IL PRIMO CAVALIERE

FIRST KNIGHT

USA 1995
Uno dei cavalieri della Tavola Rotonda, Sir Malagant, abbandona la corte di Camelot manifestando il desiderio di potere: incendia i villaggi di confine per soggiogare la coraggiosa regina di Leonesse, Ginevra, cui propone un trattato di pace capestro. Rassicurata dal fedele Oswald, costei ha intenzione di sposare re Artù di Camelot non solo per essere protetta ma anche perché, essendo stato amico di suo padre, il sovrano l'ha colpita per saggezza e intelligenza. Ma nel viaggio verso Camelot ella viene rapita dagli scherani di Malagant: lanciatasi dalla carrozza nel bosco sarebbe sopraffatta se Lancillotto, un cavaliere di ventura, non la salvasse, strappandole un bacio e suscitando nella donna un certo turbamento che lei maschera con molta dignità. Durante i preparativi delle nozze tra Ginevra ed il re Artù, a Camelot giunge Lancillotto che vince in una giostra la gara di destrezza: cavallerescamente non riscuotendo il premio, che consiste in un bacio della bella Ginevra, suscita la simpatia di Artù, che lo invita a rimanere. Fallito un ultimo tentativo di conciliazione con Malagant, costui rapisce Ginevra e la rinchiude nel suo diruto maniero, dal quale Lancillotto, fingendosi messo reale, la libera. Cresce l'amore tra i due, anche se ancora trattenuto dall'onore, e il prode narra a Ginevra la terribile esperienza di quando fanciullo vide i suoi massacrati in una chiesa. Successivamente raggiunta Camelot, Ginevra va sposa ad Artù e Lancillotto viene nominato primo cavaliere della Tavola Rotonda. Poichè Malagant, nel frattempo, ha conquistato Leonesse, Artù ed il suo esercito intervengono per riprenderla. Dopo la battaglia vittoriosa Lancillotto decide di andarsene e va a salutare la regina, ma questa gli chiede un bacio d'addio. Il re li sorprende e decide di sottoporli a giudizio, che viene però interrotto da Malagant che è penetrato nel frattempo in Camelot. Artù, invece di umiliarsi di fronte al tiranno, sacrifica la sua vita incitando il popolo alla rivolta: Lancillotto nello scontro uccide il malvagio Malagant. Le ultime parole del re affidano a Lancillotto il regno e la donna amata.
SCHEDA FILM

Regia: Jerry Zucker

Attori: Sean Connery - Artu', Richard Gere - Lancillotto, Julia Ormond - Ginevra, Ben Cross - Malagant, Liam Cunningham - Agravaine, Christopher Villiers - Sir Kay, Paul Kynman - Mark, Jane Robbins - Elise, Valentine Pelka - Sir Patrise, Ralph Ineson - Ralf, John Gielgud - Oswald, Marie Coffey - Petronella, Alexis Denisof - Sir Gaheris, Colin McCormack - Sir Mador, Paul Bentall - Jacob, Stuart Bunce - Peter

Soggetto: David Hoselton, Lorne Cameron, William Nicholson

Sceneggiatura: William Nicholson

Fotografia: Adam Greenberg

Musiche: Jerry Goldsmith

Montaggio: Walter Murch

Scenografia: John Box

Costumi: Nanà Cecchi

Effetti: George Gibbs

Durata: 134

Colore: C

Genere: AVVENTURA

Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI

Tratto da: "LA MORTE DI ARTU' " DI THOMAS MALORY

Produzione: JERRY ZUCKER, HUNT LOWRY PER FIRST KNIGHT PRODUCTIONS - COLUMBIA PICTURES CORPORATION

Distribuzione: COLUMBIA TRISTAR IFLM ITALIA - VIDEO E DVD: COLUMBIA TRISTAR HOME VIDEO (WINNERS, SPEAK UP)

NOTE
- REVISIONE MINISTERO OTTOBRE 1995.

