Barricate,  cariche della polizia, lanci di bottiglie molotov, gas lacrimogeni: The Dreamers di Bertolucci finiva con i tre protagonisti che lasciano l'appartamento-involucro per gettarsi nelle strade parigine sconvolte dalle prime contestazioni del maggio francese. Les Amants Réguliers inizia in una notte illuminata dagli scontri, teatro accecante per mettere in scena il  passaggio di testimone tra due autori che molto hanno in comune: matrice culturale, concezione del cinema, innamoramenti cinefili, purezze estetiche, passioni musicali.  Ma se l'autore italiano ci aveva raccontato i turbamenti del cuore non estranei alla nascita del '68, Garrel tenta la difficile operazione di immergersi nel movimento per mostrarne i furori vitali e i limiti oggettivi. Lo sguardo è doloroso, disperato, per rivelare con un pudore unito a una spietata sincerità che il '68 fu una rivoluzione elitaria, borghese, intellettuale, esaltata e al contempo minata dall'emotività e dall'inadeguatezza tipiche della giovinezza. In primo piano la storia del giovane contestatore François (Louis Garrel, figlio di Philippe e anche protagonista in The Dreamers) e della scultrice Lilie (Clotilde Hesme) che scesi dalle barricate si incontrano nel lussuoso appartamento di un comune generoso amico sulle note di Vegas cantata da Nico, musa inquieta profondamente amata da Garrel. Finite le illusioni comincia la stagione della passione privata, non meno travolgente e amara di quella politica. Una stagione vissuta prevalentemente  in interni che riportano il film nello stesso spazio chiuso dove i protagonisti di The Dreamers avevano celebrato la perdita dell'innocenza. La differenza è che non si tratta più di scoprire i segreti della  sessualità, in gioco c'è la fedeltà ai propri ideali. Sopravvive chi accetta il compromesso,  si piega o fugge lontano, non adeguarsi è morire. Les Amants Réguliers elude così il rischio del mero viaggio alla ricerca del tempo perduto per rivelarsi opera profondamente radicata nel presente, che certo fotografa le disillusioni del '68 e le amarezze della post-rivoluzione, ma soprattutto mostra la perdita della vera innocenza, quella legata alla definitiva accettazione delle regole imposte dalla società. Un pulsante coacervo di temi che Garrel filtra attraverso il corpo del figlio, accarezzato dalla macchina da presa con la sensibilità e il rispetto dovuto a chi è diverso da sé eppure  profondamente e imprescindibilmente parte di sé. Amato alter ego.