MISSISSIPPI MASALA

INDIA 1990
Nel 1972 il temuto generale Idi Amin, dittatore dell'Uganda, ordina l'immediata espulsione dal Paese di tutti gli asiatici e la confisca dei loro beni. Perciò l'indiano Jay, con la moglie Kinnu e la figlioletta Mina, deve partire precipitosamente da Kampala assieme agli altri indiani, abbandonando il benessere e quel paese che per lui rappresentano il paradiso perduto. Nel 1990 Jay vive negli Stati Uniti, nel Mississipi, con moglie e figlia, e la sua, come molte altre famiglie di origine indiana, lavora in un motel. Mentre Jay non si è rassegnato all'abbandono dell'Uganda, e perciò continua a scrivere regolarmente pratiche indirizzate al nuovo governo di quel paese, per riottenere nazionalità e proprietà, la moglie Jinny si è adattata invece, unendosi alla numerosa comunità indiana locale. Intanto Mina è diventata una bella ragazza, che ha vissuto qualche tempo in Inghilterra, e ora si trova bene in America, considerandosi un Masala, cioè un miscuglio di spezie varie. Mina fa umili lavori in un motel, quando conosce Demetrius, un bel giovane di razza nera, serio e laborioso, il quale, con sacrifici, ha impiantato un'impresa di pulizia di moquette. La famiglia del giovanotto, composta da due fratelli, dall'anziano padre vedovo e dalla zia Rose, è di origini più modeste di quella della ragazza, ma, nonostante questo e la diversa sfumatura del colore della pelle, i due giovani si innamorano e finiscono con l'avere un rapporto in un motel, dove vengono per caso scoperti da alcuni parenti ed amici, causando uno scandalo, e lo scoppio di vecchie tensioni e rancori tra indiani e neri. Lei è disonorata e lui perde clienti e crediti bancari. Le due famiglie sono contrarie all'unione, ma gli innamorati non cedono. Proprio in quei giorni Jay deve recarsi in Uganda, chiamato per un processo che potrebbe reintegrarlo nei suoi diritti, e vorrebbe partire subito con la famiglia. Ma Mina, che crede fermamente nell'amore suo e di Demetrius, parte invece col giovane, verso un avvenire difficile. Jay, giunto a Kampala, trovando il suo "paradiso" in condizioni desolanti, rinuncia alla causa, e torna in America perchè ha capito che la patria di un uomo e dov'è il suo cuore, e quello di Jay è sempre stata con sua moglie, che lo aspetta.
SCHEDA FILM

Regia: Mira Nair

Attori: Denzel Washington - Demetrius, Sarita Choudhury - Mina, Roshan Seth - Jay, Sharmila Tagore - Kinnu, Charles S. Dutton - Tyrone, Cyreio Hughes - D.J., Sharon Williams - Tadice, Larry Haggard - Joe, Joyce Murrah - Signora Da Lusco, Mohan Gokhale - Pontiac, Reverend Fred Matthews - Nonno, E.W. Colvin - Grandcraw, Willy Cobbs - Skillet, Ranjit Chowdhry - Anil, Yvette Hawkins - Zia Rose, Tico Wells - Dexter, Varsha Thaker - Kusumben, Stacy Swinford - Bubba, Konga Mbandu - Okelo, Anjan Srivastava - Jammubhai, Mira Nair - Persona Pettegola 1, Rcik Senn - Piccly Wiggly C., Joe Seneca - Williben, Dillon Rozell Gross - Poliziotto, Rajika Puri - Persona Pettegola 2, Karen Pinkston - Signora Morgan, Natalie Oliver - Alicia Le Shay, Ashok Lath - Harry Patel, Sahira Mair Thomas - Mina Da Ragazzina, Mohan Agashe - Kanti Napkin, Kevin McNeil - Clarence, Dipti Suthar - Chanda, Jim Haffey - Camionista, Mahlon Bouldin - Studente

Soggetto: Sooni Taraporevala

Sceneggiatura: Sooni Taraporevala

Fotografia: Edward Lachman

Musiche: L. Subramaniam

Montaggio: Roberto Silvi

Scenografia: Mitch Epstein

Durata: 117

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI

Produzione: MICHAEL NOZIK, MIRA NAIR

Distribuzione: COLUMBIA TRI STAR FILMS ITALIA (1992) - COLUMBIA TRISTAR HOME VIDEO

CRITICA
"Il film della regista Mira Nair inizia bene, ma presto scade, perdendosi troppo nelle peripezie amorose di Mina e Demetrius, mentre il centro della vicenda dovrebbe essere il passato, col suo drammatico contrasto fra le differenti etnie di africani e indiani in Africa orientale. L'episodio è poco noto, perciò poteva essere molto interessante approfondire il tema. La figura centrale dovrebbe quindi essere quella di Jay, pateticamente attaccato al passato e al ricordo della felicità perduta, profondamente indiano e profondamente africano, ma incapace di superare barriere di classe e di razza. Però la regista è rimasta piuttosto in superficie, nè ha saputo dare alla storia il pathos necessario per far presa sul pubblico. Il film è pieno di buoni sentimenti, fa un appello alla tolleranza fra popoli diversi (tema che la regista suggerisce in modo ingenuo e banale nel finale, quando Jay abbraccia il bambino nero), ma non dà emozioni perchè è lento, lungo e monotono. (Segnalazioni Cinematografiche, vol.114, 1992)