I cyborg sono tornati. Orfani di Cameron, di Schwarzenegger, ma non d'idee. Terminator Salvation, quarto capitolo della saga da oggi in Italia (540 copie!) mantiene le promesse: ridà nuova linfa alla battaglia tra gli uomini e le macchine, punta su poche ma efficaci novità (ambientazione post-apocalittica, messa in scena "pesante" come le ferraglie, gli esplosivi e i robot che destabilizzano le immagini, fotografia umorale, virata in grigio), si affida al carisma di Christian Bale (trasmigrato con le ali di Batman nella polveriera del 2018, a capo della resistenza umana) e scopre il talento bruto di Sam Worthington (vero protagonista del film). E anche le perplessità sulla regia di McG (che aveva all'attivo solo i due Charlie's Angels da grande schermo) vengono spazzate via dopo due ore di dolorosissimi combattimenti, detonazioni e sequenze pirotecniche. Con commovente omaggio finale a Schwarzy e un inedito gusto retrò. Se la vedrà, ma è più vero il contrario, con il cinema champagne d'importazione francese, Ca$h, innocuo e godibile: una specie di guardie e ladri impregnato di romanticismo, con il truffatore gentiluomo Jean Reno alle prese con la tenace e affascinante poliziotta Valeria Golino. Sul versante dell'autorialità il dramma irlandese Garage, di Leonard Abrahamson, storia di un uomo imperfetto che ricerca felicità e calore nella sconcertante vita di provincia. Grande la prova del protagonista Pat Shortt. E brava anche Isabelle Huppert, genitrice disperata dell'Amore nascosto di Alessandro Capone, psicodramma incalzante (ma non roboante) sulla maternità.  Non fanno male come vorrebbero le Visions di Luigi Cecinelli, che rappresenta tuttavia un'interessante via italiana (ma la produzione è americana) al filone dei serial killer. Ci esaltano infine i giovani eroi di Morning Light di Mark Monroe, un documentario che ripercorre la grande impresa di un gruppo di ragazzi "normali"che a bordo del Transpac, un'imbarcazione di 15 metri, si lancia nella più importante competizione nautica in oceano aperto. Non saremo noi d'accordo, ma sapere che avremmo potuto esserlo in un qualunque momento della nostra vita ci conforta senza lasciarci troppi rimpianti.