HABITAT - NON ENTRATE

HABITAT

CANADA 1996
Hank Symes, brillante microbiologo, vuole a tutti i costi trovare un modo per salvare la Terra dallo strato di ozono sempre più incombente. Alla fine di uno dei tanti esperimenti mirati a trasformare la Terra in un giardino dell'Eden, la casa di Symes diventa una specie di palude e lui stesso subisce una metamorfosi. Il figlio diciassettenne Andreas, schernito dai suoi coetanei per le stranezze dei genitori, diventa però il bersaglio di scherzi ancora più feroci in seguito alla trasformazione della casa e alla improvvisa scomparsa del padre. Proprio la casa nel frattempo prende vita, scossa dallo spirito di Hank. Un giorno il fidanzato di Deborah, un'amica di Andreas, viene preso dalla gelosia e cerca di vendicarsi su ciò che resta della casa di Andreas. Gli abitanti della città si rivolgono ad una squadra di sterminatori per liberarsi di quella trappola melmosa in mezzo alla quale crescono materie allucinogene e altre mostruosità. In una resa dei conti finale, il fantasma di Hank si materializza e inghiotte tutti, tranne Andreas e Deborah che diventano i sopravvissuti per una nuova vita sulla Terra.
SCHEDA FILM

Regia: Rene Daalder

Attori: Katherine Trowell, Matthew Mackay, Balthazar Getty - Andreas Symes, Tchéky Karyo - Hank Symes, Alice Krige - Clarissa Symes, Kenneth Welsh - Coach Marlowe, Laura Harris - Deborah Marlowe, Chris Heyerdhal - Eric Thornton, Sean Lynch - Jaco, Terri Hanauer, Byron Johnson, Bruce Mackay, Kris Holden-Ried, Brad Austin

Soggetto: Rene Daalder

Sceneggiatura: Rene Daalder

Fotografia: Jean Lépine

Musiche: Claude Grierson

Montaggio: Gaetan Hout

Durata: 103

Colore: C

Genere: FANTASY

Produzione: CLAUDE LEGER, PIETER KROONENBURG.

Distribuzione: I.I.F. - MONACO INTERNATIONAL GROUP

NOTE
REVISIONE MINISTERO LUGLIO 1997
CRITICA
"La bellezza di 'Habitat' è la medesima di una discarica o del contenuto di una pattumiera. Per definire la caratura estetica di questa favola fanta-ecologistica insomma, non vengono in mente che esempi di brutture antiecologiche. Totalmente girato in studio, esterni prelevati da scartini di repertorio, trasparenti che di trasparente hanno solo la loro evidenza; poi il primato della segatura, l'esaltazione del modellino 'fai da te', la gloria del truciolato e del polistirolo che adornano dialoghi con licenza di uccidere il buon senso e un'assortita combriccola di attori, i quali probabilmente pensano che Stanislawskij sia una marca di vodka. Disperate dunque! Perché non si tratta neanche, come si potrebbe pensare, di un film che sfiora il sublime che talvolta il trash movie contempla (persino John Waters si offenderebbe del paragone), ma solo di un film girato da René Daalder con i piedi, quelli di qualcun altro, e che come certe catastrofi non si può raccontare, ma soltanto vivere ed essere felici di esserne usciti". (Francesco Lalli, 'Film')