Quanti conoscono La corazzata Potëmkin? Probabilmente tutti. Quanti lo hanno davvero visto? Più difficile a dirsi. E quanto dura davvero? Un’oretta e qualcosa, molto meno dei 92 minuti di applausi conquistati dal ragionier Ugo Fantozzi nella più celebre ribellione della sua lunga saga di soggiogato.

Ebbene, La corazzata Potëmkin ora sfida il grande pubblico di Piazza Maggiore a Bologna, rischiando, con ogni probabilità, di conquistare sguardo e anima di chi sarà in piazza domani, lunedì 26 giugno, alle ore 21.45, per una delle serate più attese del Cinema Ritrovato, il festival che la Cineteca di Bologna promuove fino al 2 luglio.

A Bologna c’è anche chi sta pensando a un remake della mitica sequenza della scalinata, con una chiamata a raccolta sui social network di centinaia di persone sui gradini del Pincio, in prossimità della stazione, per girare la scena nel pomeriggio di lunedì stesso, prima di partecipare in massa alla proiezione.

Un film segnato in Italia da un destino davvero imprevedibile, che lo ha trasformato in qualcosa di diverso da quel che è, pur rispettandone, con un curioso effetto di metamorfosi, la vocazione rivoluzionaria, quella “lotta al dispotismo” – come dissero i deputati socialdemocratici tedeschi quando negli anni Venti in Germania si volle vietarne la distribuzione – che è in fondo quella tentata da Fantozzi e colleghi. Salvo poi…

Ma La corazzata Potëmkin va – anche per il pubblico italiano – molto al di là della sua parossistica vicenda fantozziana, capace comunque di regalare al film una notorietà tale da ritrovarlo, ad esempio, citato in un altro film strapopolare, come Vieni avanti cretino di Luciano Salce, nel quale addirittura Lino Banfi stimola la creatività di un redivivo Sergej Michajlovič Ëjzenðtejn, facendo involontariamente rotolare, ovviamente giù da una scalinata, un’ignara vecchina in carrozzella.

È chiaro però che parliamo di un cult a tutte le latitudini: è quasi un remake inquadratura per inquadratura la sequenza della scalinata girata da Brian De Palma negli Intoccabili. E l’elenco potrebbe continuare a lungo.

La serata bolognese di domani sarà del tutto speciale, anche perché ad accompagnare il film di Sergej Michajlovic Ëjzenštejn ci sarà l’orchestra, la Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna, diretta da Helmut Imig, che eseguirà le musiche originali composte per il film da Edmund Meisel.

A presentare La corazzata Potëmkin ci sarà lo storico del cinema russo Naum Klejman, che così racconta il film: “Nella primavera del 1925 il giovane Sergej Ėjzenštejn, che aveva appena esordito alla regia con Sciopero!, si vide affidare la direzione di un film che doveva celebrare il ventesimo anniversario della Rivoluzione russa del 1905. Il film, intitolato Bronenosec Potëmkin, fu girato e montato in quattro mesi. Pur limitandosi formalmente all’episodio del 1905 – larivolta dei marinai di una nave militare alla fonda nel Mar Nero – il film rifletteva i temi fondamentali della Rivoluzione: la crudeltà del regime autocratico e la tensione sociale verso la libertà. La prima si tenne il 21 dicembre al teatro Bol’šoj, in occasione delle celebrazioni per il giubileo. Nonostante l’accoglienza trionfale, la commissione per la cinematografia decise inizialmente di proiettare il Potëmkin solo nei circoli dei lavoratori, a conclusione di conferenze e riunioni: non si pensava infatti che il pubblico cinematografico sarebbe stato attratto da un film senza star e privo del consueto intreccio amoroso o avventuroso. La leggenda narra che il poeta futurista Vladimir Majakovskij minacciò di picchiare i responsabili con il suo pesante bastone se il film non avesse avuto una distribuzione di massa. I primi giorni di proiezione nelle sale dimostrarono che “senza eroi individuali” e “senza una storia di intrighi” il film sapeva competere efficacemente con il maggiore successo commerciale di Hollywood di quell’anno, Robin Hood con Douglas Fairbanks.

Nella primavera del 1925 la censura tedesca tentò di impedire l’uscita in sala del Potëmkin temendo che un film sulla Rivoluzione del 1905 in Russia potesse suscitare sentimenti rivoluzionari in Germania con la sua forza emotiva. I deputati socialdemocratici del Reichstag vinsero la causa contro la censura dimostrando che il film non risultava in alcun modo sovversivo. Anzi, esso si fondava non solo sullo slogan democratico “lotta al dispotismo e all’ineguaglianza sociale”, ma anche sull’appello umanistico a “cessare la violenza reciproca”. Ciò nonostante il film dovette subire i tagli della censura, e in alcune zone della Germania fu proibita la magnifica colonna sonora appositamente composta da Edmund Meisel. In gran parte dell’Europa, dell’Asia e dell’America meridionale i censori non si mostrarono meno miopi e timorosi dei colleghi tedeschi, tanto che Bronenosec Potëmkin fu a lungo interdetto. Solo dopo la Seconda guerra mondiale tornò a circolare: con colonna sonora nei cinema, muto nelle cineteche e ai festival. All’esposizione di Bruxelles del 1958 figurava in testa alla classifica dei dodici migliori film di tutti i tempi, e da allora è considerato un capolavoro indiscusso d’importanza mondiale”.