La nave dolce

- Regia:
- Attori: - Se stessa, - Se stesso, - Se stesso, - Se stesso, - Se stesso, - Se stesso, - Se stesso, - Se stesso, - Se stesso, - Se stesso, - Se stesso, - Se stessa, - Se stesso, - Se stesso, - Se stesso, - Se stessa, - Se stesso
- Soggetto: Luigi De Luca (II) - (idea), Silvio Maselli - (idea), Ilir Butka - (idea), Antonella Gaeta, Daniele Vicari
- Sceneggiatura: Antonella Gaeta, Benni Atria, Daniele Vicari
- Fotografia: Gherardo Gossi
- Musiche: Teho Teardo
- Montaggio: Benni Atria
- Suono: Valentino Giannì - (presa diretta), Gianluca Costamagna - (presa diretta)
- Durata: 90'
- Colore: C
- Genere: DOCUMENTARIO, SOCIALE
- Specifiche tecniche: DCP
- Tratto da: idea di Gigi De Luca, Silvio Maselli, Ilir Butka
- Produzione: NICOLA GIULIANO, FRANCESCA CIMA, CARLOTTA CALORI, SILVIO MASELLI PER INDIGO FILM, APULIA FILM COMMISSION, CON RAI CINEMA, IN CO-PRODUZIONE CON SKA-NDAL PRODUCTION, IN COLLABORAZIONE CON ARCHIVIO CENTRALE STATALE DEL FILM DI ALBANIA,, TELENORBA, DIGITALB
- Distribuzione: MICROCINEMA - DVD: CG HOMEVIDEO/MUSTANG (2013)
- Data uscita 8 Novembre 2012
TRAILER
RECENSIONE
8 agosto 1991: una nave con 20mila persone e 10mila tonnellate di zucchero a bordo attracca nel porto di Bari. Viene dall’Albania, si chiama Vlora. Sono passati 21 anni, la maggior parte di quei “passeggeri” vennero rispediti in Albania, ma gli sbarchi continuarono, e oggi gli stranieri nel bnostro Paese sono 4 milioni e mezzo. E’ dunque un ritorno alle origini il doc di Daniele Vicari La nave dolce, scritto con Benni Atria e Antonella Gaeta, musicato da Teho Teardo, fuori concorso a Venezia 69. Interviste fotografate da Gherardo Gossi a protagonisti e testimoni sulla Vlora e a terra, tra cui il ballerino Kledi Kadiu, Eva Karafili, Domenico Stea, Robert Budina, e soprattutto materiale d’archivio, perché – dice Vicari – “è la profezia di Zavattini: negli rachivi giacciono immagini impazienti di prendere vita”.
E vita la prendono, ritrasportandoci tra le urla “Italia, Italia”, le mani alzate in segno di vittoria, i tuffi per raggiungere la banchina: l’inizio di una fine, quella della politica chiamata a presiedere i diritti socio-civili. Da lì in poi, culmine al G8 di Genova, la gestione dell’ordine pubblico salirà in cattedra, schiacciando tutto il resto: La nave dolce approda, dunque, a Diaz, progetto a cui Vicari ha lavorato in parallelo, uscito in sala poco tempo fa dopo il premio del pubblico a Berlino.
Sono due film-gemelli, che cercano la verità storica ma senza accanimenti terapeutici: emozione, indignazione, speranze e futuro tradito. La nave che imbarcò la storia: la nostra. Il nostro rifiuto, l’altrui rimpatrio. Rimpianto civile quello di Vicari, e memento politico: il cinema dunque fa il suo, e la politica? Il governo e il presidente della Repubblica Francesco Cossiga allora fecero una magra figura, ovvero impreparata e inumana, con lo stadio Vittoria che si sostituì alla nave come proto-CIE: la Vlora oggi è tornata, la nostra politica non se n’è mai andata. Purtroppo.
NOTE
CRITICA
"Mentre gli archivi del mondo intero si gonfiano di immagini, crescono i documentari che cercano il senso di quei materiali grazie alla distanza storica. (...) L'impatto delle immagini d'epoca, contrappuntate dai ricordi di molti di quei profughi (fra cui il ballerino Kledi Kadiu), è fortissimo. (...) Qui Vicari regista di 'Diaz', si fa ideologico. E' vero, la tragedia della Vlora anticipa vergogne future, ma le immagini poderose del film, da vedere assolutamente, parlano da sole. Era inutile sottolinearlo". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 8 novembre 2012)
"Il regista, documentarista di valore, concentra lo sguardo sull'episodio e non spiega troppo contesto, provenienza, storia, prima e dopo. Dei testimoni che fa parlare (in quella massa c'era anche il futuro ballerino di successo Kledi Kadiu) non ci dice la sorte successiva". (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 8 novembre 2012)
"Un poema per immagini e parole, fotogrammi di un reale che ci perseguita. Il documentario, che arriva ora in sala (passaggio abbastanza raro sul nostro mercato) è un thriller denso di emozioni nella ricostruzione dell'avvenimento che anticipò gli sbarchi sulle coste italiane, prima grande prova dei respingimenti di massa, e che ci mostra un «clandestino» gioiosamente accalcato sull'imbarcazione, fin sopra i pennoni, ragazzi perlopiù in costume da bagno, urlanti «Viva l'Italia», spinti dall'idea di libertà e di un paese conosciuto sugli schermi tv. (...) 'La nave dolce' diventa così uno struggente poema per immagini e parole, fotogrammi di un reale che ci perseguita, soprattutto nell'incursione in scena dell'allora presidente della repubblica, Francesco Cossiga, che in un scena da film horror si scaglia contro il sindaco di Bari, il disumano e l'umano, e lo minaccia di ritorsioni perché ha accolto quei ragazzi, i nostri vicini, i fratelli dell'altra sponda. Sarà difficile trovare un'inquadratura più crudele e insostenibile". (Mariuccia Ciotta, 'Il Manifesto', 8 novembre 2012)
