King Kong
- Regia:
- Attori: - Ann Darrow, - Carl Denham, il regista, - Jack Driscoll, - Lumpy il cuoco, - Jimmy, - Bruce Baxter, - Choy, - Capitano Englehorn, - Hayes, - Preston, - Herb, - Mike, - Manny, - Harry, - Maude, - Taps, - Weston, - Zelman
- Soggetto: Edgar Wallace, Merian C. Cooper
- Sceneggiatura: Peter Jackson, Frances Walsh, Philippa Boyens
- Fotografia: Andrew Lesnie
- Musiche: James Newton Howard
- Montaggio: Jamie Selkirk
- Scenografia: Grant Major
- Arredamento: Simon Bright, Dan Hennah
- Costumi: Terry Ryan
- Effetti: Joe Letteri, Brian Van't Hul, Christian Rivers, Richard Taylor (II), Ben Snow, Eyetech Optics, Weta Digital Ltd., Weta Workshop Ltd.
- Suono: Christopher Boyes, Michael Semanick, Michael Hedges, Hammond Peek, Mike Hopkins - (montaggio), Ethan Van der Ryn - (montaggio)
- Durata: 180'
- Colore: B/N-C
- Genere: FANTASY, AVVENTURA
- Specifiche tecniche: ARRICAM LT / ARRICAM ST / ARRIFLEX 235 / ARRIFLEX 435 ADVANCED / MITCHELL CAMERAS, 2K, 35 MM (1:2.35)
- Produzione: PETER JACKSON, FRANCES WALSH, CAROLYNNE CUNNINGHAM E JAN BLENKIN PER WINGNUT FILMS, UNIVERSAL PICTURES, BIG PRIMATE PICTURES, MFPV FILM
- Distribuzione: UIP
- Data uscita 16 Dicembre 2005
TRAILER
RECENSIONE
E’ fedele il remake firmato da Peter Jackson all’originale King Kong di Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack del 1933. La storia – scritta da Edgar Wallace – è ambientata nella New York della Depressione, dove l’attrice di vaudeville Ann Darrow (Naomi Watts) rimane disoccupata. La Grande Mela è lettaralmente preda dei morsi della fame: la Darrow ruba un pomo, ma in suo soccorso arriva il regista Carl Denham (Jack Black), un Orson Welles in sedicesimi, che la convince a unirsi al suo sconclusionato progetto cinematografico, destinazione l’esotica Skull Island. Questo prologo è visivamente sontuoso, perfino calligrafico nello spaccato socio-antropologico che offre, ma anche prolisso. Non mancano, tuttavia, colpi geniali: si fa riferimento a Fay Wray l’interprete della prima Ann Darrow – deceduta nel 2004 – non disponibile per la parte perchè impegnata in una produzione della RKO, leggi King Kong appunto. E’ un indice dello sfalsamento di piani metacinematografici attuato dal cinefilo Jackson, capace di offrire allo spettatore un remake che sconvolge l’idea acquisita di kolossal hollywoodiano. Anche con questi folgoranti e sommessi appigli intertestuali. Sulla nave Venture sale anche il drammaturgo Jack Driscoll (Adrien Brody). Sbarcati sull’isola dopo un attracco di fortuna, la spedizione viene aggredita da una tribù di selvaggi in trance. Dopo 75′ circa, dei 187 minuti complessivi del film, King Kong fa finalmente la sua comparsa: il gorillone sbuca dalla giungla per ghermire Ann e portarla via con sé. Il mostruoso gorilla “animato” con tecniche di motion capture dal Gollum Andy Serkis, alto 8 metri e pesante 4 tonnellate, è l’autentica star del film, interpretato da attori superiori a quelli originari, ma che nulla possono in questo contest umano vs. bestiale. King Kong nasce quando Jackson aveva dodici anni ma solo ora la tecnica l’ha potuto plasmare come voleva che fosse. Con occhi da 10 milioni di dollari, che si aprono ad accogliere pudicamente i tentennamenti amorosi della Darrow, il gorilla getta uno sguardo sul mondo che stigmatizza la meschinità umana: lui ottava meraviglia del mondo nello show da baracconi approntato da Denham. Lui ingenuo e combattivo per amore. Fino alla fine. Nel triste epilogo ricompaiono i biplani da guerra del prototipo: King Kong resiste abbarbicato all’Empire State Building, riesce anche ad abbattere tre aerei, ma infine deve soccombere. Una caduta che è emozionalmente ascesa verso i territori esplorati – e pure ancora vergini – dell’immaginario collettivo, oggi più che mai affamato di questi archetipi in muscoli e pelo, ovvero digitali. Jackson sa avvincere con cariche di dinosauri che spazzano via Jurassic Park e commuove con scene struggenti, quali lo scivolamento della bella e la bestia sul laghetto ghiacciato. E non è poco. Per lui, per noi, il cinema è ancora sogno. Sogno antico e ancor più contemporaneo. Con un cuore digitale.
NOTE
- IL COMPOSITORE JAMES NEWTON HOWARD HA SOSTITUITO HOWARD SHORE, CHE HA LASCIATO LA PRODUZIONE PER DIVERGENZE STILISTICHE CON PETER JACKSON.
