Riprendimi

ITALIA 2008
Le tragicomiche vicende di Giovanni e Lucia, una coppia che deve realizzare un documentario sull'aspetto meno noto della vita di un attore: quello dell'insicurezza economica e del precariato. Tuttavia, realtà e finzione si confonderanno al punto che Giovanni, entrato in crisi, deciderà di lasciare Lucia e il loro bambino appena nato proprio a pochi giorni dall'inizio delle riprese...
SCHEDA FILM

Regia: Anna Negri

Attori: Alba Rohrwacher - Lucia, Marco Foschi - Giovanni, Valentina Lodovini - Michela, Alessandro Averone - Eros, Marina Rocco - Tiziana, Cristina Odasso - Mara, Francesca Cutolo - Tosca, Massimo De Santis - Francesco, Giulia Weber - Sara, Hossein Taheri, Stefano Fresi

Sceneggiatura: Anna Negri, Giovanna Mori

Fotografia: Gogò Bianchi

Musiche: Dominik Scherrer

Montaggio: Ilaria Fraioli

Scenografia: Roberto De Angelis

Costumi: Antonella Cannarozzi

Suono: Mauro Lazzaro - presa diretta

Altri titoli:

Good Morning Heartache

Durata: 93

Colore: C

Genere: MOCKUMENTARY DRAMMATICO

Specifiche tecniche: 35 MM

Produzione: FRANCESCA NERI PER BESS MOVIE

Distribuzione: MEDUSA

Data uscita: 2008-04-11

TRAILER
NOTE
- CANDIDATO AL NASTRO D'ARGENTO 2008 PER: MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA, SOGGETTO, MONTAGGIO, SONORO IN PRESA DIRETTA E CANZONE ORIGINALE.
CRITICA
"Invitato all'ultimo Sundance festival dove da solo ha rappresentato l'Italia, definito film sul 'precariato affettivo' e difeso da valenti firme 'femminili' del giornalismo italiano come l'opera che meglio esprime la condizione dei giovani d'oggi dal punto di vista delle donne, 'Riprendimi' in realtà più che di giovane odora di muffa. La muffa dei conflitti tra lui e lei in cui lei piange tutto il tempo con le amiche perché abbandonata da lui cerca complicità con gli amici del baretto che però gli ricordano che 'i figli so pezz'e core'. Ma davvero le attuali generazioni se la vivono così la vita di coppia e relative crisi? Davvero questo è il punto di osservazione femminile sulla realtà e le relazioni? Davvero le donne sono tutte sogni e gli uomini tutto letto? No, perché se è così, noi personalmente cambiamo sesso. E. ovviamente, anche la sala cinematografica." (Roberta Ronconi, 'Liberazione', 11 aprile 2008)

"Il secondo film di Anna Negri, molti anni dopo lo sfortunato ma notevole 'In principio erano le mutande', 1999, parte da una buona idea ma purtroppo si perde per strada. Forse perché risulta fin dalle prime scene curiosamente (vistosamente) diviso in due. Di qua la verità: verità dei sentimenti, delle frasi fatte ma inevitabili, delle fasi obbligate attraverso cui passa la separazione, del dissidio fra ipocrisie e viltà del maschio in fuga, e autolesionismo e cecità della donna abbandonata. Di là la 'falsità' continua, quasi deliberata della forma scelta per raccontare questa storia dentro un'altra storia circondata da tante altre piccole storie. (...) Tutto questo non crea mai verità, i personaggi sono banali e i sentimenti esibiti, recitati, mentre la fotografia antinaturalistica e le musiche invadenti portano il mockumentary in zona sit-com o serie tv. Senza peraltro averne la fantasia, il mordente e il ritmo incalzante. Si può capire che una regista di talento racconti una storia (in parte) autobiografica andando sopra le righe proprio per mantenere le distanze e trovare lo humour necessario. Solo che così Riprendimi finisce per dire ben poco di nuovo e di vero sui giovani, sul precariato, sulla separazione, sull'esibizionismo della generazione YouTube, sui meccanismi che scattano girando un film. E non lo dice perché si rifugia in una forma (un'estetica) preesistente e già dilagante sul piccolo schermo.
L'ennesimo compromesso insomma. E purtroppo non sembra un caso, ma una scelta precisa." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 11 aprile 2008)

"Deve essere stata la disinvoltura nell'uso di questo doppio registro, l'energia leggera del tocco nei dialoghi e nella recitazione, e una direzione di 'marcia vietata' data al tutto ad aver portato in gara al Sundance questo unico film italiano, sulle moltitudini delle nostre molecole alla riscossa. Firma Anna Negri, all'opera seconda, dopo troppo tempo e un po' di tv. Francesca Neri e Claudio Amendola producono un'altra opera dal design e dal sound dell'oltre spazio dopo 'Melissa P.' di Luca Guadagnino, aiutando due eccentrici a debordare, rumorosamente, dagli standard medi, alti e bassi della tragicommedia all'italiana." (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 11 aprile 2008)

"Un esperimento, certo, ma con un senso felice del cinema e delle sue esigenze migliori. Confermato dalla recitazione sia dei due coniugi, Alba Rohrwacher e Marco Foschi, sia dei due cineasti, Stefano Fresi, Alessandro Averone. Personaggi persone. Anche quando, in primo piano, si confidano con noi." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 11 aprile 2008)

"Situazione mostrata con l'artificio del reality girato su una coppia, che diventa un reality sulla fine della stessa. Ne deriva un film-matrioska, dove non si piange e non si ride." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 11 aprile 2008)

"Anna Negri regista tenta in buona fede di coniugare il cineverità con la finzione e ne viene fuori un pastrocchio. (...) Attori innocenti e partecipi: Alba Rohrwacher si lamenta spesso ma Marco Foschi è una presenza." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 11 aprile 2008)

"Il tentativo è interessante ed è pure interessante che i produttori siano Francesca Neri e Claudio Amendola. Tre gli interpreti, Alba Rohrwacher è brava ed ha una strana bellezza fuori moda molto affascinante." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 11 aprile 2008)

"Il continuo slittamento del punto di vista, dalle riprese dei documentaristi alla vita vissuta, oltre a ben funzionare sul piano orizzontale della narrazione, riesce a far dialogare, sull'asse verticale del significato, la crisi personale di una coppia con lo sbandamento sociale del loro tempo. Il precariato genera instabilità nel lavoro e nella vita privata. Si lascia e si è lasciati così come si trova e si perde un lavoro. La confusione e lo sbandamento dei due protagonisti sono la materia di cui si è fatto l'incubo del precariato." (Dario Zonta,
'L'Unità', 11 aprile 2008)