Manolete
SPAGNA, GRAN BRETAGNA - 2007

La storia d'amore tra il celebre torero Manolete e la bellissma diva del cinema spagnolo Lupe Sino. Lui era un uomo timido, di poche parole e con in mente soltanto una cosa: il successo; lei una donna sensibile e orgogliosa con alle spalle un passato movimentato. Una sola cosa li differenziava: lui corteggiava la morte; lei era un'amante della vita. I due sfidarono la società convenzionale con il loro intenso rapporto dominato dalla passione e dalla gelosia e finito tragicamente per il mortale incidente occorso a Manolete durante una corrida a Linares.
- Regia:
- Attori: - Manuel Rodríguez Sánchez "Manolete", - Lupe Sino, - Guillermo, - Pepe Camará, - Enrique de Ahumada, - Luis Miguel Dominguín, - Doña Angustias, - Sorella di Manolete, - Sorella di Manolete, - Padre di Manolete, - Manager di Dominguín, - Il sacerdote, - Banderillero, - Banderillero, - Picador, - Picador, - Prete, - Manolete da bambino, - Torillero, - Banderillero, - Assistente
- Soggetto: Menno Meyjes
- Sceneggiatura: Menno Meyjes
- Fotografia: Robert Yeoman (Robert D. Yeoman)
- Musiche: Gabriel Yared, Dan Jones
- Montaggio: Frances Parker, Sylvie Landra
- Scenografia: Salvador Parra
- Costumi: Sonia Grande
- Effetti: Reyes Abades
-
Altri titoli:
Manolete - Fra mito e passione
- Durata: 115'
- Colore: C
- Genere: BIOGRAFICO, DRAMMATICO, ROMANTICO
- Specifiche tecniche: 35 M (1:2.35)
- Produzione: ANDRÉS VICENTE GÓMEZ PER FUTURE FILMS, LOLAFILMS, PIERCE/WILLIAMS ENTERTAINMENT, SEQUENCE FILM
- Distribuzione: EAGLE PICTURES (2010)
- Data uscita 14 Maggio 2010
TRAILER
CRITICA
"Il film di Meyjes è una partita non giocata: non indigna né emoziona, né fa le fusa al macho stile Hemingway, passa in arena senza lasciar sangue. Penélope Cruz vince anche qui: è l'unica viva, ma arriva tardi." (Maurizio Porro , 'Corriere della Sera', 14 maggio 2010)
"Piacerà a chi ama le biografie degli uomini molto all'americana, quelle che non dimenticano di spargere il glamour anche nelle arene sporche di sangue e di budella. 'Manolete' è stato l'oggetto di non pochi film (una dozzina, tra fiction e documentari) ma questa versione è stata allestita con l'intento di farla vedere all'estero e soprattutto in America. Per questo è comprensibile (anche se per noi ingiustificata) la scelta dell'americano Brody, al posto di un attore spagnolo (in patria è rintracciabile almeno una dozzina di interpreti in grado di reggere la parte e soprattutto di capirla). Brody non sembra capire, si porta sempre stampata in viso quell'espressione da sfigato dei tempi del 'Pianista' ma gli manca la dimensione tragica che marcava ogni apparizione pubblica del 'monstruo'. Che per tutta la vita, raccontano, sembra cercare la morte. Anche quando era tra le lenzuola con Lupe. Brody si dà un gran da fare ma tutta l'angustia che può esprimere non è più dolorosa di quella di un divo del calcio sorpreso dai paparazzi in spiaggia con la velina di turno." (Giorgio Carbone, 'Libero', 14 maggio 2010)
"Chi ricorda Manuel Rodriguez Sanchez, sarà colpito dalla somiglianza nel film di Menno Meyjes 'Manolete', dove a interpretare il torero è Adrien Brody. A impersonare la sua amante (l'attrice messicana Lupe Sino) è Penelope Cruz, che invece non le somiglia, così il divario fra i loro ruoli si accentua. Inoltre la sceneggiatura non dice molto di lei: solo spettatori in età e donne sensibili coglieranno i sottintesi della loro contrastata storia d'amor. Il trionfo di 'Manolete' evoca il periodo della seconda guerra mondiale, quando la Spagna neutrale si rimetteva in piedi dopo la guerra