica, ricompensato le persone che ci hanno aiutato con pacchi pieni di pasta, sottaceti, caffè». (Fulvia Caprara, 'La Stampa', 12 febbraio 2014)

"Una piccola storia sulla felicità. Così Edoardo Winspeare definisce il suo ultimo film, 'In grazia di Dio', (...). Una storia su come i momenti di crisi possano sfociare in un'inaspettata rinascita e su come la famiglia resti un baluardo di affetti per cui vale la pena lottare. In un paesino del basso Salento quattro donne - una nonna, una madre, sua sorella e una nipote - sono costrette a trasferirsi in una vecchia masseria in campagna quando l'epocale crisi economica dei nostri giorni porta al fallimento la loro piccola impresa. L'unico modo per sopravvivere è lavorare la terra e tornare all'economia del baratto. (...) E se il titolo rimanda al bisogno di vivere in pace, il personaggio della nonna, che apre il film con una preghiera alla Madonna e lo chiude con una ninna nanna sulla nascita del Bambino Gesù, incarna quel profondo senso religioso che permea la vita quotidiana soprattutto di chi vive nelle campagne del sud. (...) Ispirata dal film che suggerisce un cambio di rotta esistenziale, la stessa produzione (Winspeare con Alessandro Contessa, Gustavo Caputo, anche nei panni di attore, e Rai Cinema) ha adottato uno stile ecologico." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 12 febbraio 2014)

"Quattro donne di tre diverse generazioni e un luogo di antica magia come il Salento, sono i protagonisti di 'In grazia di Dio', nuovo film di Edoardo Winspeare (presentato all'ultima Berlinale), che con un talento sereno e mai artificioso ci racconta una storia d'amore familiare e matriarcale, di attaccamento alla terra, di crisi economica come opportunità per riscoprire un benessere fondato sulla semplicità e la bellezza e per ritrovare una felicità dimenticata. (...) Winspeare è nato nel 1965 a Klagenfurt in Austria, è cresciuto nel castello di famiglia a Depressa, incantevole trecentesco paese in provincia di Lecce, sua madre è una Liechtenstein, gli antenati paterni, cattolici dello Yorkshire, avevano lasciato l'Inghilterra ai tempi delle guerre di religione, stabilendosi secoli fa nel Regno di Napoli. II regista ha studiato a New York, a Berlino, ha girato il mondo ma la sua vita è in quel Salento che ancora conserva uno splendore intoccato e misterioso, una civiltà profonda e solare. Nel castello vive sua madre, lui nella casetta di paese della famiglia di sua moglie, dalla porta sempre aperta e un gran via vai di gente. Quasi tutti i suoi bei film, da 'Pizzicata' (1996), a 'Sangue vivo' (2000) da 'Il miracolo' (2003), a 'Galantuomini' (2008) li ha girati in questa parte estrema della Puglia, con sapienza tecnica e intensità emotiva eppure tranquilla: usando il paesaggio come parte inscindibile della storia, tra i giganteschi ulivi, gli agrumeti, i cactus, lo sfondo delle rocce sul mare, i muri a secco, i candidi nobili paesini, i colori intensi e placidi. Non ci sono attori, solo gente del luogo, Adele con la sua delicata e forte bellezza salentina è sua moglie Celeste, di famiglia contadina, Ina è la vera figlia di Adele nata dal primo matrimonio e fa l'estetista, Salvatrice lavora in una mensa ed è la moglie di Cosimo, pescatore storico di Tricase, che nel film la ama scandalizzando il moralismo della leggera Ina, Maria Concetta lavora nel bar di famiglia, Crocefisso è camionista e Salvatore, l'impiegato che si innamora di Adele, avvocato e coproduttore del film. Il fascino di 'In grazia di Dio' sta anche nella verità di questi grandi attori per caso, perché dice il regista 'le loro facce esprimono un'anima e il dialetto li preserva dal ridicolo': al loro posto, sarebbero goffi anche i più consumati professionisti. II film, sottotitolato in italiano, è definito dai suoi produttori 'ecologico': specchio della crisi, come la storia che racconta, è costato 400 mila euro e lo hanno sostenuto il baratto, le cooperative contadine, produttori di pasta, vino, olio locali e la Regione. II Salento è diventato un luogo privilegiato per vacanze appartate e silenziose, hanno comprato palazzi baronali, casini di caccia e masserie, raffinate celebrità straniere e italiani che sfuggono agli orrori delle estati mondane. Sono una fonte di lavoro in un luogo che ne ha sempre meno, ma attorno a loro la civiltà dei salentini, quella che ci racconta Winspeare, resta intoccata nella forza dei suoi legami familiari, nel suo amore per la terra, nella sua ammirevole diversità." (Natalia Aspesi, 'la Repubblica', 24 marzo 2014)

