E la vita continua

Zendegi va digar hich

IRAN 1991
Dopo il terribile terremoto che sconvolse il nord dell'Iran nel 1990, un padre e suo figlio partono in macchina verso questa regione devastata per sapere cosa è accaduto ai due giovani eroi del film "Dov'è la casa del mio amico?". Durante il viaggio che li conduce verso il villaggio dei ragazzi, scoprono che, malgrado le numerose vittime e la vastità della distruzione causata dal terremoto, per i sopravvissuti al disastro la vita continua...
SCHEDA FILM

Regia: Abbas Kiarostami

Attori: Farhad Keradmand, Puya Paevar

Soggetto: Abbas Kiarostami

Sceneggiatura: Abbas Kiarostami

Fotografia: Homayoun Payvar

Montaggio: Changiz Sayad, Abbas Kiarostami

Costumi: Hassan Zahidi

Altri titoli:

Life, and Nothing More...

And Life Goes on...

Durata: 91

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI

Produzione: ALIREZA ZARIN PER INSTITUTE OF THE INTELLECTUAL DEVELOPMENT OF CHILDREN AND YOUNG ADULTS

Distribuzione: CADMO FILM - CECCHI GORI HOME VIDEO

NOTE
- TECNICO DEL SUONO: HASSAN ZAHEDI, CHANGIZ SAYAD.

- LE COMPARSE SONO ABITANTI DI RUDBAR E ROSTAMBAD.

- PRIX GINE DE COUVERTES, BELGIO 1992.

- PREMIO SPECIALE DELLA CRITICA AL SAO PAOLO INTERNATIONAL FILM FESTIVAL, 1993.

- PREMIO FRANCOIS TRUFFAUT AD ABBAS KIAROSTAMI AL GIFFONI FILM FESTIVAL 1992.
CRITICA
"A Kiarostami serve non soltanto per fare un ritratto tutto dall'interno di quel rapporto padre e figlio che lega i due viaggiatori, ma per evocare, dal vivo e sul posto, le nuove situazioni in cui si imbattono, date con modi di rappresentazione semplicissimi, quasi lineari, che spesso, tuttavia, tra le pieghe della realtà, accettano anche il simbolo: a indicare, con antenne televisive ed automobili, i cambiamenti che stanno segnando il nuovo tessuto sociale dell' Iran: lasciando però la gente ancora intatta ed immutata. Lo stile abituale di Kiarostami, perciò: l'osservazione dal vivo, impersonale e distaccata come, appunto, quella con cui Rossellini si accostava a cose e persone, ma anche, per il gusto orientale di cui poi è nutrita, con la possibilità di ricomporre il reale secondo linee e segni che ce lo ripropongono sempre in cifre di forte impatto visivo, senza piegarsi ad una ricerca figurativa fine a sé stessa, ma arrivandoci quasi istintivamente, tramite la rappresentazione ricostruita del concreto. Un cinema sul vero, che però guarda anche, con finezza, alla pittura." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 5 marzo 1994)

"In 'E la vita continua', girato con l'apparenza di un documentario alcuni mesi dopo la catastrofe, Kiarostami inventa una coppia, un uomo e il suo figlioletto, e a bordo di una Renault gialla gli fa ripercorrere il suo itinerario di quei giorni, lungo strade intasate dal traffico dei soccorsi e in uno scenario devastato. Ma è una luminosa, azzurra giornata: dietro le macerie si disegnano chiari i contorni delle montagne, le fronde ondeggiano al vento, la natura ha riacquistato la sua calma maestosa. Confrontati allo spettacolo di un dramma vissuto dai superstiti con dignitosa rassegnazione, rimettendosi alla volontà di Dio, i due viaggiatori non sono da meno dei loro interlocutori. Laddove molti avrebbero inscenato strazi e sangue, qui viene fuori un quadro di speranza e umana solidarietà, venato da qualche spunto umoristico. Se la morale di 'E la vita continua' è ben spiegata dal suo titolo, la poetica di Kiarostami è tutta condensata nell' atteggiamento di riservata e olimpica partecipazione che esibiscono i protagonisti, l'adulto e il bambino: dietro i quali si cela un autore che, ispirandosi alla grande lezione di Rossellini, sa come riflettere sullo schermo l'illusione della realtà." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 18 marzo 1994)

"'E la vita continua' è una testimonianza cinematografica che non offre, non compra e non vende risposte precostituite. Non sapremo mai se quei ragazzi sono ancora vivi. Ma certo è che - nel bellissimo epilogo del film - il cinema e la vita sembrano congiungersi in un momento di perfetta armuità. Inquadrata dall'alto, mentre sta per intraprendere una salita ripidissima, l'automobile del protagonista arranca, si arresta, va avanti, accelera, retrocede, scivola giù, risale. Intorno a lei, una landa desolata. Le rovine. Un uomo che vagabonda e chiede forse solidarietà. Nessun rumore, tranne quello del motore. La macchina da presa è lontana, impercettibile, piccolissima. Se non è questo il cinema che abbraccia la vita dite voi cos' altro è." (Fabio Bo, 'Vivicinema')