Cento giorni a Palermo

FRANCIA 1984
3 settembre 1982, il generale Dalla Chiesa e sua moglie Emanuela cadono sotto i colpi della mafia a Palermo. Si sono conclusi con questa tragedia i cento giorni di Dalla Chiesa come prefetto di Palermo. Il film inizia con l'uccisione dell'ispettore Giuliano, di Pier Santi Mattarella, di Pio La Torre. La mafia imperversa, l'opinione pubblica è inquieta e il governo ricorre al generale Dalla Chiesa, vittorioso del terrorismo, perchè abbia a sconfiggere anche la mafia. Ma questi sono solo buoni desideri, finché non c'è un'efficace legge antimafia e il prefetto di Palermo non ha pieni poteri. Queste sono le giuste richieste del gen. Dalla Chiesa, queste sono le carenze e le colpe del governo. La mafia non è solo potente in Sicilia, ma è molto più potente in Parlamento, ove fa bocciare la legge sull'esattoria da affidare ai poteri pubblici, è potente fuori Italia, specialmente negli Stati Uniti. Fidando sulle promesse, il generale affronta il suo incarico difficile con il profondo senso del dovere, sacrificando i suoi sentimenti personali, non vuole privilegi, è molto chiaro, molto energico, ma anche molto umano. Lo stato non delega il suo potere ad alcuno - dice Dalla Chiesa - tanto meno alla mafia, e la rivoluzione di cui la Sicilia ha bisogno è una sola: che l'unico potere sia dello stato, sia effettivo e riconosciuto. Siamo d'estate, ma il generale non è venuto a fare il turista e inizia indagini complete in tutti i campi: dai suoi collaboratori, al mondo degli affari, alle banche, ecc. Ha contatti con tutti i ceti sociali, con l'umile gente del popolo, con studenti e operai. Trova il tempo anche di celebrare il matrimonio con Emanuela. Avrà così una moglie e una casa a Palermo. Nel frattempo la mafia reagisce. Il gen. Dalla Chiesa è forte, ma deve capire che noi siamo più forti. I delitti di stampo mafioso si moltiplicano nei modi più efferati, mentre sullo sfondo appare squallido il traffico di eroina. Interviene la Chiesa siciliana con il card. Pappalardo che si incontra con il gen. Dalla Chiesa e gli promette non solo preghiere, ma interventi decisi. Difatti dai pulpiti delle chiese i sacerdoti affermano a chiara voce: chi è mafioso non è cristiano. Intanto gli assassinati e gli scomparsi crescono sempre in modo impressionante. Emanuela è scossa e angosciata. Dice al marito: ti hanno messo qui come un parafulmine, se non riesci tu, non riuscirà nessuno... ma come potrà riuscire anche un generale Dalla Chiesa, se il governo lo lascia solo, senza i mezzi adeguati, se non capisce che la mafia non è un fenomeno solo siciliano, ma nazionale e internazionale? In questi termini Dalla Chiesa parla col giornalista Bocca. Egli conosce i capi mafiosi, gente che da 30 anni domina in Sicilia, ma dove sono le prove per arrestarli? Dove sono i pieni poteri? Eppure, dice Dalla Chiesa: contro le brigate rosse sono andato fino in fondo e contro la mafia farò lo stesso. Intanto con un'imprudenza unica che è anche follia, senza alcuna precauzione e scorta, si serve della macchina di Emanuela, e della moglie come autista, per trasferirsi dalla prefettura a casa. Il bersaglio è fin troppo facile per la mafia. Scatta l'agguato e il 3 settembre 1982 il generale con la giovane moglie cadono assassinati. Cento giorni nei quali per la mafia è successo nulla di nulla, gli omicidi si sono moltiplicati, ma forse, come dice il canto finale, è nata la speranza.
SCHEDA FILM

Regia: Giuseppe Ferrara

Attori: Lino Ventura - Gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giuliana De Sio - Emanuela Setti Carraro, Arnoldo Foà - Rognoni, ministro dell'Interno, Stefano Satta Flores - Capitano Fontana, Adalberto Maria Merli - Mandante, Lino Troisi - Pio La Torre, Andrea Aureli - Mafioso, Guido Sagliocca, Aldo Sarullo, Accursio Di Leo, Rosario Coniglione, Regis Englader, Luigi Nicolosi, Maria Lo Sardo, Anita Zagaria, Giuseppe Lo Presti

Soggetto: Giuseppe Ferrara, Giorgio Arlorio

Sceneggiatura: Giorgio Arlorio, Piero Anchisi - collaborazione, Giuseppe Ferrara - collaborazione, Giuseppe Tornatore - collaborazione, Riccardo Iacona - collaborazione, William Laurent - collaborazione, Giuseppe Marrazzo - consulente

Fotografia: Silvio Fraschetti

Musiche: Vittorio Gelmetti

Montaggio: Mario Gargiulo

Scenografia: Antonio Visone

Costumi: Laura Vaccari

Seconda unità: Giuseppe Tornatore - regia

Altri titoli:

Cent jours à Palerme

Die hundert Tage von Palermo

Durata: 107

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: PANORAMICO - MICROSTAMPA

Produzione: C.L.C.T. (PALERMO), TV CINE 2000 (ROMA), OMBRE & LUMIERE, LA CECILIA (PARIGI)

Distribuzione: TITANUS

CRITICA
"Nel film vi sono molti dati esterni, ma manca un'anima. Il regista non va al di là della superficie esterna, non scava nella psicologia dei personaggi, non ricostruisce dall'interno l'ambiente sociale, non crea un'atmosfera adeguata al mistero che avvolge le cosche mafiose. Un ostacolo può essere l'eccessiva vicinanza degli eventi e quindi l'impossibilità del necessario distacco per un passaggio decisivo dell'opera da un tono documentaristico a un tono filmico. In conclusione siamo di fronte al materiale di un film, ma difetta la regia, manca la trasfigurazione del materiale, manca il linguaggio filmico. Dei due personaggi principali, l'unico che si salva è Lino Ventura, per quella sua maschera rude che pur trapela profondi sentimenti umani, mentre Giuliana De Sio è troppo slavata, inconsistente, oleografica. I dati del film sono oggettivi, l'accusa al governo è fondata e fondata è anche la speranza." ('Segnalazioni cinematografiche', vol. 96, 1984)

"[...] II film è interessante, agile e nobilitato da una vigorosa polemica civile (eloquenti i frequenti discorsi del neo-prefetto in pubblico, specie ai giovani, la palpabile diffidenza dell'"establishment" locale, le immagini dell'aula di Montecitorio svuotata dalle vacanze, dopo che il governo è vergognosamente caduto su un progetto di legge che toccava le potenti baronie esattoriali). Accanto all'ottimo Ventura sono da lodare Giuliana De Sio (la moglie) e i citati Foà e Satta Flores. E il fotografo Silvio Fraschetti che ha recuperato efficaci spezzoni dal vero. Il Dalla Chiesa di Ventura è credibile, umano duro e rammaricato come si conviene a un galantuomo della sua razza, messo a confronto con una realtà degradata, con un paese che anela alla giustizia, e alla pulizia, ma continua a subire l'onta di una violenza ramificata e quasi invincibile." (M.G., 'Il Resto del Carlino', 22 marzo 1984)