A 30 secondi dalla fine

Runaway train

USA 1985
Dopo essere stato ingiustamente posto in segregazione per tre anni dal malvagio Danken, direttore del duro carcere di Stonehaven (Alaska), l'anziano Manny evade attraverso il liquame delle fogne. Con lui decide di fuggire Buck, un giovanotto che è in galera per scontare un reato di violenza carnale. Con trenta gradi sotto zero e a malapena coperti di stracci, i due riescono a salire su di un convoglio di quattro locomotori in trasferimento. Ma d'improvviso il macchinista muore d'infarto e Manny con il compagno si trovano lanciati verso l'ignoto su di un treno letteralmente impazzito. Alla Centrale operativa, dove si ignora la morte del macchinista, non si può che tentare di istradare da un tratto all'altro il convoglio su binari secondari, ma uno scontro tuttavia si verifica presto, anche se il treno continua la sua corsa. Intanto Danken, il direttore del carcere, ad altro non pensa che a cercare e punire i fuggiaschi, i quali si danno da fare per cercare di arrestare in qualche modo lo spaventoso viaggio. Sul locomotore in cui si trovano, scoprono la presenza di una giovane donna (Sara), una impiegata della Compagnia ferroviaria, che casualmente si trovava sul treno. Tutti e tre vorrebbero arrivare al locomotore di testa, l'unico dal quale si può tentare di fermare il treno. Appreso finalmente che, durante il passaggio dei locomotori, qualcuno dei posti di blocco ha visto tre persone, Danken decide di calarsi da un elicottero armi alla mano per catturare gli evasi. Alla centrale un giovane tecnico che sovrintende alle operazioni inoltra il convoglio su di un binario in disuso, pur di evitare che esso piombi su di una struttura industriale, con danni e perdite incalcolabili. Il suo piano condanna, comunque, il treno a finire con il deragliare e schiantarsi tra boschi e rocce. Manny aggredisce il suo nemico calatosi dall'alto e lo incatena; poi riesce a sganciare gli altri locomotori per salvare Sara e Buck, mentre la corsa volge ormai al termine, con i due eterni nemici accomunati in un tragico destino di morte.
SCHEDA FILM

Regia: Andrei Konchalovsky

Attori: Jon Voight - Manny, Eric Roberts - Buck, Rebecca De Mornay - Sara, John P. Ryan - Danken, Kyle T. Heffner - Frank Barstow, Kenneth McMillan - Eddie Mcdonald, T.K. Carter - Dave Prince

Soggetto: Akira Kurosawa, Ryûzô Kikushima, Hideo Oguni

Sceneggiatura: Edward Bunker, Djordje Milicevic, Paul Zindel

Fotografia: Alan Hume

Musiche: Trevor Jones

Montaggio: Henry Richardson

Scenografia: Stephen Marsh

Costumi: Katherine Dover

Effetti: Rick Josephsen, Keith Richins, Ermando Biamonte, Makeup Effects Laboratories Inc.

Durata: 107

Colore: C

Genere: AZIONE

Specifiche tecniche: PANORAMICA

Tratto da: DA UNA SCENEGGIATURA DI AKIRA KUROSAWA

Produzione: GOLAN GLOBUS PER NORTHBROOK FILMS/CANNON

Distribuzione: DLF (1986) - VIDEO: MULTIVISION ((COLLECTION) - LASERDISC: RCS FILMS & TV, PHILIPS VIDEO CLASSICS

CRITICA
"Confermando il suo ottimo professionismo dopo 'Maria's Lovers', Andrei Konchalovsky gioca insomma su due tastiere: quella della peripezia a più di cento all'ora, col treno portato al rango di fantomatico personaggio nelle luci fredde del trenta sottozero, e quella del duello fra i due protagonisti, interpretati efficacemente da Jon Voight ed Eric Roberts, accomunati nell'impresa temeraria ma di carattere assai diverso: l'uno un criminale degno del suo sadico inseguitore, e tuttavia alla fine capace d'un gesto d'umanità, l'altro un giovane ancora attaccato alla vita ma non disposto a passare per vigliacco. Su ambedue i versanti il regista si muove col gusto dello spettacolo mozzafiato, assicurando al film il ritmo dovuto a questa storia di disperati e lasciandovi intravedere una metafora della società, costretta nel carcere dell'odio mentre la natura magnifica si conserva nel più impassibile gelo." (Giovanni Grazzini, 'Il Corriere della Sera', 1 Settembre 1989)

"Il meccanismo dell'azione, però, sottende un'intensa carica metaforica che lascia spazio alle più disparate interpretazioni simboliche: l'Alaska come la Siberia, il carcere come gulag; il treno sfrenato come il mondo impazzito in cui viviamo, o come il simbolo dell'intelligenza umana che irrompe in una natura ostile, la stazione di controllo; che smaschera il fallimento della moderna tecnologia; la corsa in treno come viaggio iniziatico nel rapporto tra Manny (J. Voight) e Buck (E. Roberts) che è anche una relazione tra padre e figlio; una riflessione sull'odio come fonte di umanità. Bisogna anche notare come Konchalovski si serve con intelligenza e libertà delle regole del cinema hollywoodiano d'azione: le accetta, ma non se ne fa schiavo. Bastano due esempi. Tutto il plot si fonda sull'antagonismo feroce tra Manny e Ranken, ma il regolamento finale dei conti è sbrigato con due colpi d'estintore. Tutto il film fa perno sull'attesa della collisione finale, ma, giuntovi dopo 110 minuti di tensione, Konchalovski lo risolve con un'immagine flou di un bianco che si dissolve nel bianco." (Morando Morandini, 'Il Giorno', 30 Agosto 1986)

"Il risultato, invece, in tutto il resto, è già fissato in anticipo, ci debbono essere orrore, terrore, sussulti e fiati mozzi, e quelli si raggiungono: ma come si vedono spesso nella sale cinematografiche in città il sabato e la domenica, come i produttori astuti, dediti al successo solido, usano chiedere all'artigiano esperto che convocano nei loro uffici per un film destinato a battere certi precisi record di incassi. Una mentalità, un cinema che non ho mai pensato di discutere - hanno tutti i diritti di vivere e di proliferare, hanno tanto spazio nelle sale e nel costume - ma che discuto, sempre, quando li vedo accettati, e fatti addirittura propri, da autori che una volta ho stimato e quando li vedo tenere il cartellone ad un festival che vorrebbe anche far cultura." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 29 Agosto 1986)