- ART DIRECTION: GILES MASTERS, STEPHEN SCOTT.
CRITICA
Nei vecchi film ispirati alla stessa storia si potevano rintracciare i segni di un Medioevo rivissuto e rivisitato. Preoccupazione che non ha sfiorato il pur abile Jerry Zucker, già esperto di "aerei più pazzi del mondo" e di fantasmi (Ghost), che per questo film sembra si sia preoccupato soprattutto di modernizzare (e nel contempo di smedievalizzare) la vicenda ricorrendo a situazioni storicamente poco attendibili in cui Lancillotto, nelle vesti seducenti di Richard Gere, sta fra un samurai e Indiana Jones, la ardimentosa Ginevra non gli è da meno nei ripetuti salvataggi di cui è protagonista, il bieco Malagant è il cattivissimo antagonista e re Artù, impersonato da Sean Connery, porta con nobiltà tutta moderna il dolore del sospetto per l'amore tradito. (Gazzetta del Mezzogiorno, Vito Attolini, 1/10/95)
Va un po' così Il primo cavaliere (First knight), decisamente fuori dalla leggenda del ciclo bretone cavalleresco cui si ispira, riducendolo a una semplice questione di corna, alla faccia del giansenismo cinematografico di Bresson e Rohmer. (Corriere della Sera, Maurizio Porro, 2/10/95)
Chissà che cosa ha spinto Zucker a confrontarsi con la guerresca/romantica saga. I soldi si vedono tutti, ma non c'è un palpito di emozione vera, i duelli sono mosci, i confronti virili sbiaditi, i paesaggi ritoccati vistosamente al computer. Siamo dalle parti del Robin Hood di Kevin Costner, ma senza l'ironia sopra le righe e la grinta spettacolare di quel film. Zucker immerge l'amore tribolato di Lancillotto e Ginevra in un Medioevo da favola che contraddice la moda imperante: Camelot è un regno di Utopia dai tetti azzurrini e dai muri pastello, dove nessuno infrange la legge del democratico Re Artù. Nessuno, a parte il bieco cavaliere nero Malagant, il Male in carne ed ossa, che infatti vive in una specie di antro color petrolio che dà direttamente sull'inferno. Avrete capito che Il primo cavaliere è un film fatto più dallo scenografo e dalla costumista che dal regista. Tutto giocato sul contrasto delle tinte e degli ambienti, come in un cartone animato di Disney interpretato da attori in carne ed ossa. Ci sono naturalmente sequenze suggestive, come la battaglia notturna al chiaro di luna, con quelle armature al galoppo che assumono rifrangenze strane; ma nell'insieme il film procede fiacco e inerte, sprecando persino la partecipazione illustre di Sir John Gielgud. (L'Unità, Michele Anselmi, 27/9/95)
E non mancano naturalmente gli ingredienti canonici del genere come duelli violenti, battaglie sanguinarie, macchine da guerra, cavalli e cavalieri, le riunioni rituali intorno alla Tavola Rotonda. Se poi i due uomini amati da Julia Ormond si chiamano Sean Connery e Richard Gere, due sex symbol di generazioni diverse, allora il successo dovrebbe essere garantito. La rivalità amorosa però è troppo stucchevole e si regge su una complicità da perversione erotica che non c'è e l'attore buddista appare troppo moderno per il personaggio, una sorta di "american gigolò" versione medievale. (Il Mattino, Alberto Castellano, 30/9/95)
"Movimentato, sgargiante e ultrafantasioso fumettone in costume dell'irriverente Jerry Zucker, che rivisita a modo suo la leggendaria sagra medioevale, riempiendolo lo schermo di avventure a perdifiato e, che affronto, anticipando la dipartita (sullo schermo) del grande Sean Connery. Julia Ormond sgrana gli occhini davanti a Richard Gere: mai visto un burino di tal fatta". (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 17 gennaio 2001)