Dancer in the Dark

GERMANIA 2000
Selma, un'emigrante ceca, è una ragazza madre che lavora in una fabbrica nella campagna americana. La sua grande passione per la musica, specialmente per tutti i pezzi cantati e ballati dei più famosi musical di Hollywood, la aiuta a sopportare il suo grande dolore che nasconde a tutti: sta perdendo la vista e suo figlio Gene subirà la stessa sorte se non potrà sottoporsi ad un costoso intervento chirurgico. Un giorno un suo vicino, altrettanto disperato, la accusa ingiustamente di avergli rubato i suoi risparmi e questo scatenerà il dramma.
TRAMA LUNGA
Selma, ragazza madre, è arrivata negli Stati Uniti dalla ex-Cecoslovacchia. Nel piccolo paese agricolo dove risiede, ha trovato lavoro come operaia in fabbrica. Selma non dice a nessuno la realtà della propria situazione: sta diventando cieca, e suo figlio Gene è destinato alla stessa sorte se lei non riuscirà a farlo operare in tempo. Si tratta di una operazione costosa, e per questo Selma giorno dopo giorno mette da parte il denaro, spendendo il minimo indispensabile e facendo turni di straordinario anche notturno. Selma ha la passione per il musical, e nei ritagli di tempo partecipa alle prove della locale compagnia teatrale. Ma la sua vista peggiora sempre di più, e ormai i movimenti che può fare sono veramente pochi. Selma si confida con Bill, il vicino proprietario di casa e poliziotto. Anche Bill ha bisogno di soldi per assecondare i desideri sempre crescenti della moglie e, approfittando di un momento in cui Selma non distingue la sua presenza, osserva dove la donna tiene i risparmi e quando lei è assente entra in casa e li ruba. Selma però se ne accorge, capisce che è stato lui, cerca di riaverli indietro. Bill nega tutto, scoppia una lite, parte un colpo dalla pistola di ordinanza: ferito, Bill sente di non avere più la forza di sostenere i problemi che lo affliggono, chiede allora a Selma di non lasciarlo in quella condizione. Selma spara altri proiettili su di lui e l'uomo muore. Viene arrestata, sottoposta al processo e infine condannata a morte. Mentre è in carcere, il caso viene riaperto, c'è un rinvio e forse si potrebbe sperare in qualche cambiamento. Ma i soldi per l'avvocato non ci sono più, bisogna utilizzare quelli messi da parte per Gene. Selma dice di no. Rifiuta qualunque altra azione legale. Il rinvio scade e Selma muore per impiccagione.
SCHEDA FILM

Regia: Lars von Trier

Attori: Björk - Selma Yeskova, Catherine Deneuve - Kathy, David Morse - Bill, Peter Stormare - Jeff, Joel Grey - Oldrich Novy, Cara Seymour - Linda Houston, Jean-Marc Barr - Norman, Udo Kier - Dr. Porkorny, Stellan Skarsgård - Medico, Zeljko Ivanek - Procuratore Distrettuale, Vladica Kostic - Gene Yeskova

Soggetto: Lars von Trier

Sceneggiatura: Lars von Trier

Fotografia: Robby Müller

Musiche: Björk

Montaggio: Molly Malene Stensgård, François Gédigier

Scenografia: Karl Juliussen

Costumi: Manon Rasmussen

Durata: 139

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Produzione: ZENTROPA ENTERTAINMENT 4 APS, DANISH FILM INSTITUTE, SWEDISH F. I., NORWEGIAN F. I., ICELANDIC F. FUND, FINISH F. FOUNDATION, LEO PESCAROLO PER LANTIA CINEMA, TELE+, MEDIASET, EURIMAGE, MEDIA PROGRAMME OF E. U.

Distribuzione: ISTITUTO LUCE (2000) - CDE HOME VIDEO DVD

NOTE
- COREOGRAFIE DI VINCENT PATERSON.