"Nel Salento Winspeare racconta intrecciandola la storia di tre generazioni di donne partendo da un fallimento economico e finendo con una rinascita affettiva in campagna. Il film prende la rincorsa e finisce in crescendo, dopo qualche scorciatoia di qui pro quo del cuore e abilmente cuce le cose della terra e della vita con la compartecipazione emotiva di tre bravissime attrici." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 27 marzo 2014)

"Il futuro è donna. Forse non completamente, ma in buona parte, almeno da quanto emerge da 'In grazia di Dio' del salentino/mitteleuropeo Edoardo Winspeare. (...) Progetto totalmente a km 0 e frutto del 'Pacco Baratto', 'In grazia di Dio' s'imprime ad arte nella memoria dello spettatore, proponendosi come qualcosa di (finalmente) diverso rispetto a certo cinema nazionale." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 27 marzo 2014)

"(...) presentato con una buona eco al festival di Berlino, non fa sconti allo spettatore e, anzi, in qualche modo lo sfida col rigore neorealistico, i dialoghi in dialetto stretto e l'esplicitezza sociale, psicologica, fisica degli snodi narrativi. Chi conosce l'opera (da 'Pizzicata' a 'Galantuomini') del regista Winspeare, cresciuto e tuttora residente nel trecentesco paese di Depressa in provincia di Lecce, è già portato ad apprezzare queste scelte eseguite senza presunzione intellettualistica, ma in virtù di una lineare adesione allo spirito della terragna civiltà salentina. Nel nuovo film il pathos della rincorsa a un minimo di benessere si concentra nell'anomalo nucleo familiare composto da quattro donne di tre generazioni diverse: Salvatrice sorretta dalla fede, la figlia separata Adele, l'altra figlia Maria Concetta illusa sognatrice e la nipote Ina insolente, fannullona e promiscua. Scacciate da casa per morosità, sono costrette a traslocare in una masseria semi-diroccata che può, però, contare su un modesto appezzamento agricolo grazie alle cui risorse la conflittualità che le affligge riesce paradossalmente a trasformarsi in maggiori forza di resistenza, dignità e consapevolezza. Le attrici, tra cui spicca la Casciaro (Adele) sposata col regista, sono eccezionali per intensità e naturalezza e il contrappunto paesaggistico è incantevole, ma mai oleografico: peccato che a mente fredda s'intraveda un'ombra d'ambiguità ideologica nella tendenza a deprecare la miseria indotta dalla crisi economica esaltando nel contempo la ricchezza dei pauperistici valori contadini." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 27 marzo 2014)

"Piacerà a chi ha una predilezione per Edoardo Winspeare. Che per noi vale più di Özpetek ma forse solo per noi. Perché altrimenti non dovrebbe arrabattarsi con i cast di sconosciuti, invece delle stelle sempre a disposizione del collega." (Giorgio Carbone, 'Libero', 27 marzo 2014)

"Eccellente commedia in agrodolce dell'anglo-salentino Edoardo Winspeare, che, giocando astutamente in casa e aiutato da indispensabili sottotitoli, intreccia le storie di quattro donne della stessa famiglia. (...) Un plauso a Celeste Casciaro, esordiente moglie del regista: perbacco, che brava." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 27 marzo 2014)

"Sensibile, colto, riservato, Edoardo Winspeare rappresenta un caso unico nel nostro cinema. Attaccato alle radici salentine della famiglia (di nobili origini anglosassoni) ha firmato bei film in dialetto come 'Pizzicata', 'Sangue vivo', 'Galantuomini' utilizzando la musicalità di espressioni poco comprensibili per esaltare la verità di personaggi e situazioni. Meccanismo con cui narra ora una piccola storia originata dalla crisi economica, fatta non di numeri, ma di volti e passioni. (...) Emozioni forti suscitate da attrici non professioniste. Persone che portano sullo schermo sentimenti veri, brandelli di vita vissuta." (Maurizio Turrioni, 'Famiglia Cristiana', 30 marzo 2014)