End of Watch - Tolleranza zero

End of Watch

3/5
Viscerale e coinvolgente: grande prova d'attori e regia coraggiosa nei quartieri malfamati di Los Angeles

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USA 2012
Brian Taylor e Mike Zavala sono due giovani agenti di Polizia con un eccezionale senso del dovere e molto uniti tra loro. I due affrontando il rischio giorno dopo giorno e, consapevoli che in ogni momento uno dei due potrebbe non arrivare vivo alla fine del turno, si sono fatti una solenne promessa reciproca: qualunque cosa accada a uno di loro, l'altro si prenderà cura anche della sua famiglia. Poi, un giorno, durante un apparente accertamento di routine il loro destino viene drammaticamente segnato, facendoli finire nella lista dei principali bersagli dei potenti cartelli della droga...
SCHEDA FILM

Regia: David Ayer

Attori: Jake Gyllenhaal - Agente Brian Taylor, Michael Peña - Agente Mike Zavala, America Ferrera - Agente Orozco, Anna Kendrick - Janet, Natalie Martinez - Sig.ra Zavala, Frank Grillo - Sarge, Cody Horn - Agente Davis, David Harbour - Van Hauser, Cle Sloan - Sig. Tre, Jaime FitzSimons - Capitano Reese, Shondrella Avery - Bonita, David Fernandez Jr. - Spooky, Corina Calderon - Jazmine, Kristy Wu - Sook, Maurice Compte - Big Evil, Candace Smith - Sharice

Sceneggiatura: David Ayer

Fotografia: Roman Vasyanov

Musiche: David Sardy

Montaggio: Dody Dorn

Scenografia: Devorah Herbert

Arredamento: Betty Berberian

Costumi: Mary Claire Hannan

Effetti: LOOK! Effects Inc.

Durata: 110

Colore: C

Genere: THRILLER

Specifiche tecniche: SILICON IMAGING SI-2K

Produzione: DAVID AYER, JOHN LESHER, NIGEL SINCLAIR, MATT JACKSON PER LE GRISBI PRODUCTIONS, ENVISION ENTERTAINMENT CORPORATION, IN ASSOCIAZIONE CON EFF-HEDGE FUND FILMS, CRAVE FILMS

Distribuzione: VIDEA-CDE

Data uscita: 2012-11-22

TRAILER
NOTE
- JAKE GYLLENHALL FIGURA ANCHE TRA I PRODUTTORI ESECUTIVI.
CRITICA
"Quanti film si sono visti sulla vita grama di una coppia di poliziotti impegnata a girare per le strade di Los Angeles? Troppi. Eppure 'End of watch-Tolleranza zero' (EOW, cioè la fine del turno, anche come chiusura di partita nel peggiore dei casi) che David Ayer, già sceneggiatore di 'Training Day', ha scritto in cinque giorni, riesce a emozionare e incuriosire mescolando la tecnica adrenalinica della ripresa a 360 gradi con due telecamere indossate dagli stessi attori con la condizione umana di chi deve ripulire la città fogna. (...) Potrebbe essere tutto «déjà vu» se non fosse che accelerando l'affettuoso tono del rapporto tra i due (il flusso sentimentale spira da quella parte) e la sostanza umana alla base delle fatiche quotidiane, l'autore riesce a costruire due personaggi che sono se non fratelli, amici a cui siamo interessati, unici proprio perché ordinari, non santi né bastardi come 'I padroni della notte' o 'I ragazzi del coro'. Jake Gyllenhaal in look calvo che invecchia fa il suo dovere, molto lontano dai gai pascoli di 'Brokeback Mountain', accanto a un bravo Michael Peña che vince ai punti vestendo la divisa di un uomo qualunque costretto a diventare eroe feroce. Alcune scene come l'assedio finale in una specie di labirinto da incubo sono molto ben girate al di là della poetica del montaggio che va veloce come una Ferrari, ma che alla lunga stanca. E poi una dote rara nel cinema di oggi: non c'è musica!" (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 22 novembre 2012)

"È giocato sulla classica coppia di poliziotti in perlustrazione, salvo che di solito si tratta di personaggi in contrasto, tipo il veterano cauto e il pivello scalpitante; mentre in 'End of Watch' lo yankee Jake Gyllenhaal e il messicano Michael Peña battibeccano, ma in buona sostanza si somigliano. Pur tentati di sfogare a volte con qualche cazzotto in più la rabbia introiettata, sono gran bravi ragazzi, affidabili nel lavoro e negli affetti, che ogni giorno si impegnano a fondo - e con uno sprezzo del rischio di cui pagheranno le conseguenze - nel compito di combattere il male. Per accentuarne il carattere di cronaca ritagliata dalla realtà, il regista David Ayer (sceneggiatore di successi come 'Training Day') costruisce parte del film in forma di video-diario (girato in soggettiva da Gyllenhaal, che si porta sempre appresso la telecamera): stratagemma stilistico oramai abusato che, comunque, permette al cineasta di stare stretto sui personaggi, spesso chiusi nell'abitacolo dell'auto di servizio, come si trattasse di un dramma intimista piuttosto che di una pellicola d'azione. Aspetto che conferisce un tocco particolare a una pellicola che per il resto rientra con dignità nella collaudata griglia di un cinema di genere." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 22 novembre 2012)

