Il grande cocomero

FRANCIA 1993
A Roma Valentina, una dodicenne soprannominata Pippi, figlia di Cinthya e Marcello arricchiti ma senza ideali, in seguito ad un attacco di epilessia viene ricoverata nel reparto di neuropsichiatria infantile. Un giovane psichiatra, Arturo - appena uscito da una crisi coniugale che sta sforzandosi di esorcizzare - sebbene convinto che il caso sia piuttosto di natura neurologica che psichiatrica, accoglie la ragazzina nel suo reparto, preso da spontaneo interesse per lei. Pippi rivela subito un carattere scontroso e provocatorio, e risulta in difficile rapporto con i genitori, per cui Arturo si propone di tentare con lei una terapia analitica, studiandone attentamente le reazioni al fine di riportarla alla normalità. Nota così che nell'ambiente familiare, superficiale e contraddittorio, perché contemporaneamente protettivo ma di reciproca indifferenza, Pippi non trova né sicurezza né affetto, e viene praticamente lasciata sola a se stessa, mentre nel reparto da lui diretto, malgrado le carenze strutturali e organizzative e l'insufficienza di personale la ragazzina trova interessi e affetto, specie nel terapista - al quale piano piano si apre con crescente fiducia - e in una bimba cerebrolesa cui dedica il proprio tempo e le proprie attenzioni. Sarà proprio la morte della bimba - cui non è forse estranea una terapia troppo intensiva - a scatenare il rifiuto di Pippi nei confronti di Arturo e a indurla a un'autocrisi epilettica di protesta, che fornirà allo psichiatra la chiave di un appropriato intervento per condurre Pippi alla guarigione.
SCHEDA FILM

Regia: Francesca Archibugi

Attori: Sergio Castellitto - Arturo, Alessia Fugardi - Pippi, Anna Galiena - Cinthya, Armando De Razza - Marcello, Silvio Vannucci - Gianni, Victor Cavallo - Don Annibale, Lidia Broccolino - Laura, Alessandra Panelli - Fiorella, Laura Betti - Aida

Soggetto: Francesca Archibugi

Sceneggiatura: Francesca Archibugi

Fotografia: Paolo Carnera

Musiche: Battista Lena, Roberto Gatto

Montaggio: Roberto Missiroli

Scenografia: Livia Borgognoni

Costumi: Paola Marchesin

Aiuto regia: Elisabetta Boni

Altri titoli:

La grande citrouille

The Great Pumpkin

La grosse pastèque

Durata: 101

Colore: C

Genere: PSICOLOGICO DRAMMATICO

Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI

Produzione: LEO PESCAROLO, GUIDO DE LAURENTIIS, FULVIO LUCISANO PER ELLEPI, CRYSALIDE, MOONLIGHTFILMS , RAI UNO

Distribuzione: ITALIAN INTERNATIONAL FILM - SKORPION ENTERTAINMENT, L' UNITA' VIDEO

NOTE
- FILM SOSTENUTO DAL "FONDO EURIMAGES" DEL CONSIGLIO D'EUROPA.

- LE RIPRESE IN STRADA SONO STATE GIRATE NEL QUARTIERE SAN LORENZO A ROMA.

- REVISIONE MINISTERO MARZO 1993.

- 3 DAVID DI DONATELLO 1993: MIGLIOR FILM, MIGLIOR SCENEGGIATURA, MIGLIORE ATTORE (SERGIO CASTELLITTO).
CRITICA
"E' un'opera rara nel nostro cinema, perchè la storia di un neuropsichiatra infantile e dei suoi casi disperati non è raccontata per farci dividere il mondo del reparto psichiatrico in buoni e cattivi, ma piuttosto per spingerci a conoscere, cercare di capire, interrogarci: è un film che finalmente ti riconcilia col cinema. Esemplare. E' in sostanza un discorso di minoranze il cui peso va rivendicato soprattutto oggi che le maggioranze hanno espresso tutta la loro miseria attraverso i rappresentanti di cui per tutti gli anni ottanta si sono fatte opportunistiche complici. Avremmo voluto che il film fosse, in questo senso più lucido e largo, piu duro e amaro. Rischia, così com'è, di offrire alibi consolatori alle maggioranze che non se li meritano proprio, e che tendono spesso a impossessarsi di ciò che non hanno voluto e fatto, che hanno anzi posteggiato. Più in generale direi che i grandi pregi di onestà del film possono essere dei limiti." (GoFfredo Fofi, 'Panorama').

"Davanti a un film così ricco di pudore e di poesia si esita a spendere parole." (Enzo Siciliano, 'L'Espresso').

"Il fascino di una narratrice ormai matura come la Archibugi è nella capacità di coniugare Rossellini con Dickens, l'osservazione della realtà e il grande romanzo. A questo film si piange perchè lo spettacolo della vita con i suoi dolori non può lasciare indifferenti; e tuttavia si sorride, talvolta si ride." (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera').