Diamante nero

Bande de filles

3.5/5
Potere, identità e gender in un coming of age di grande sensibilità (politica). Celine Sciamma conferma quanto di buono aveva fatto vedere in Tomboy

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FRANCIA 2014
La 16enne Marieme è oppressa dall'ambiente familiare e sociale in cui vive. L'incontro con altre tre ragazze dallo spirito libero, però, cambierà tutto: Marieme diventa Vic, cambia look, lascia la scuola e insieme alle ragazze della banda inizia a vivere la sua nuova, spensierata giovinezza...
SCHEDA FILM

Regia: Céline Sciamma

Attori: Karidja Touré - Marieme/Vic, Assa Sylla - Lady, Lindsay Karamoh - Adiatou, Marietou Touré - Fily, Idrissa Diabate - Ismaël, Simina Soumare - Bébé, Cyril Mendy - Djibril, Djibril Gueye - Abou

Sceneggiatura: Céline Sciamma

Fotografia: Crystel Fournier

Musiche: Para One

Montaggio: Julien Lacheray

Scenografia: Thomas Grézaud

Altri titoli:

Girlhood

Durata: 112

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: SCOPE, DCP (1:2.35)

Produzione: HOLD-UP FILMS & PRODUCTIONS, LILIES FILMS, IN ASSOCIAZIONE CON ARTE FRANCE CINÉMA

Distribuzione: TEODORA FILMS (2015)

Data uscita: 2015-06-18

TRAILER
NOTE
- REALIZZATO CON LA PARTECIPAZIONE DI CNC; CON IL SOSTEGNO DI: FOND IMAGES DE LA DIVERSITÉ, ACSÉ-AGENCE NATIONALE POUR LA COHÉSION SOCIALE ET L'ÉGALITÉ DES CHANCES, RÉGION ILE-DE-FRANCE; PARTNER: CNC; CON LA PARTECIPAZIONE DI: CANAL +, ARTE FRANCE, CINÉ +; IN ASSOCIAZIONE CON: ARTE/COFINOVA9.

- FILM D'APERTURA ALLA 46. QUINZAINE DES RÉALISATEUR (CANNES 2014).
CRITICA
"Non ci sono proclami, denunce, moralismi, speranze di avvenire migliore: c'è solo la registrazione di fatti che accadono, di insicurezze, di spezzoni di vita ordinaria dove è difficile mettere ordine, tirare le fila e quindi anche compilare ideologia. Ben recitato, ben mixato, col rischio di sembrare una fin troppo gradevole commedia." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 18 giugno 2015)

"Parigi, 1995. Nelle sale francesi e poi in tutto il mondo esplode 'L'odio' di Mathieu Kassovitz, annettendo al cinema un territorio quasi vergine. Invisibili fino a quel giorno, le 'banlieues' multietniche imponevano di colpo la loro presenza brulicante non solo di conflitti ma di personaggi, posture, linguaggi, come una riserva inesauribile di immaginario. Luoghi esplosivi in senso cinematografico oltre che sociologico. E comunque indispensabili per capire il presente. Vent'anni più tardi, cioè oggi, l'autrice 37enne del ntevole 'Tomboy' ci ricorda quanto c'è da scoprire ancora in quelle 'cités', così spesso banalizzate nel frattempo, puntando l'obiettivo su una piccola gang di ragazze di pelle nera, come tutti nel loro quartiere. Senza moralismi, senza facile sociologia, senza giudicare o 'denunciare' alcunché. Ma offrendo alle sue protagoniste, più semplicemente e più radicalmente, il diritto di esistere. Cioè di vivere fino in fondo, di sognare, di divertirsi, di raccontarsi. In breve: di mettersi in scena. (...) sono anzitutto personaggi strepitosi, pieni di desideri, di fantasia, di passioni, anche se hanno vite tutt'altro che facili. Come le ragazze scelte per interpretarle, perché tutto è scritto fino all'ultima virgola ma c'è dietro una lunga ricerca sul campo. E in fondo ogni scena del film si gioca su questo principio: come opporre alla durezza del reale la leggerezza del gioco, come ridisegnare la vita a proprio piacimento. Almeno in quegli anni, quando devono ancora crescere ma sono tutte insieme, e possono imporre i loro gusti e le loro regole. Anche con le maniere forti se serve, perché così funziona nel loro mondo. (...) E se il nuovo Antoine Doinel fosse donna, nera e sottoproletaria? Per la Francia e il cinema di oggi non sarebbe una cattiva idea." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 18 giugno 2015)

"Dire che 'Diamante nero' è un film formidabile non basta: coloro (speriamo in molti) che andranno a vederlo capiranno con occhi, cuore e viscere ciò che separa una visione motivata, sfrontata e muscolare delle problematiche delle periferie abbandonate e le feroci tensioni interetniche dalle lagne edificanti e le coazioni a ripetere del progressismo prêt-à-porter. La regista Sciamma aveva già stupito con 'Tomboy' e il suo delicato meccanismo di suspense sessuale, ma in questa scatenata ballata di ragazze nere liberate da qualsiasi didascalia sociologica e moralismo salvazionistico riesce a profondere la sensibilità di una specificità femminile e un'apertura alla vita duramente condizionate eppure determinate, estremamente riconoscibili eppure universali. Non c'è un solo fotogramma del film (...) in cui la «bande des filles» (il titolo originale) cede agli stereotipi che sono spesso più subdoli del razzismo o s'inquadra in un modello dimostrativo cosiddetto impegnato (...). 'Diamante nero' non soffre di sbalzi di stile e tantomeno di ritmo perché non sente il bisogno di giustificare il suo teorema sulla conquista e la perdita del potere mediante la (ri)scoperta del proprio corpo e della propria mente. L'intelligenza della regista le vieta di teorizzare alcunché sull'esplosiva condizione delle periferie, ma cerca di fare ciò che è consentito al linguaggio del cinema ovvero tradurre narrativamente la miscela di spavalderia e confusione, ignoranza e consapevolezza, tenerezza e rabbia di cui sono portatrici le bullette sexy nella loro strenua lotta quotidiana per sfuggire a un'amara predestinazione." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 18 giugno 2015)

