IL CARICATORE

ITALIA 1996
La casa di produzione Boccia Film è in grave crisi: ha un solo caricatore di pellicola e Fabio, il titolare, vuole a tutti i costi realizzare un film. Nell'impresa coinvolge gli amici Massimo - patito di realismo - ed Eugenio, che invece adora il cinema americano. Dopo alterne vicende il terzetto finisce in una piccola stazione dei Carabinieri dove, senza volerlo, l'appuntato fornisce loro lo spunto decisivo per il film.
SCHEDA FILM

Regia: Massimo Gaudioso, Eugenio Cappuccio, Fabio Nunziata

Attori: Francesco Codacci, Antonio Pascucci, Daniele Pascucci, Ondina Quadri, Silvia Mariotti, Gianluca Arcopinto - Se Stesso, Eugenio Cappuccio - Se Stesso, Vincenzo Marinese - Vincenzo, Antonio Ricossa - Se Stesso, Fabio Nunziata - Se Stesso, Massimo Gaudioso - Se Stesso

Soggetto: Eugenio Cappuccio, Massimo Gaudioso, Fabio Nunziata

Sceneggiatura: Massimo Gaudioso, Eugenio Cappuccio, Fabio Nunziata

Fotografia: Vincenzo Marinese

Musiche: Moni Ovadia, Maria Paris, Daniele Sepe

Montaggio: Fabio Nunziata

Durata: 92

Colore: B/N

Genere: COMMEDIA

Specifiche tecniche: PANORAMICO B. E NERO

Produzione: AXELOTIL FILM

Distribuzione: MIKADO FILM 1997 - MONDADORI VIDEO

NOTE
REVISIONE MINISTERO MARZO 1997.
TRA GLI INTERPRETI DEL FILM: AMICI, ZII, CUGINI E CONOSCENTI DEGLI AUTORI.
SUONO: ANTONIO RICOSSA.
CRITICA
"Tre giovani davanti e dietro la cinepresa per un super-8 gonfiato in 35 mm. Facciamo subito il nome degli ardimentosi: Eugenio Cappuccio, Massimo Gaudioso e Fabio Nunziata. Non si sa se, in futuro, resteranno uniti oppure ognuno di loro prenderà la propria strada. I 'collettivi' da noi, si sciolgono in fretta. Ma, intanto, Nunziata Gaudioso e Cappuccio hanno portato a termine un'impresa impossibile: un film eterodosso che pur frutto di tre cervelli, sei mani e tre visi ha una sua unità stilistica. E, per l'estrosità di alcune trovate e la scorrevolezza del ritmo, spicca nel panorama abbastanza incerto dell'ultimo cinema italiano. (...) Cappuccio, Gaudioso e Nunziata sono riusciti a mettere insieme 'Il caricatore'. Sembra un film venuto bene per caso. Tutto vi pare improvvisato. Tutto si direbbe frutto di sortite estemporanee, come per i graffiti metropolitani. E ai graffiti fanno pensare le immagini del film che, quasi a cogliere la precarietà delle avventure vissute dal trio, è in bianco e nero: contrastato, spuntinato, incostante e bellissimo. Ma i 'segni' incisi sulla pellicola sono, tutti, predisposti al millimetro, previsti da una sceneggiatura che, una volta tanto, può definirsi 'di ferro' ".(Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 26 aprile 1997).
"Ennesimo caso di film che racconta come girare un film, 'Il caricatore' si affida a battute da sorriso tirato e a situazioni strampalate ma in fondo normali. I critici si sono subito dedicati a elencarne gli archetipi, prendendolo sul serio più di quanto sia giusto: perfino quando gli autori restano giudiziosamente distaccati dal loro prodotto, c'è sempre qualcuno a surrogarne a mancata enfasi. Cappuccio, Gaudioso e Nunziata volevano divertirsi, farsi un nome e aprirsi una carriera. Ci sono riusciti. Bravi. E anche se presto 'Il caricatore' si confonderà nel ricordo con altre opere d'esordio, il finale resterà in qualche memoria, con il maresciallo del carabinieri che spiega ai tre autori, appena derubati del sudato frutto del loro ingegno: "Siete giovani, i problemi della vita non sono questi..." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 30 aprile 1997).
"Cinema e vita. Cinema fai da te. Film nel film. Commedia all'italiana, stra-riveduta e corretta, eccentrica, stravolta. Sarebbe un errore di valutazione e una leggerezza imperdonabile, scambiare 'Il caricatore' per un prodotto d'intrattenimento, per un divertito gioco sul (e con il) cinema. La vicenda dei tre protagonisti, tre dropouts del mondo della celluloide, tre sognatori precari del sottobosco cinematografico romano che cercano disperatamente di girare il loro primo film e si sottopongono ad ogni sorta di umiliazione e compromessi non è solo una sgangherata serie di sketches, né una caricatura. Ma anzi un film che, via via, va impregnandosi di uno spleen più intenso, di un sotto-testo quasi cupo, di un discorso sul tempo che passa, si deteriora, si estingue. Popolato di zie, parenti e amici, intercalato dalle musiche indovinatissime di Daniele Sepe, ambientato tra una Roma off e periferica e una Foce Verde tristissima, il film ha tutte le carte in regola per diventare un piccolo cult un Clerks tutto italiano". (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 16 aprile 1997).