civile. (...) Il film, pensato per circolare anche fuori dalla Spagna, accenna i dettagli storici imbarazzanti - chi conosce oggi il simbolo falangista del giogo e del fascio di cinque frecce? - e punta sulla solitudine del matador, la solitudine peggiore, quella in compagnia, fra impresari avidi e la vorace famiglia d'origine. Meyjes cerca, senza trovarle spesso, inquadrature suggestive, proprio come se stesse girando una pubblicità per la tv. Il suo costumista veste gli attori con abiti cuciti per l'occasione, la cui aria nuova nuoce alla verosimiglianza delle scene. Ormai quasi tutti i film di ricostruzione che non vengano da Hollywood hanno preso quest'aspetto fasullo. Suggestivo invece il finale desolato e cruento letteralmente, sotto gli occhi angosciati dell'erede al trono di Manolete: Luis Dominguin, futuro marito di Lucia Bosé e padre di Miguel." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 14 maggio 2010)
"Piacerà a chi ama le biografie degli uomini molto all'americana, quelle che non dimenticano di spargere il glamour anche nelle arene sporche di sangue e di budella. 'Manolete' è stato l'oggetto di non pochi film (una dozzina, tra fiction e documentari) ma questa versione è stata allestita con l'intento di farla vedere all'estero e soprattutto in America. Per questo è comprensibile (anche se per noi ingiustificata) la scelta dell'americano Brody, al posto di un attore spagnolo (in patria è rintracciabile almeno una dozzina di interpreti in grado di reggere la parte e soprattutto di capirla). Brody non sembra capire, si porta sempre stampata in viso quell'espressione da sfigato dei tempi del 'Pianista' ma gli manca la dimensione tragica che marcava ogni apparizione pubblica del 'monstruo'. Che per tutta la vita, raccontano, sembra cercare la morte. Anche quando era tra le lenzuola con Lupe. Brody si dà un gran da fare ma tutta l'angustia che può esprimere non è più dolorosa di quella di un divo del calcio sorpreso dai paparazzi in spiaggia con la velina di turno." (Giorgio Carbone, 'Libero', 14 maggio 2010)
"Chi ricorda Manuel Rodriguez Sanchez, sarà colpito dalla somiglianza nel film di Menno Meyjes 'Manolete', dove a interpretare il torero è Adrien Brody. A impersonare la sua amante (l'attrice messicana Lupe Sino) è Penelope Cruz, che invece non le somiglia, così il divario fra i loro ruoli si accentua. Inoltre la sceneggiatura non dice molto di lei: solo spettatori in età e donne sensibili coglieranno i sottintesi della loro contrastata storia d'amor. Il trionfo di 'Manolete' evoca il periodo della seconda guerra mondiale, quando la Spagna neutrale si rimetteva in piedi dopo la guerra civile. (...) Il film, pensato per circolare anche fuori dalla Spagna, accenna i dettagli storici imbarazzanti - chi conosce oggi il simbolo falangista del giogo e del fascio di cinque frecce? - e punta sulla solitudine del matador, la solitudine peggiore, quella in compagnia, fra impresari avidi e la vorace famiglia d'origine. Meyjes cerca, senza trovarle spesso, inquadrature suggestive, proprio come se stesse girando una pubblicità per la tv. Il suo costumista veste gli attori con abiti cuciti per l'occasione, la cui aria nuova nuoce alla verosimiglianza delle scene. Ormai quasi tutti i film di ricostruzione che non vengano da Hollywood hanno preso quest'aspetto fasullo. Suggestivo invece il finale desolato e cruento letteralmente, sotto gli occhi angosciati dell'erede al trono di Manolete: Luis Dominguin, futuro marito di Lucia Bosé e padre di Miguel." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 14 maggio 2010)