"Al pari di 'Water Lilies' e 'Tomboy', che sono i primi due film realizzati dalla francese Céline Sciamma, anche 'Diamante nero' è un piccolo, fresco romanzo di formazione adolescenziale. (...) Anche se il film fa intuire che in realtà sono i problemi di razza e ceto a condizionare le scelte di Marieme e compagne, la Sciamma si mostra soprattutto interessata a disegnare un ritratto ravvicinato delle sue fanciulle in fiore: cogliendone la sensuale femminilità, fragilità e dolcezza quando danzano o amano; e la mascolina prepotenza di modi quando giocano a rugby, rubano o provocano." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 18 giugno 2015)

"Céline Sciamma (...) con 'Diamante nero' (inconsulta traduzione di 'Bande de Filles') firma per qualche verso il (non) sequel del successo 'Tomboy': il focus è sempre sull'identità, Marieme è un altro maschiaccio che cerca di affrancarsi da una società maschilista, dall'incasellamento di genere, dall'instradamento di classe. Lotta, le prende, non abbassa lo sguardo: ha coraggio da vendere e non vendersi e, se ancora non sa che vuole, sa che cosa non vuole. Il film la tallona, la interroga, ma quanto ne cava? La Touré non brilla di forza espressiva, non trasmette empatia: Sciamma gira bene e usa ottimamente le musiche, ma 'Tomboy' era un'altra cosa." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 18 giugno 2015)

"Crudo e crudele dramma francese attorno al disagio e all'ansia di riscatto di una giovanissima emarginata. (...) Un film coraggioso, che però rischia l'effetto boomerang." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 18 giugno 2015)

"Un film da non perdere, trascinante come la sua musica (e non solo Rihanna e 'beautiful like a diamond in the sky'), commuovente, scanzonato, che ci fa conoscere delle ragazzine, adolescenti, nere delle periferie da vicino e fuori, o meglio contro gli stereotipi in cui vengono solitamente imprigionate. Ma 'Bande des filles' nuovo film di Céline Sciamma non è un film «sulla» vita difficile nelle periferie francesi - casomai sulla vita difficile nell'adolescenza tout court. L'autrice di 'Tomboy' (...) torna infatti alle sue passioni, gender, identità, femminile per comporre un romanzo di formazione, della scoperta di sé e del proprio essere al mondo il cui «strumento» privilegiato è ancora una volta il corpo. E cosa di più esprime disagio di una sedicenne che vive (appunto) nella banlieue francese schiacciata tra un esterno e un interno entrambi di feroce aggressività? (...) La materia narrativa con cui Sciamma si confronta è estremamente delicata: il film «banlieue», la cintura parigina dura di Hlm, le case popolari a alta concentrazione di scontro, abitate in maggioranza da neri o maghrebini, francesi certo, ma come si dice con quella patina di distorsione ipocrita del linguaggio oggi ('adieu au langage' diciamo con Godard) di «origine» altra. Per questo, e non solo, negli anni il paesaggio della banlieue è diventato letteratura (per capirsi in Italia saremmo dalle parti di Scampia/'Gomorra'): criminale, poliziesca, compassionevole, punitiva, a suon di rap e di immagini pompate e muscolose, ritmi fagocitati e notti incendiarie. Sciamma sposta il punto di vista radicalmente. Non che quella realtà non vi sia, anzi è presente e con forza drammatica, ma il movimento del racconto che mette al centro la protagonista e le sue amiche cerca piuttosto la dimensione quotidiana di una lotta per la libertà. Confusa come si può essere solo da adolescenti, ed eroica nei suoi fallimenti e nella sua incertezza. Lo sguardo della regista segue Marieme e le sue trasformazioni con amore. Le ama queste ragazze che insieme a lei non devono dimostrare nulla, non sono «modelli» sociali anche se somigliano a tante altre che capita di incontrare nel metrò parigino in zona Les Halles. Ma nemmeno incarnano una statistica da cinema «impegnato» che assolutizza i propri tempi. Sono al contrario personaggi unici, e semplicemente se stesse, miscela magnifica di spavalderia e tristezza, dubbi e ricerca incessante di un posto al mondo. Così le filma la regista, piene di vita in una trasformazione anche dolorosa che rifiuta le etichette e i ruoli già decisi, vicine e complici, lei e le ragazze, ma sempre nella distanza di una dimensione narrativa che inventa personaggi senza nascondersi nella «realtà». II «gender» delle ragazze diviene una scommessa di «genere» allargato, campo di battaglia culturale in cui si confrontano i modelli di rappresentazione e di appartenenza dei personaggi (la scena in cui la ragazza arriva nel cuore della notte dal ragazzo amato è bellissima) e della regista che per avvicinarli interroga il cinema(e l'immaginario) scompigliandone le categorie. Col soffio amoroso delle sue indomite stelle." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 17 giugno 2015)