The Tragedy of Macbeth

- Regia:
- Attori: - Lord Macbeth, - Lady Macbeth, - Banquo, - Ross, - Macduff, - Malcolm, - Re Duncan, - Strega/Vecchio, - Lady Macduff, - Lennox, - Il Captaino, - Seyton, - Monteith, - Wheyface, - Donalbain, - Fleance, - Angus, - Siward, - Thane of Cawdor, - Figlio di Macduff, - Figlia di Macduff
- Soggetto: William Shakespeare - (dramma)
- Sceneggiatura: Joel Coen
- Fotografia: Bruno Delbonnel
- Musiche: Carter Burwell
- Montaggio: Joel Coen, Lucian Johnston
- Scenografia: Stefan Dechant
- Arredamento: Nancy Haigh
- Costumi: Mary Zophres
- Effetti: Scott Fisher (II), Michael Huber, Alex Lemke
- Durata: 105'
- Colore: B/N
- Genere: DRAMMATICO, STORICO, THRILLER
- Specifiche tecniche: D-CINEMA, VIDEO (UHD)
- Tratto da: dramma "Macbeth" di William Shakespeare
- Produzione: JOEL COEN, FRANCES MCDORMAND, ROBERT GRAF PER APPLE ORIGINAL FILMS E A24
- Distribuzione: APPLE TV+
- Data uscita 14 Gennaio 2022
TRAILER
RECENSIONE
“Fair is foul, and foul is fair”.
Per la sua prima regia in solitaria, senza il consueto apporto del fratello Ethan, Joel Coen tenta la strada dell’ennesima trasposizione cinematografica della celeberrima tragedia shakespeariana.
Non sposta di un millimetro il cuore letterario e teatrale che ne anima la portata, ma inghiotte nel formato 1:33 e nelle nebbie di un risucchiante e accecante bianco e nero – curato in maniera impeccabile dal direttore della fotografia Bruno Delbonnel – i monologhi, i dialoghi e le vicende che porteranno il nobile scozzese e valoroso uomo militare alla corruzione del proprio animo, spinto sempre di più dalla bramosia del potere che lo condurrà alla follia.
Denzel Washington – candidato come migliore attore ai Golden Globes e ai Critics’ Choice Awards – è un Macbeth portentoso, capace di offrire una prova mesmerizzante, spaventoso nella progressiva trasformazione che parte dapprima dall’incontro con le tre streghe che profetizzano il suo avvenire regale e si concretizza con forza con lo sprone omicida inculcatogli dalla consorte, Lady Macbeth, interpretata da Frances McDormand (qui all’ottavo film diretta dal marito).
Presentato allo scorso New York Film Festival, The Tragedy of Macbeth ripercorre dunque fedelmente le tappe dell’opera di Shakespeare, suddividendole in quadri angoscianti, in un continuo rimando al soprannaturale (spaventosa la performance mutaforma di Kathryn Hunter, nei panni delle streghe) e all’onirico – non manca naturalmente l’episodio di sonnambulismo di Lady Macbeth, impresso anche da Johann Heinrich Füssli su tela nel 1784 (ed esposto al Louvre) –, rimanendo costantemente sospeso nella gabbia espressiva di un incubo mortifero dal quale è impossibile fuggire.
Le luci di Delbonnel, l’apparato scenografico di Stefan Dechant (tutto il film è stato realizzato in un teatro di posa di Los Angeles) e le musiche stranianti di Carter Burwell (compositore che accompagna la produzione dei fratelli Coen sin dal loro esordio, 1984, Blood Simple) amplificano tali suggestioni, esaltando senza fiaccarne la portata gli innumerevoli legami – non solamente ambientali – con il cinema trascendente di Dreyer e quello dell’espressionismo tedesco (l’Aurora di Murnau, ad esempio), senza dimenticare naturalmente l’influenza diretta del Macbeth wellesiano, girato nel ’48 con un budget irrisorio e, anche allora, “ricostruito” per intero dentro un teatro di posa.
