La quarantesima edizione del Torino Film Festival, in programma dal 25 novembre al 3 dicembre, si svela. Per il direttore artistico, Steve Della Casa, è un ritorno, a vent’anni di distanza dalla fine del mandato: “È inevitabile – dichiara – che quarant’anni dopo si debba fare un bilancio di quanto è avvenuto. Ma la regola che, d’accordo con il Museo Nazionale del Cinema, ci siamo dati con il nostro gruppo di lavoro (professionale, autorevole e soprattutto simpatico e leale) è stata molto semplice: dobbiamo ricordare il passato, ma soprattutto pensare al futuro. Del resto, il Torino Film Festival ha una caratteristica che lo rende unico nel panorama dei festival italiani: è un festival metropolitano, all’interno del quale sono sicuramente presenti gli addetti ai lavori ma il cui nucleo maggioritario di pubblico è costituito da giovani, da appassionati, da persone che vivono il cinema come un formidabile strumento di cultura ma anche di socialità”.

L’ambizione non manca: “È il festival del ritorno in sala – promette Della Casa - e della centralità della sala cinematografica: ci saranno facilitazioni per i biglietti, biglietterie accessibili, proiezioni a misura d’uomo e tanti spazi di socialità che culmineranno in una novità assoluta, Casa Festival, vero e proprio luogo d’incontro tra professionisti e semplici appassionati”.

La serata d’apertura sarà, per la prima volta nella sua storia, realizzata in collaborazione con il Teatro Regio, sarà trasmessa in diretta su Rai Radio3, all’interno dello storico programma Hollywood Party e sarà poi disponibile su RayPlaySound. L’idea è di raccontare per 70 minuti il rapporto tra i Beatles, i Rolling Stones e il cinema, con interviste e con filmati rari o inediti che saranno visibili per il pubblico in sala e saranno in audio per i radioascoltatori. Un rapporto che sarà analizzato dai conduttori di Hollywood Party assieme a Malcolm McDowell, Noemi, Vincenzo Mollica, John Vignola, Francesco De Gregori e altri ospiti che si aggiungeranno.

Tanti i film selezionati, ma non si tratta di “pesche a strascico” – come sostiene il direttore - ma scelte “non casuali” legate da  “un filo rosso, una sensibilità che si dirige verso la ricerca senza però penalizzare il pubblico”.

La lunga corsa di Andrea Magnani
La lunga corsa di Andrea Magnani
La lunga corsa di Andrea Magnani

Il concorso, composto da dodici lungometraggi (opere prime, seconde o terze) vede per l’Italia La lunga corsa, coproduzione con l’Ucraina firmata da Andrea Magnani, tra coming of age surreale e fiaba carceraria. E poi: Falcon Lake di Charlotte Le Bon (Francia/Canada), dalla graphic novel di Bastien Vivès; La hija de todas di Laura Baumeister (Nicaragua/Messico), storia di realismo magico in Nicaragua; Kristina di Nikola Spasic (Serbia), docu-fiction di una sex worker transessuale serba; Man and Dog di Stefan Constantinescu (Romania/Bulgaria) un film ambiguo e sul filo di una mutevole verità; Nagisa di Takeshi Kogahara (Giappone), quasi una ghost story persa nel tunnel del ricordo di una sorella scomparsa; Palm Tree and Power Lines di Jamie Dack (USA), calato nella provincia americana; Pamfir (Ucraina/Francia/Polonia), con un padre che lotta per la sua famiglia in una terra di riti pagani e suggestioni senza tempo; La piedad di Eduardo Casanova (Spagna/Argentina), un mother-son horror comedy a metà tra il primo Almodóvar e Takashi Miike; Rodeo di Lola Quivoron (Francia) esordio ribelle e insolente, fatto di sangue, asfalto e adrenalina; Unrest di Cyril Schäublin (Svizzera), nella Svizzera della seconda metà dell’Ottocento; War Pony di Riley Keough, Gina Gammell (USA), vincitore della Camera d’Or a Cannes, il ritratto appassionante di una comunità di nativi americani.

Tra i documentari in concorso spiccano Svegliami a mezzanotte di Francesco Patierno tratto dal romanzo di Fuani Marino, Corsini interpreta a Bloomberg y Maciel dell’argentino Mariano Llinás, Where is this Street? Or with no Before and After di João Pedro Rodrigues e João Rui Guerra da Mata che torna sui luoghi di Os verdes anos per rivedere Paulo Rocha e ritrovare Isabel Ruth, Riotsville, USA di Sierra Pettengill che racconta di come negli anni Sessanta l’esercito fondò una città-set in cui mettere in scena gli scontri per i diritti civili, Vita terrena di Amleto Marco Belelli di Luca Ferri che ci fa scoprire tutto sul Divino Otelma.

Daliland di Mary Harron
Daliland di Mary Harron
Daliland di Mary Harron

Il grosso è fuori concorso: l’atteso Empire of Light, lettera d’amore al cinema di Sam Mendes con Olivia Colman; She Said di Maria Schrader che promette scossoni raccontando l’inchiesta sul caso Weinstein; Fairytale di Aleksandr Sokurov con Stalin, Hitler, Churchill e Mussolini alle porte del paradiso; Daliland, ritratto inedito di Salvador Dalì e sua moglie Gala per la regia di Mary Harron; The Stranger dell’australiano Thomas M. Wright; e il nuovo, fluviale (412 minuti) lavoro di Lav Diaz, A Tale of Filipino Violence.

E poi, nelle varie sezioni, ci sono Le lycéen di Christophe Honoré, L’amitié del maestro novantunenne Alain Cavalier, Petite fleur di Santiago Mitre, Viens je t'emmène est di Alain Guiraudie. Da Cannes arrivano EO di Jerzy Skolimowski, Premio della Giuria al 75° Festival, Fumer Fait Tousser di Quentin Dupieux, Godland di Hlynur Pálmason, Pacifiction di Albert Serra. Dal Festival di Berlino, invece, si vedrà Coma di Bertrand Bonello.

Battono bandiera italiana i primi due episodi della serie The Bad Guy di Giancarlo Fontana, Giuseppe Stasi, dall’8 dicembre su Prime Video, Orlando di Daniele Vicari con Michele Placido, Perfetta illusione di Pappi Corsicato, Il nostro generale di Lucio Pellegrini e Andrea Jublin con Sergio Castellitto nel ruolo di Carlo Alberto Dalla Chiesa, Il Cristo in gola, cioè il Vangelo secondo Antonio Rezza, La memoria del mondo di Mirko Locatelli. E sempre fuori concorso, ecco due nuove sezioni: Favolacce (La caccia di Marco Bocci, Ipersonnia di Alberto Mascia, I pionieri di Luca Scivoletto, I sogni abitano gli alberi di Marco Della Fonte) e i doc di Ritratti e personaggi con la Sampdoria dello scudetto in La bella stagione di Marco Ponti, Rosa di Isabella Ragonese sulla cantante Balistrieri, la Napoli magica di Marco D’Amore, Lawrence Ferlinghetti secondo Ferdinando Vicentini Orgnani, Marco inedito di Simone Ventura che segue gli ultimi giorni di Pannella, Elisabetta Sgarbi che svela il lato segreto del fratello Vittorio. In Crazies, dedicata al cinema di genere, c’è Pantafa di Emanuele Scaringi.

Tra i restauri spiccano Notti selvagge di Cyrill Collard, Il processo di Verona di Carlo Lizzani, I recuperanti di Ermanno Olmi, Milano calibro 9 di Fernando Di Leo, Tre punto sei di Nicola Rondolino. Nell’omaggio a Malcolm McDowell, spazio ad Arancia meccanica, Se…, Caligola, Evilenko. E infine le masterclass: McDowell, Paola Cortellesi, Pilar Fogliati e Giovanni Veronesi, Mario Martone, Noemi e Toni Servillo.

La quarantesima edizione del Torino Film Festival si svolgerà dal 25 novembre al 3 dicembre sotto l’egida del Museo Nazionale del Cinema – presieduto da Enzo Ghigo e diretto da Domenico De Gaetano – con la direzione artistica di Steve Della Casa che torna a dirigere la manifestazione a distanza di vent’anni. Consulenti della Direzione Artistica sono Luca Beatrice, Claudia Bedogni, Giulio Casadei, Antonello Catacchio, Massimo Causo, David Grieco Grazia Paganelli, Giulio Sangiorgio e Caterina Taricano, Luigi Mascheroni, Paola Poli, Alena Shumakova e Luciano Sovena.