Lo stravagante mondo di Greenberg
Greenberg

- Regia:
- Attori: - Roger Greenberg, - Florence Marr, - Beth, - Ivan Schrank, - Phillip Greenberg, - Sara, - Muriel, - Carol Greenberg, - Bambino Greenberg, - Bambina Greenberg, - Gina, - Marlon, - Peggy, - Megan, - Eric Beller, - Johno, - Figlia dei Beller
- Soggetto: Jennifer Jason Leigh, Noah Baumbach
- Sceneggiatura: Noah Baumbach
- Fotografia: Harris Savides
- Musiche: James Murhpy
- Montaggio: Tim Streeto
- Scenografia: Ford Wheeler
- Arredamento: Elizabeth Keenan
- Costumi: Mark Bridges
- Durata: 106'
- Colore: C
- Genere: COMMEDIA, DRAMMATICO
- Specifiche tecniche: 35 MM (1:1.85)
- Produzione: SCOTT RUDIN E JENNIFER JASON LEIGH PER SCOTT RUDIN PRODUCTIONS
- Distribuzione: BIM (2011)
- Data uscita 8 Aprile 2011
TRAILER
RECENSIONE
Roger Greenberg (Stiller), reduce da un esaurimento nervoso, torna nella natìa Los Angeles per sei settimane, ospite di suo fratello Philip. Avere a che fare con gli amici del passato, con cui aveva bruscamente interrotto i rapporti quindici anni prima, e intrecciare una relazione con la giovane Florence (Greta Gerwig), sembrerebbe l’occasione per mettere in discussione alcune scelte che hanno avuto ripercussioni sulle vite di molti, ma forse non tutti vivono proiettati verso qualcosa che è definitivamente concluso.
Ne Lo stravagante mondo di Greenberg (avvilente il titolo italiano) si respira la crepuscolare aria di tante situazioni narrate da Carver: la vaga inquietudine su quel che poteva essere, la quotidianità protesa verso un futuro indifferente, persino le feste in piscina piene di bambini, tra birre e chiacchiere circostanziali. Il film è sorprendentemente lucido nel mettere a nudo l’universale necessità di essere amati, sottendendo una divisione netta tra chi è consapevole di essere “un valore” e chi ancora arranca verso una rivelazione esterna. L’accuratissimo script è ben servito da una recitazione trattenuta, che ben si presta all’atmosfera rarefatta che si respira. Stiller mai visto così disperato, magro, con il volto tirato.
NOTE
CRITICA
"Baumbach, regista vicino all'Oscar nel 2005 per 'II calamaro e la balena', scrive e dirige personaggi da Lewis Caroll inserendoli in un contesto iperrealista: e in questo nasce il simpatico stridore tra la coppia di svitati e il mondo della ragione. Ma attenzione, chi si aspetta eventi epocali rimarrà deluso: 'Lo stravagante mondo di Greenberg' è tale perché in esso nulla, o quasi, accade. Vuoti a rendere di un già visto tragicomico? Forse. Ma Stiller si difende e vale una mezza serata" (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 7 aprile 2011)
"Quando, negli anni Settanta, al cinema americano di Ashby, Rafelson, Mazursky stavano a cuore i problemi degli uomini, soprattutto quelli detti sottovoce, si facevano molti film come 'Lo stravagante mondo di Greenberg', che oggi pare un oggetto misterioso diretto da Noah Baumbach, il bravo regista del 'Calamaro e la balena' in complicità coniugale con Jennifer Jason Leigh che recita e co-produce. (...) Ogni tanto la storia si arrotola e spesso è la colonna sonora di James Murphy che la salva; bisogna affidarsi alle onde concentriche che il personaggio sa emanare da una psicologia contorta ma che tutti conosciamo bene e dove a nessuna domanda viene data risposta. Perché è in sintonia con la grande letteratura nuovayorkese di Bellow, Yates, Updike, Mala-mud, Roth (con qualche sconto sul sesso), coi lamenti di Portnoy e altri, aggiornati ai malesseri quotidiani. Se non sempre, spesso il film centra l'invisibile, fastidioso rumore che sta nella testa di Stiller, allertando il clima non soltanto geografico e il malumore senza ragione condiviso dalla brava Greta Gerwig, star del cinema intimista. Una parola per un bel cane lupo anche lui infelice e malato al sistema immunitario: ci sarà una ragione se una volta i cagnoni dei film si chiamavano Beethoven ed ora di nome fanno Mahler." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 8 aprile 2011)