L’affinità teorica e filosofica con l’opera di Welles trova inoltre una sorta di elongazione “fisica” con la scelta di affidare a due interpreti più agée (rispetto ai canonici personaggi) il senso, anche visivo e sofferto, della decadenza del tiranno.
Macbeth e la moglie sono già “oltre”, e l’uccisione del re Duncan (Brendan Gleeson) – inizio di una spirale non più arrestabile – viene percepita come l’occasione finale arrivata sul finire di un’esistenza che non ha più margini per gloriose affermazioni.
Visione non semplice, totalmente svuotata della consueta sagace ironia caratterizzante la filmografia di matrice coeniana, The Tragedy of Macbeth rischia la deriva intellettualoide del prodotto fieramente arthouse, ma alla lunga riesce ad aggirare il pericolo: è un film che resta, che cresce anche dopo la fruizione, annidandosi nei meandri oscuri della memoria.
NOTE
- CANDIDATO AI GOLDEN GLOBES 2022 PER MIGLIOR ATTORE IN UN FILM DRAMMATICO (DENZEL WASHINGTON).
- CANDIDATO AGLI OSCAR 2022 PER: MIGLIORE ATTORE (DENZEL WASHINGTON), MIGLIORE FOTOGRAFIA, MIGLIORE SCENOGRAFIA.
CRITICA
"The Tragedy of Macbeth - Joel Coen ripropone il titolo originale - torna al medioevo e riduce tutto all'osso: bianco e nero, abiti monacali per Frances McDormand, appena più vistosi i maschi guerrieri con cinture e stivali, castello minimalista. (...) Film cupo e angoscioso, rafforzato dalla colonna sonora di Carter Burwell e dalla fotografia di Bruno Delbonnel. Denzel
Washington e Frances McDormand (moglie di Joel Coen, deve aver fermamente voluto il film) sono bravissimi e gelidi.Una macchina per uccidere e una malinconica dama che al castello scarsamente arredato si annoia." (Mariarosa Mancuso, 'Il Foglio', 15 gennaio 2022)
" (...) Questo film, come l'opera dal quale è tratto, plasma il proprio universo secondo l'esecrabile realtà del cuore del suo centro gravitazionale, quel Macbeth che consuma un delitto contro natura uccidendo il proprio santo re per pura e semplice ambizione,mettendo in moto una delirante serie di omicidi per mantenere un potere che non gli è proprio e che pure ottiene col sangue. E allora il mondo crolla, la brughiera già offuscata dai fumi della battaglia piomba nell'oscurità e le creature più spaventose gridano nel buio della notte. Non c'è luce nel mondo del Macbeth , e perciò non può esserci colore nel mondo di Coen: può esserci solo il bianco, il nero e tanto spazio in negativo proprio a sottolineare tutto il peso dell' angoscia di un uomo che cade sempre più in basso nell'oscurità della propria psiche, sommerso nel sangue delle proprie azioni per quella fruitless crown (corona senza frutto) tanto agognata, eppure pesantissima. Tanto spazio in negativo che ricorda, forse piegandolo a proprio piacimento, le scelte artistiche dei grandi interpreti della pittura metafisica, laddove la rappresentazione nitida e pulita, decisamente statica degli oggetti e degli spazi architettonici dell'opera di Coen suggerisce una realtà oltre la sua realistica essenza verso associazioni decisamente più stranianti ed emblematiche.(...) il film di Coen riesce a calibrare bene e a racchiudere in sé tutti gli aspetti dell' opera shakespeariana giocando sui tratti puramente teatrali della sua rappresentazione scenica - non a caso il film è stato girato in un teatro di posa sfruttando le stesse luci dello stesso teatro (come scelse anche il suo predecessore Orson Wells), aumentando la complessità degli spazi solo grazie a qualche strumento di computer grafica -; modernizzandone però il senso di alcuni e trasfigurandone metafisicamente il senso di altri, da qui l' andatura rapida e incisiva del racconto (per solo un' ora e quarantacinque minuti di film) e la trasformazione dello spazio secondo una geometria delirante, posizionandovi ad arte i protagonisti che lo compongono." (Paola Petrignani, 'L'Osservatore Romano', 30 gennaio 2022)