"Siamo tutti ruscelli di una stessa acqua". Lo dice il poeta cileno Raúl Zurita, lo conferma questo straordinario lavoro di Patricio Guzmán, che dopo Nostalgia della luce (2010, grazie a I Wonder Pictures nelle sale congiuntamente), che partiva dal deserto di Atacama, prosegue in questo ideale dittico (il terzo capitolo potrebbe riguardare la catena montuosa delle Ande) un discorso documentaristico ed emozionale atto a fondere natura e storia, infinitezza del tempo e finitezza dell'uomo. Riprese aeree mozzafiato per sorvolare la Patagonia occidentale, il più grande arcipelago esistente al mondo, un bottone di madreperla incrostato nella ruggine di una rotaia in fondo al mare: è l'unica traccia rimasta dei desaparecidos di Villa Grimaldi a Santiago, il grande centro cileno di detenzione e tortura sotto la dittatura di Pinochet. Un fiume che scorre e il tintinnio delle cascate: è la canzone dell'acqua alla base della cultura dei Selknams, popolazione nativa sudamericana trucidata dai colonizzatori. Due massacri, e la memoria dell'acqua: sono le chiavi narrative per raccontare la storia di un Paese e delle sue ferite ancora aperte, per percorrere il Cile e la sua bellezza, il Cile e la sua violenza.

Un bottone, come quello con cui i colonizzatori inglesi pagarono "Jemmy Button", nativo della tribù degli Yámana, delle isole della Terra del Fuoco vicino Capo Horn, prelevato e portato in Inghilterra insieme ad altri per essere "educato e cristianizzato", per essere poi riportato nella sua tribù per "civilizzarla". "Viaggiò mille anni nel futuro e poi mille anni indietro, nel passato", come dice la voce narrante del film: esule tra la sua stessa gente, "Jemmy Button" non tornò mai più ad essere quello che era prima.

Forse, ci suggerisce Guzmán (regista che dopo il Golpe che ha rovesciato il governo di Salvador Allende è stato tenuto prigioniero allo Stadio Nazionale di Santiago, è stato minacciato di morte e ha abbandonato il Cile nel novembre '73) , l'acqua che circonda quelle terre custodisce in sé anche il ricordo di uomini (e donne) forzatamente cambiati dal tempo. E scomparsi. L'acqua nasconde (come anni più tardi fece con i corpi dei desaparecidos, impacchettati e appesantiti dai 30 chili dei pezzi di rotaia con cui venivano gettati a mare), contribuisce a trasformare, logora ma, prima o poi, riconsegna alla storia la memoria del tempo. E degli uomini. Un mistero eterno, ciclico, poetico e doloroso. Incredibile. Come questo film. Da non perdere.