- BJORK E' UNA CANTANTE ISLANDESE CHE A SOLI 34 ANNI NE HA ALLE SPALLE 23 DI CARRIERA CON 14 ALBUM INCISI. DAL 1993 CON TRE ALBUM DA SOLISTA "DEBUT", "POST" E "HOMOGENIC" HA RAGGIUNTO IL SUCCESSO INTERNAZIONALE SPAZIANDO DAL JAZZ ALLA MUSICA CLASSICA. A CANNES 2000 HA VINTO IL PREMIO PER LA MIGLIOR INTERPRETAZIONE FEMMINILE.

- A CANNES 2000 IL FILM HA VINTO ANCHE LA PALMA D'ORO PER IL MIGLIOR FILM.

- CANDIDATO AGLI OSCAR 2001 PER LA MIGLIORE CANZONE ORIGINALE.
CRITICA
"Realismo in forma di musical o musical in forma di realismo. Coreografie bellissime, canzoni strepitose. Lars von Trier stupisce ancora e riesce ad arrivare in fondo al film senza che il tono drammatico sia ridicolizzato dagli intermezzi musicali. Il risultato è un film che strazia, sospeso con grazia. (...) Lunghissimo, oltre tre ore, eppure mai noioso, piacerà a chi ha il coraggio di deviare dalla prigione della verosimiglianza, per lasciarsi invadere da compassione". (Piera Detassis, 'Panorama', 24 agosto 2000).

"Ma divertirsi a manipolare le aspettative del pubblico vuol dire essere un grande regista? Lasciatemelo dubitare. Almeno fino a quando potrò continuare a credere che il grande cinema è quello dove ogni movimento di macchina ha un senso (Welles), ogni inquadratura risponde a una logica (Lang) e il dovere del regista non è stupire ma aiutare lo spettatore ad aprire gli occhi sul mondo che lo circonda (Rossellini). (Paolo Mereghetti, Io Donna, 28 ottobre 2000).

