Abacuc

4/5
Poema per immagini e suoni che canta l'esistenza dell'eroe eponimo. Sorprende Luca Ferri nelle "Onde" del TFF32

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ITALIA 2014
Abacuc è un uomo di quasi 200 chili, che passa il suo tempo in una immobilità distaccata da qualsiasi emozione, si reca prevalentemente al cimitero, in parchi tematici dell'Italia in miniatura o vicino ad architetture utopiche. Vive in una casa ferroviera e non proferisce mai parola, l'unica voce che si sente è quella femminile e fuori campo che interviene quando, strappato per un momento alla sua solitudine catastrofica, Abacuc alza una cornetta telefonica con il filo staccato: la donna rimane celata, comunica tramite citazioni letterarie e si rivelerà un cul de sac come l'esistenza di Abacuc, perché è soltanto il suo sdoppiamento. Vive all'interno di geometrie rigorose, la sua esistenza è una sorta di sinfonia inceppata: Abacuc è una marionetta senza spettatore, recita l'ultima pièce possibile. In quanto sopravvissuto alla catastrofe, che vive nel continuo inseguimento di nulla, Abacuc rappresenta il bisogno dell'arte cinematografica di autoestinguersi e implodere in sé stessa.
SCHEDA FILM

Regia: Luca Ferri

Attori: Dario Bacis

Sceneggiatura: Luca Ferri

Fotografia: Giulia Vallicelli

Musiche: Dario Agazzi

Montaggio: Alberto Valtellina

Durata: 83

Colore: B/N

Genere: DOCUMENTARIO

Specifiche tecniche: SUPER8, DCP

Produzione: ANGELO SIGNORELLI, SERGIO VISINONI, ANDREA ZANOLI PER LAB 80

Distribuzione: LAB 80 FILM (2015)

Data uscita: 2015-11-02

TRAILER
NOTE
- OPERA REALIZZATA CON IL SOSTEGNO DELLA LOMBARDIA FILM COMMISSION-FILM FUND 2014.

- PRESENTATO AL 32° TORINO FILM FESTIVAL (2014) NELLA SEZIONE 'ONDE'.
CRITICA
"Visivamente interessante - l'occhio di Ferri è, diciamo, un occhio razionalista - il film riserva sul piano sonoro un lavoro di scelte di stile (l'uso di «filtri» meccanici) e struttura (precise ripetizioni e variazioni) che ne aumentano il fascino - fondamentale al riguardo il contributo del compositore Dario Agazzi. In senso lato il film è una specie di meditazione con toni da commedia quasi sarcastica sul non-senso della fine - della narrazione, dell'umanità, del paesaggio e dell'urbanistica, del mondo." (Gianluca Pulsoni, 'Il Manifesto Alias', 31 ottobre 2015)

"L'opera, prodotta da Lab80 e tutta girata in super8 e in bianco e nero, costituisce uno dei film italiani più singolari e curiosi di questi anni. (...) Un gigante buono, che lascia il segno in ogni inquadratura con la sua presenza e il suo sguardo. Per il regista bergamasco (...) si tratta di un passo dalla sperimentazione pura dei lavori precedenti verso una narrazione, ma lo spettatore più aduso a un cinema tradizionale lo troverà insolito, magari ostico all'inizio. Basta però farsi condurre dalle suggestioni, dalle associazioni libere, dal gioco di nonsense, reiterazioni e paradossi per ritrovarsi dentro un mondo dove le convenzioni cadono e sul quale alita una calcolata vena di follia, ironia e provocazione con diversi elementi comici. Un film per il quale bisogna lasciarsi alle spalle le convenzioni e farsi guidare dalla visione e dall'ascolto. La colonna sonora quasi ipnotica alterna silenzi, rumori della natura, anche questi reiterati, e composizioni e rielaborazioni musicali di Dario Agazzi (che ha anche scritto i testi detti e ripetuti dalle diverse voci) nelle quali prevale l'organetto. «Abacuc» è colto (si passa da Schoenberg a Stravinsldj, ad Adorno), ironico, metaforico e spiazzante, parla di morte e di «lento estinguersi» ma non è pessimista, allude a una fine del cinema, eppure ne ha ancora fiducia." (Nicola Falcinella, 'L'Eco di Bergamo', 31 ottobre 2015)