Ballo a tre passi
"Primavera": quattro bambini, Andrea, Peppeddu, Macangiu e Istene scoprono il mare che non avevano mai visto prima.
"Estate": Michele, un giovane pastore conosce Solveig, una ragazza francese piombata sulla spiaggia con il suo aeroplano, e se ne innamora.
"Autunno": una giovane suora torna al suo paese per il matrimonio di una parente e durante i festeggiamenti viene colta dalla malinconia.
"Inverno": un anziano attraversa la città di notte alla ricerca di una prostituta, che porta a casa, ma muore prima di consumare l'amplesso.
- Regia:
- Attori: - Solveig, - Francesca, - Andrea, - Macangiu, - Peppeddu, - Istene, - Marieddu, - Padre Marieddu, - Michele, - Massimo, - Peppuccia, - Peppeddu, - Pera, - Ziu Predu, - Giuseppe, - Simona, - Maddalena, - Luca, - Agustin, - Giovanna, - Giorgio, - Palla, - Travestito
- Soggetto: Salvatore Mereu
- Sceneggiatura: Salvatore Mereu
- Fotografia: Renato Berta, Tommaso Borgstrom, Nicolas Franik, Paolo Bravi
- Musiche: Giampaolo Mele Corriga
- Montaggio: Paola Freddi
- Scenografia: Giada Calabria
- Costumi: Stefania Grilli, Silvia Nebiolo, Valentina Scalia
- Durata: 107'
- Colore: C
- Genere: DRAMMATICO
- Specifiche tecniche: 35 MM
- Produzione: GIANLUCA ARCOPINTO E ANDREA OCCHIPINTI PER EYESCREEN
- Distribuzione: LUCKY RED
- Data uscita 19 Settembre 2003
RECENSIONE
All’inizio era soltanto un cortometraggio. E si vede. Nato su commissione dell’Istituto Superiore di Etnografia Sardo, per documentare lo stato dell’infanzia nell’entroterra dell’isola. Poi l’esordiente Mereu si è appassionato, ha scoperto una realtà che lui stesso ignorava, e così è diventato un film. Ma si vede anche questo. Quello che ne risulta è un lungometraggio anomalo, con una struttura narrativa forse poco originale, ma giustamente premiato alla Settimana della Critica. Fino a ieri ad insegnare in aula, Mereu gioca sul parallelismo tra stagioni dell’anno e stagioni della vita, per confezionare quattro episodi che, come lui stesso dice, “non hanno tra loro evidenti rapporti di causa-effetto, se non nella contiguità fisica di alcuni personaggi”. Dal punto di vista narrativo sembra un’acrobazia funzionale a giustificare il passaggio dall’idea originaria al risultato finale. Da quello dei contenuti e della forma, si dimostra invece un’operazione di grande interesse. Più coerenti e riusciti sono indubbiamente i due episodi iniziali. Guidati dal filo rosso della “scoperta”, stupiscono per lo spessore antropologico e la sensibilità registica di Mereu. Nel primo, segue il viaggio di un gruppo di bambini verso il mare che non avevano ancora mai visto. L’intensità del racconto passa per dialoghi incomprensibili, gesti, sguardi che dicono più di mille parole. Gli stessi, con cui il pastore del secondo episodio comunica il suo amore a una turista francese. Lei parla un’altra lingua, lui, da sempre vissuto sulle montagne, non ne parla nessuna. E qui Mereu riesce in un affresco di rara bellezza. Tanto silenzioso, quanto carico di emozioni. Il regista scivola poi nel finale. Guarda caso, proprio quando i suoi personaggi ritrovano la parola, ma perdono la poesia dei due primi episodi. Più interessante il terzo, nel quarto scomoda un finale felliniano davvero un po’ troppo ambizioso.
NOTE
- VINCITORE DELLA 18MA SETTIMANA DELLA CRITICA DEL FESTIVAL DI VENEZIA 2003 CON LA MOTIVAZIONE: "PER LA FORZA CON CUI IL REGISTA RAPPRESENTA DIVERSE CONDIZIONI ESISTENZIALI, RIUSCENDO ANCHE A DARE UN VALORE UNIVERSALE AD UNA REALTA' LOCALE."
- DAVID DI DONATELLO 2004 A SALVATORE MEREU COME MIGLIOR REGISTA EMERGENTE.
- LA MUSICA E' ESEGUITA DAL 'CORO DI NUORO'.
CRITICA
"'Ballo a tre passi' di Salvatore Mereu è come un albero fiorito con radici nell'antropologia e tronco e fronde nella favolistica. (...) Da antologia il brano della festa scompaginata dalla pioggia. Meno convincente, intellettualistico, l'inverno: breve incontro di un anziano pensionato con una prostituta, con l'ometto che si invola nei cieli della morte salutato da un corteggio alla '8 ½'". (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 20 settembre 2003)
"'Ballo a tre passi' è un film antinarrativo e un po' arcano, fatto di risonanze e di suggestioni più che di eventi veri e propri; dove i personaggi si sfiorano: nel senso che i protagonisti di un episodio s'intravedono, di scorcio, negli altri. Però l'idea più suggestiva è stata quella di ambientarlo in una Sardegna assolutamente inedita per lo schermo, al confine tra arcaismo e globalizzazione; facendo giustizia, in un colpo solo, delle banalità del folklore come di quelle del cinema turistico". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 20 settembre 2003)