"Cinema americano sulla polizia. Non è certo la prima volta, specie se c'è di mezzo quella di Los Angeles. Il regista, adesso, è quel David Ayer noto finora come sceneggiatore, di recente, ad esempio per quel film, di nuovo sulla polizia di Los Angeles, 'Training Day', diretto con vigoroso talento espressivo da Antoine Fuqua. In primo piano qui due poliziotti sempre in pattuglia insieme, Taylor, nato proprio a Los Angeles, e Zavala, oriundo messicano. (...) Ayer, passando dietro alla macchina da presa, pur continuando ad esprimersi con precisione attraverso un testo dipanato ad ogni svolta con forte dinamismo, ha mostrato di saper dominare dei modi di rappresentazione quanto mai tesi e avvincenti. Lo stile, se si vuole, ricorda da vicino il documentario, sottolineato anche dal fatto che Taylor si serve di una piccola videocamera per riprendere se stesso e il collega quando compiono le loro gesta (coinvolgendo qua e là anche gli spettatori con ammiccamenti e occhiatine verso di loro). Non si può però parlare solo di documentario, perché le immagini si stringono il più possibile ai personaggi, non solo nelle tante colluttazioni in cui vengono trascinati, e tendono a dar rilievo, anche con sfumature fini, a quel rapporto umano fra i due amici che Ayer, come sceneggiatore, è riuscito a rivestire di sincerissimo calore, con qualche nota ironica in alcuni passaggi, con tensioni quasi commoventi nel finale. Concorre al successo dell'impresa una recitazione, in tutti, di seria qualità." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo Roma', 22 novembre 2012)

"«C'è una sottile linea rossa che divide il poliziotto dal criminale» sosteneva William Friedkin ('Il braccio violento della legge', 'Vivere e morire a Los Angeles'). David Ayer sottoscrive ma stavolta 'End of Watch' non ripete la formula, leggermente trita, che lo rese celebre con lo script di 'Training Day' e le regie 'Harsh Times' e 'La notte non aspetta'. Stavolta i poliziotti di pattuglia che seguiamo per 109 minuti non sono confusi o attratti dal crimine bensì decisi, autoironici, quasi eroici. Uno è yankee e anticonformista (segue un corso di cinema grazie al quale riprende con microcamere i pattugliamenti), l'altro è messicano e tradizionalista. Affronteranno un gruppo di criminali messicani deciso a soppiantare le gang afroamericane di South Central Los Angeles. Teso, ben scritto (chiarissime le gerarchie tra le forze dell'ordine), dal finale devastante e con due attori sopraffini." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 22 novembre 2012)

"'Servire e proteggere': gli agenti di polizia Brian Taylor (Jake Gyllenhaal) e Mike Zavala (Michael Peña) hanno giurato. Una missione per il Paese e un sodalizio per la vita qualunque cosa accada a uno dei due, l'altro si prenderà cura della sua famiglia. Le loro giornate sono tutti uguali sull'auto, a pattugliare le strade più malfamate di Los Angeles, raccontandosi aneddoti, condividendo segreti e risate (uno bianco, l'altro ispanico, non si lesinano gli sfottò) nell'attesa della prossima chiamata dalla centrale. Finché morte non li separi... Scritto e diretto da David Ayer, parrebbe girato a quattr'occhi con la polizia: sporchi e talvolta cattivi, sono comunque eroi questi agenti. (...) ll problema e che queste riprese finto-amatoriali finiscono per impadronirsi dell'intero 'End of Watch', appiattendo le differenze e trovando un interrogativo: chi sta riprendendo chi? Ok l'azione, ma il cervello?" (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 22 novembre 2012)

"'End of Watch' di David Ayer racconta la vita quotidiana di due poliziotti di Los Angeles per esaltare il valore e il coraggio delle forze dell'ordine 'in trincea' e lo fa con linguaggio semidocumentaristico, facendo indossare piccole telecamere ai protagonisti, ma il risultato non convince e questa immersione nell'azione alla lunga risulta estenuante e paradossalmente poco coinvolgente." (Alessandra De luca, 'Avvenire', 22 novembre 2012)

"Eccitante poliziesco, che racconta con ritmo frenetico e taglio da documentario, quattro mesi a tu per tu con una coppia di sbirri, uniti da un ferreo senso del dovere e da un coraggio ai limiti dell'incoscienza. Protagonisti gli agenti Jake Gyllenhaal e Michael Peña (bravi e credibili entrambi), che battono senza tregua la zona più a rischio di Los Angeles. La violenza è quella d'ordinanza, come del resto il linguaggio, oltremodo spregiudicato. Qualcuno ci fa ancora caso?" (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 22 novembre 2012)

"Piacerà ai fans del poliziesco «duro» che troveranno pane peri loro denti. La trama e i personaggi sono convenzionali, ma i ritmi sono frenetici, con le riprese «in soggettiva» lo spettatore è calato nel vivo dell'azione come in un violentissimo reality show." (Giorgio Carbone, 'Libero', 22 novembre 2012)