“L’essere una persona timida mi ha avvantaggiato molto nell’approcciarmi a questo progetto, perché quello della malattia mentale è un tema delicato che merita una sensibilità particolare, la stessa sensibilità che dovremmo avere tutti nei confronti dell’altro”.

A parlare è Silvia Chiodin, regista di Cristina. Il racconto di una malattia, documentario dedicato alla vicenda umana di Cristina Marcato. Alcuni estratti del film sono stati mostrati a Venezia 74 nel corso di un incontro tenutosi presso lo stand Fondazione Ente dello Spettacolo, presenziato dall'attrice Lella Costa e moderato dal giornalista Federico Pontiggia.

Il lavoro della Chiodin si ispira dalla lettura del libro Non spegnere la luce. Viaggio introspettivo in una psicosi, in cui è la Marcato a raccontare il suo passato, segnato dalla sofferenza e dalla malattia psichiatrica grave, e il suo presente di “guarita nella malattia”. Ma cosa significa guarire nella malattia? Lo spiega bene la dottoressa Silvia Bertin, responsabile del Centro di igiene mentale di Padova e testimone del cammino compiuto negli anni da Cristina: “Significa che la malattia rimane, ma ciò nonostante è possibile condurre uno stile di vita normale attraverso la mediazione della psichiatria. In questo modo, con l’aiuto dei farmaci e con la guida dei medici, il paziente è in grado di stare nuovamente insieme agli altri. C’è una parola che riassume tutto ed è “armonia”: mettere insieme i pezzi, come un direttore d’orchestra che gestisce tanti suoni e strumenti. Cristina ha armonizzato i disagi della malattia raggiungendo i suoi obiettivi di vita. Noi medici abbiamo il compito di indirizzare i pazienti verso una ricerca che sia fruttuosa.”.

Il documentario si divide in sei capitoli che ricostruiscono gli aspetti più rilevanti della storia della donna attraverso le voci delle persone che sono entrate in contatto con lei nel corso degli anni, tra cui gli amici della comunità, i medici, il fratello Stefano, la figlia Valentina, il suo attuale compagno Marco (conosciuto nel centro di igiene mentale) fino ad arrivare alla stessa Cristina, che ha voluto mettersi alla prova in prima persona, parlando della sua quotidianità complicata e del suo rapporto con i farmaci e con gli altri.

“Volevo fare un film diverso da tutti quelli che ho visto sulla malattia psichiatrica – dice ancora Silvia Chiodin – L’aspetto che ho voluto privilegiare nella storia di Cristina è la speranza che nasce dalla disperazione. Una storia dal grandissimo potenziale. Conoscevo Cristina, ma è solo dopo aver letto il libro che ho deciso di fare il film. Mi è stato di grande aiuto potermi confrontare le persone che fanno parte della sua vita e che mi hanno mostrato tutte le sfaccettature della sua malattia mentale.”

Nel documentario l’attrice Lella Costa rilegge alcuni brani del libro di Cristina. Persona da sempre attenta alla tematica del disagio mentale, la Costa ha prestato la sua opera gratuitamente, traducendo in arte libera e umana un’esperienza di sofferenza. Si è dichiarata assolutamente entusiasta di aver preso parte al progetto, che le ha permesso di tornare alle origini della sua carriera. “Se c’è qualcuno che non si è commosso fino alle lacrime guardandolo, è chiaramente un extraterrestre! È una cosa che può capitare a chiunque e non sentirsi toccati da queste storia è inconcepibile. Quella di Silvia Chiodin è un’opera senza compiacimenti, che non calca la mano la mano sull’emotività. Io ho scoperto di poter fare l’attrice frequentando dei seminari di psicoterapia critica. C’erano dei colloqui simulati e me è capitato di dover interpretare una ragazza schizofrenica. Facendo una cosa che non sapevo di saper fare, ho provato una straordinaria sensazione di interezza, anche se era in ballo uno stato di scissione”.

Il documentario sarà proiettato al Senato il 10 ottobre in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale.