Un treno percorre un lungo tragitto dalla Germania fino a Roma. A bordo tante vite, differenti per età, storie, rapporti interpersonali. Tre storie le rappresentano raccontando, ognuno a proprio modo, l'amore, il sacrificio, la voglia di cambiare lo stato delle cose. E' una gioia assistere alla proiezione di questo lavoro costruito a sei mani da Ermanno Olmi, Abbas Kiarostami e Ken Loach. Un cinema ridotto all'essenza delle cose, forse più spinto verso una concezione "loachiana" per la capacità di raccontare il conflitto interno (non importa se positivo o negativo), di ogni singolo personaggio. Così dalla Germania iniziamo questo viaggio con un professore d'altri tempi, uno che crede ancora nell'amor cortese (interpretato da Carlo Delle Piane), nel rispetto per gli altri. E' stata una casualità a portarlo su quel treno (il suo volo per l'Italia è stato annullato) e li, seduto nel vagone ristorante, cerca di scrivere una lettera di ringraziamento, nei confronti della bella e dolce assistente, che in qualche modo incarna ciò di cui ognuno di noi ha bisogno per continuare a sperare. La parte diretta da Olmi (ma lo scarto fra le varie direzioni è veramente minimo), sembra sfiorare quella sfera intima ma universale. Sarà proprio il professore l'unico su quel treno, a restituire un bicchiere di latte ad un bimbo, che si è visto gettare il suo cibo da un scortese militare, controllore di una giustizia e sicurezza a volte mascherata da odio ingiustificato. Filippo invece è un giovane dai tratti comuni. Accompagna un'anziana signora verso la capitale. Le sue sono amorevoli cure. Ma in lui esiste una sorta di celata malinconia. La donna sbraita, si lamenta continuamente, insulta chiunque la voglia contraddire. Persino lo stesso ragazzo, un giovane obiettore che la sorregge amorevolmente. Ma a volte quel sentimento di amore o carità per il prossimo, non corrisposto, assume i connotati di un affronto nei nostri confronti, e nasce una giusta ribellione. Filippo ha alle spalle una strana storia. In treno incontra alcune vecchie conoscenze che ci aiutano a costruirne il passato e le problematiche connesse. Nel tratto finale di questo viaggio, ci troviamo insieme a tre ragazzi scozzesi che stanno andando a vedere la partita del Celtic della Champione League. E' Ken Loach a raccontarci del loro mondo. Quel treno diventa la sua Glasgow, il suo mondo di adolescenti senza inibizioni, sfrontati, a volte ruffiani, talmente suscettibili da diventare a volte molesti e sboccati. Ma con una grande umanità. Al centro della storia il furto, da parte di una disperata famiglia senza quattrini (la stessa aiutata dal gentile professore all'inizio), del biglietto del treno di uno dei ragazzi. Ne nasce un infinito dramma del furto, che nelle mani del regista britannico diventa un modo per riflettere sulle infinite possibilità dell'animo umano, pronto a riporre le armi nel nome di un gesto cortese, che nella società moderna sembra sempre più scomparire. E se a quell'atto di altruismo, corrisponde una multa, o il ricorso alle forze dell'ordine, alla fine di questo viaggio, ci troviamo catapultati in una dimensione goliardica, insieme a quei tre ragazzi e a tutte quelle vite che in un modo o nell'altro quel treno a cambiato.