- ANDY SERKIS, L'ATTORE CHE HA MIMATO KING KONG, AVEVA SUL VISO 132 SENSORI PER RIPRODURRE LE SUE ESPRESSIONI FACCIALI SUL MUSO DEL GORILLA.
- 2 NOMINATION AI GOLDEN GLOBE 2006 A PETER JACKSON (MIGLIOR REGIA) E A JAMES NEWTON HOWARD (MIGLIOR MUSICA).
- OSCAR 2006: MIGLIOR SUONO, MIGLIOR MONTAGGIO SONORO, MIGLIORI EFFETTI SPECIALI. ALTRE NOMINATIONS: MIGLIOR SCENOGRAFIA.
CRITICA
"Jackson trova per gran parte del suo progetto l'ispirazione giusta collocando il kolossal in un mirabile contesto d'epoca e sviscerandone, appunto, la chiave doppiamente mitica e favolistica in termini storici e nostalgici. Un'opzione che rende fluido e avvincente il prologo, ambientato tra le folle newyorkesi flagellate dalla Grande Depressione e nevroticamente sorrette dall'eco del jazz e del lusso nel duro cammino verso la sopravvivenza; che indirizza credibilmente verso il cargo 'Venture' l'acrobata di vaudeville Anne, il febbrile regista Carl e l'idealista scrittore Jack; che raccorda abilmente i sogni d'avventura del mozzo, il cinismo del capitano e la disillusa perizia dei suoi secondi al catartico romanzo conradiano 'Cuore di tenebra' (e naturalmente alla reinvenzione coppoliana di 'Apocalypse Now'). Il nuovo 'King Kong' appare, così, divertente e appassionante per come sbozza i caratteri, esaspera i contrappunti, gioca con le prospettive fino a ricavarne veri e propri affreschi a tutto schermo tempestosi e gotici. Il gorilla che s'invaghisce della fanciulla e lotta per lei contro i mostri preistorici e le orrende creature che infestano l'Isola del Teschio è, in questo senso, antico e moderno, espressione della ferinità indomabile della natura e portatore di un bagliore di nuda e straziante verità nella proterva conquista del futuro operata dagli uomini. Peccato che tutto il movimento finale scada assurdamente, annullando l'aura erotica del prototipo e distruggendo l'ambiguità del connubio: stavolta non è la Bella che estenua la Bestia, ma la porca società che mitraglia la più banale e appagata delle love story." (Valerio Caprara, 'Il Mattino, 17 dicembre 2005)
"Il regista neozelandese Peter Jackson non risparmia precisazioni per collocare la favola nel contesto d'epoca: lavorando mirabilmente di computer su vecchie foto, fa emergere nel prologo un suggestivo quadro della Depressione per le vie di New York. Le folle in movimento, il traffico già intenso delle macchine, le luminose a Times Square, gli hobos, le minestre della Salvation Army, folate di jazz, numeri di vaudeville. (...) La spedizione di salvataggio incappa in mostri di ogni sorta con un'insistenza controproducente. Per frenare l'esuberanza del regista, qualcuno avrebbe dovuto ricordargli che dalla copia del '32 fu tagliato un attacco di ragni giganti perché "toglievano a Kong il primato della terribilità". Altrettanto pleonastiche sono le vicende dei personaggi minori. Dal momento in cui la Bestia stordita dal cloroformio finisce in catene, la Bella dimenticando i rischi corsi diventa la sua sfegatata paladina in un trasporto che banalizza l'erotismo di Fay Wray nel film originale. Tutta la sequenza di New York, con Kong che fugge dal palcoscenico, gli sconquassi nella metropoli, il ricongiungimento con la bionda ispiratrice al suono di musiche soavi e la scalata al grattacielo fanno scadere la faccenda a livelli risibili. Dopo il finale abbraccio consolatorio in vetta all'Empire fra Brody e Watts, gli spettatori di questo film monumentale e stupidissimo sfollano rassicurati dalla prospettiva che l'eroe sposerà la vedova Kong." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 17 dicembre 2005)
"Sono 80 le variazioni sul mito dello scimmione in amore, una fu proposta anche a Fellini. Dal film del '33 a questo, ci sono 199.328.000 dollari di differenza. Si vedono. Così è diversa l' ingenuità nella love story tra King, romantico come Mina, e la biondina nella New York depressa magnificamente ricostruita (stile digitale ma caldo) dal Signore Jackson degli anelli. Film spettacolo di tre ore con momenti intensi e belli, in tre capitoli: il primo conradiano, di mare verso il cuore di tenebra; il secondo da Lévi-Strauss ma con troppi selvaggi e mostri preistorici (fuga e lotta divertenti); poi il ritorno a casa e finale sull'Empire. Dentro al remake ci sono forse gli incubi di oggi e un bravo attore, Jack Black, che mima Orson Welles. Scene cult: Naomi Watts che si esibisce, come un provino, per il bestione; e i due che pattinano al Central Park come Astaire-Charisse in Spettacolo di varietà." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 7 gennaio 2006)