"Viene da New York, è in piena crisi depressiva e ha qualche problema con le donne. Ma Woody Allen non c'entra: a differenza dell'ossessivo e sarcastico cantore delle nevrosi di Manhattan, Roger Greenberg non ricama aforismi attorno ai propri vuoti esistenziali né cerca di compensare con I'iperattivismo verbale e sessuale le proprie sindromi di inadeguatezza. Al contrario - taciturno laconico e finanche un poco abulico - Greenberg è il prototipo del 40enne smarrito e svuotato. E visto che a prestargli il volto è lo stesso Ben Stiller che nelle commedie dei fratelli Farrelly ('Tutti pazzi per Mary', 'Lo spaccacuori') celebra i rigurgiti neogoliardici e spermatici di una generazione di freak che fingono di essere evergreen, potremmo dire che il personaggio cucitogli addosso in questo film rappresenta forse l'altra faccia - quella oscura, nascosta, sformata - della medesima generazione. Ed è davvero bravo, Stiller, a offrire la geometria non euclidea del suo volto 'anomalo' e burattinesco a un personaggio che non vuole generare il riso bensì - questa volta - lo smarrimento e lo stupore. (...) Questa incapacità di adattarsi, e di crescere. Chi ama il cinema indie pop, quello alla 'Juno', troverà questo 'Lo stravagante mondo di Greenberg' praticamente perfetto. Perché dentro c'è un po' di Salinger e un po' di Saul Bellow. C'è il cinema anni '70 di Robert Altman, di Hal Ashby e di John Cassavetes. C'è la capacità di fare cinema a fior di pelle, senza esibiti virtuosismi tecnici, ma con una sensibilità - come dire - quasi tattile nel captare e palpare e accarezzare i sussulti e i vuoti dei personaggi. Ci sono alcune situazioni, nel film, in cui i protagonisti - seduti l'uno accanto all'altro - credono di dialogare. In realtà, il loro dialogo è un incrocio di monologhi alternati. Non conoscono altra forma di comunicazione che il soliloquio." (Gianni Canova, 'Il Fatto Quotidiano', 8 aprile 2011)
"Quando un comico decide che è ora di esser preso sul serio, spesso cade in film melodrammatici. Se ha più fortuna, o più occhio, gli capita qualcosa che fa ridere e piangere insieme come lo straordinario 'Greenberg', così sottile e fuori schema che in Italia è diventato, didatticamente, 'Lo stravagante mondo di Greenberg''. Quasi che per capire le nevrosi e le angosce del personaggio si dovesse tenere una distanza di sicurezza. (...) Un film-terapia insomma, che piacerà da matti a chi riconosce nei protagonisti qualcosa di sé - e forse lascerà indifferenti gli altri." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 8 aprile 2011)
"La verità è che questo Roger egocentrico e fallimentare, delle stimmate del californiano non ha nulla: è un classico prodotto ebraico della grande Mela proprio come Stiller, che ottimamente lo incarna; e come Baumbach, autore di un raffinato girotondo che ai quarantenni odierni le nevrosi e le idiosincrasie di Woody Allen negli anni '70. Elusivo, divertente, malinconico." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 8 aprile 2011)
"E' il colmo rimpiangere l'osceno 'Vi presento i nostri', recentissima commediaccia goliardica con un impresentabile De Niro. Che aveva però il pregio di non prendersi sul serio e di far a tratti sbellicare, con le sue facezie pierinesche, le platee di bocca buona. In 'Lo stravagante mondo di Greenberg' riappare lo stesso protagonista, Ben Stiller, improvvisamente (e incautamente) riciclato da guitto. Peccato che il film, una commedia sentimentale con tendenza a piangersi addosso, scritto e diretto dal seminoto Noah Baumbach, sia insopportabilmente pretenzioso, oltre che di indicibile tedio." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 8 aprile 2011)
"Spiacerà a coloro che prediligono Ben Stiller quando fa il buffone nevrotico in 'Ti presento i miei' e non lo gradiscono troppo in edizione semiseria." (Giorgio Carbone, 'Libero', 8 aprile 2011)