"L'idea globale del film sembra essere quella di combinare il mondo fantastico dei musical hollywoodiani con la vita reale e con i veri sentimenti (...). Ci doveva essere uno scontro fra questi due elementi ma credo che sia insito nel personaggio di Selma. Lei nutre una grande passione per entrambe le dimensioni: ama molto la vita reale, le persone concrete, gli errori, cioè qualunque cosa possa definire gli esseri umani. Ma lei ha pure un grande amore per la stilizzazione dei musical (...). I due elementi coesistono nell'opera, e Selma è convinta che si possono combinare. Ma forse è impossibile e perciò tutto è così tragico. Ciononostante il film riflette la fede della protagonista in quella possibilità". Così Lars Von Trier descrive la protagonista del suo ultimo film, premiato a Cannes con la Palma d'Oro. Quella come migliore attrice l'ha vinta Bjork, la giovane rockstar islandese che sembra un folletto eschimese, al suo contrastato esordio cinematografico con il provocatorio geniaccio del cinema danese. (...) Ancora una storia di sacrificio d'amore estremo (materno) dopo quello (coniugale) della protagonista di "Le onde del destino". L'autore spiega che "Selma è sorella della Bess di "Breaking the Waves" o della Karen di "Idioti": la stessa ingenuità, la stessa determinazione, la stessa forza emotiva." Un remake? Niente affatto. Qui c'è un'invenzione che sorprende e commuove: il musical tragico. Già dal titolo si allude a più elementi. "Dancing in the Dark" era uno dei numeri musicali di Fred Astaire in Spettacolo di varietà ('53) di V. Minnelli. E infatti Selma ha la passione per i musical hollywoodiani (il figlio l'ha chiamato "Gene" in omaggio al grande Kelly). Fuori della fabbrica, partecipa a un laboratorio teatrale che sta preparando il celebre "Tutti insieme appassionatamente" (The Sound of Music). Ma lei è anche la "ballerina nelle tenebre" della cecità. Un vecchio film di Bergman (un altro "nordico") aveva l'analogo titolo "Musica nel buio" ('47). Era anch'esso un "mèlo" in cui una cameriera orfana risveglia l'amore di un pianista gradualmente non vedente. L'impossibilità di guardare, specie nel cinema, offre agli sfortunati la prerogativa di sognare ad occhi aperti o, per dirla con Kubrick, ad "occhi chiusamente spalancati". Ecco che Selma s'immagina dentro una commedia musicale per evadere dalla dura realtà del lavoro e dell'handicap. Non durante lo stage di provincia, ma in luoghi del sociale: in fabbrica, su un treno che passa in campagna, al suo processo in tribunale. E perfino nel braccio della morte. Dopo la prima mezz'ora di film (girato con telecamera digitale, quasi da réportage) si compie un prodigio stilistico. Una concreta scena in fabbrica si anima di coreografie fluide e a ritmo di catena di montaggio. Forse soltanto "Tempi moderni" ('36) di Chaplin poteva vantare la poesia (però diversa) degli operai e degli ingranaggi. Bjork-Selma volteggia e intona emozionanti canzoni (la colonna sonora è tutta sua), e si alleggerisce del peso della sofferenza quotidiana. Il suo è un tuffo nell'utopia di Hollywood, un linguaggio di "genere" che qui investe esperienze fin troppo amare. La genialità di Von Trier è coniugare secondo l'American Dream un dramma proletario, privo di quel "glamour" che luccicava nei musical classici. Entra in scena perfino un Fred Astaire cecoslovacco: viene in mente il film di montaggio "East Side Story" ('97, di Dana Ranga), un'antologia dei misconosciuti e solari musical dei paesi del socialismo reale (anni '50 e '60). Allevatori che cantano, marinai che ballano, casalinghe che duettano. L'altra faccia (leggera) della retorica filmica oltre la Cortina di Ferro. In tal senso Mosca e Hollywood spalmavano sul mondo un similare e ingannevole belletto. Invece le sequenze melodiche in cui Selma si trasforma in "star" morale, non ne cancellano la vera condizione. Anzi, stride peggio il contrasto con l'esigenza di felicità e libertà che il canto esprime. Le bellissime "visioni" della quasi cieca, idealmente trasfigurate, fanno di "Dancer in the Dark" un poema sinfonico moderno, metafisico e politico allo stesso tempo. Lo si capisce dall'epilogo, da quel terribile strattone che sciocca la platea e spezza l'ultima performance della danzatrice nel buio (della giustizia). La macchina da presa, dal corpo piombato nel piano inferiore, si solleva a quello superiore e sale ulteriormente, interrotta dallo schermo nero. Segnando, forse, il movimento ascensionale di un'anima liberata. Una scelta registica fatta con discrezione, che rimanda al conclusivo e più esplicito miracolo delle campane in cielo di "Le onde del destino"." (Massimo Monteleone, Rivista del Cinematografo on line, 20 ottobre 2000)

"Non vorrei sembrare senza cuore, perché il film può esser davvero commovente, come lo era 'Le onde del destino', anche se infastidisce che l'ex comunista convertito al cattolicesimo abbia la mania delle donne-vittime. Ma c'è qualcosa, la stessa cosa che ho letto nello sguardo intelligente, timido e screanzato di von Trier, che mi impedisce di lasciarmi andare ai singhiozzi. Innanzi tutto la maestria: lui sa manipolare cineprese, storie e spettatori come vuole, imponendoci come intelligente il ritorno del melo-musical o dell'opera, dove i sentimenti sono espressi da soprani e tenori. Poi c'è Bjork, ricca cantante pop islandese che ha scritto bella musica per il film. Fare per la prima volta l'attrice è risultato odioso, umiliante, e ha giurato che non lo rifarà. Forse non è un male. Pur premiata, la sua Selma mi ha innervosito molto: il viso lappone, il perenne sorriso da vittima, gli occhi neri allungati, gli occhiali a coprire le emozioni, hanno conquistato la giuria per la vulnerabilità che il regista ha saputo trarre dalla sua assenza d'espressione. Bravo lui, più che lei". (Natalia Aspesi, 'D- Donne', 24 ottobre 2000)