"'La nave dolce' di Daniele Vicari rievoca la vicenda del cosiddetto «sbarco dei 20mila», quando nel torrido 8 agosto 1991 approdò al porto di Bari una nave, la Vlora, stracolma di profughi in fuga dall'Albania comunista, distrutti da caldo, fame e fatica. (...) e Vicari è così abile che 'La nave dolce' si segue come un film di finzione capace di trasmettere l'emozione del reale". (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 8 novembre 2012)
"Visto a Venezia, 'La nave dolce' è stato una doppia conferma: del talento di Daniele Vicari, che dopo 'Diaz' è ufficialmente uno dei registi di punta del nostro cinema, e dell'ottima salute di cui gode il documentario italiano. Del resto Vicari ha cominciato come documentarista ed è bello che dopo un film complesso (politicamente e produttivamente) come 'Diaz' sia ritornato alle origini. Per altro, ad una lettura fra le righe, 'La nave dolce' è perfettamente in linea con 'Diaz', compone una sorta di dittico sulle imperfezioni della nostra democrazia, sulle falle - parlando di una nave ci sembra la parola più adatta - che la nostra convivenza civile (o incivile) ha mostrato negli ultimi vent'anni. (...) Film da vedere, per non dimenticare". (Alberto Crespi, 'L'Unità', 8 novembre 2012)
"Partiamo dall'aggettivo «dolce»: come si può mai definire «dolce» una nave in cui nel 1991 hanno viaggiato, pigiati come insetti e assetati come tra le fiamme dell'inferno, ventimila albanesi in cerca di una giustizia planetaria? Eppure la «Vlora», la nave del primo grande esodo da Durazzo alla Puglia, era davvero «dolce» perché trasportava anche zucchero, insieme ai disperati che erano a bordo, partiti con le loro storie amare. Giovani, donne, bambini, pronti a gridare «Italia!» già vedendo le prime luci di Brindisi, pronti a succhiare lo zucchero che era nelle stive, pur di non restare stremati dal caldo e dalla fame. Ma l'amaro venne dopo: quando questa gente che si lanciava dalla nave e che sognava l'America, fu rinchiusa nello Stadio della Vittoria o meglio, della Sconfitta della civiltà. Il docufilm La nave dolce di Daniele Vicari, il regista di 'Diaz', ricostruisce tutto quello che avvenne in quella settimana infuocata di agosto. (...) Mancano molti volti, mancano alcune pagine, ma un film non può raccontare tutto. (...) Due parole messe nei titoli di coda spiegano tutto il fallimento di quell'odioso e inutile rimpatrio di albanesi in mutande: all'epoca in Italia c'erano circa 450.000 extracomunitari e oggi sono invece 5 milioni. Il fiume non si poteva fermare. Il film va dedicato a questi numeri e a quelli sconosciuti di quanti hanno perso la vita in mare, inghiottiti prima di toccare terra e di dire «Vittoria». (Enrica Simonetti, 'La Gazzetta del Mezzogiorno', 8 novembre 2012)
"II film è il toccante racconto di una straziante odissea umana e della vergognosa violazione dei diritti umani subita dai profughi nel nostro paese". (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 8 novembre 2012)
"L'impetuoso Daniele Vicari fa parlare (più volte) 17 testimoni della più affollata, e pacifica, invasione sulle coste italiane. Intervallate con crudeli immagini d'epoca. Il nostro governo fa una figuraccia, la platea s'indigna, tra gli sbadigli". (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 8 novembre 2012)
"'La nave dolce' va visto. E in fretta. Parliamo di un'urgenza che viene da una necessità profonda, elementare, potente. Sotto l'aspetto materiale, perché e un documentario che - nonostante l'aiuto di Microcinema - potrebbe, proprio per la poca pazienza che gli esercenti hanno per questo genere, uscire fuori dalla programmazione con ingiusta velocità. Sotto l'aspetto artistico e morale, perché è impossibile non vederlo. Perché un'opera del genere deve far parte della nostra memoria artistica e del nostro immaginario, perché la nave Vlora, qui raccontata, è l'inizio della fine di un paese che fino ad allora ancora portava un vago rispetto per la sua storia, cultura e valori. (...) Da lì nasce l'Italia razzista ed egoista di questi ultimi 20 anni, da lì nasce l'Italia della gestione politica e violentemente repressiva dell'ordine pubblico e Vicari, di fatto, ne fa nella sua cinematografia una sorta di prequel di 'Diaz'. Non solo a livello creativo - il team delle due pellicole è lo stesso, straordinario il montatore Atria, ottimo il musicista Teardo - ma anche sotto il punto di vista storico e sociale. Pur nella differenza del genere e della struttura narrativa, ci troviamo di fronte a thriller straordinari per tempi e potenza del racconto. Vicari trova in questo dittico una maturazione eccezionale, che sembra riassumere tutta la sua cinematografia per portarla a un livello più alto di consapevolezza, dell'autore e dello spettatore. 'La nave dolce' dimostra come il documentario, in mano a un grande regista, diventi un film complesso, efficace e potente. E alla messa in scena del repertorio si aggiungono testimonianze antiretoriche e perciò ancora più forti. E solo un grande cineasta poteva tenere insieme questa storia omerica di moderna ingiustizia". (Boris Sollazzo, 'Pubblico', 8 novembre 2012)