La scelta di campo è ben precisa per Volker Schlöndorff: Return to Montauk, in concorso,  è un film di pura sceneggiatura, tanto da aver chiamato il più importante scrittore irlandese, Colm Toibin, a scriverlo. Senza però un’idea di regia valida, nessun film decolla.

Il film vede Stellan Skarsgård nei panni di uno scrittore tedesco in tour a New York con la moglie per promuovere il suo nuovo libro. Qui, un vecchio e misterioso amico apre la porta al ricordo di una donna, interpretata da Nina Hoss, con cui lo scrittore ebbe una storia travagliata e (ancora) accesa molti anni prima: e quella donna vuole incontrarla a ogni costo, anche pagandone il prezzo. Toibin e Schlöndorff si adagiano sulla struttura letteraria e meta-linguistica (“Non fidarti mai di cosa racconta uno scrittore” dice il protagonista alla sua addetta stampa e il libro che ha scritto parla della donna che lo tormenta) per realizzare un dramma sentimentale fossilizzato nel cinema dei primi anni ’80.

Tutto appare datato e polveroso in Return to Montauk dai temi al trattamento del racconto, dai personaggi allo stile con cui Schlöndorff li descrive, in cui il classico e abusato ritorno al passato di un artista diventa occasione per un romanzo di rimorsi e rimpianti, rancori e lamentele, amori impossibili di cui sembrano emergere solo gli aspetti negativi e meno empatici per lo spettatore: quindi la prima questione è che un film di sceneggiatura sia scritto male, non abbia tracce sulla carta dell’emotività che si propone di creare.

Ma ancora più vitale per la riuscita del film è che Schlöndorff non riesca praticamente mai a ravvivare la pagina, non faccia mai un passo avanti rispetto all’illustrazione piatta, senza nemmeno concentrarsi sulla prova dei due attori, che solo a tratti riescono a comunicare tensione: per lui, basta la parola (scritta). Anche perché quando prova a lavorare con le immagini non cava di meglio che goffi primissimi piani a suggerire un amplesso. E così ci si trova ad accontentarsi di una scena madre sottotono con vaghi piagnistei sulla sfondo di un mare molto mosso. Per un “grande vecchio”, davvero troppo poco.