Domani è il compleanno di mio figlio, vuole andare al cinema con gli amichetti. Non c’è molto, anzi, non c’è quasi nulla ad attenderlo.

In sala vive, e vegeta, Il Gatto con gli Stivali 2 – L’ultimo desiderio. Ineffabile.

Il sequel sta sugli schermi dal 7 dicembre, una tenitura encomiabile, meno la resa: 5.410.977 euro, un incasso poco esaltante a detta della stessa Universal che distribuisce.

Nel box office del weekend appena trascorso in decima posizione, Il Gatto era ottavo, troviamo un'altra animazione, la new entry La fata combinaguai: un occhio alla locandina, Giovanni rifiuta l’offerta.

Dunque, Il Gatto invero spelacchiato cui tocca onore e onere di rappresentare una categoria vieppiù bistrattata dal theatrical qui e ora: l’animazione.

Si può che abbiamo passato le Feste con il solo felino stivalato a richiamare in sala piccini e grandi al seguito? Quanta miopia, quanta dabbenaggine, quanto dolo: il bambino frustrato di oggi è lo spettatore mancato di – oggi e – domani. Non dimentica, non perdona.

La responsabilità capitale è di Disney, tradizionale dispensatrice di cartoon sotto l’albero (e non) con la controllata Pixar (e non), cui si deve il flop dell’anno, Strange World: una forbice di 135 – 180 milioni di dollari di budget, ne ha incassati 72 nel mondo, di cui uno e mezzo da noi. Dal 23 novembre sugli schermi, voleva essere inclusivo, annoverando anche una storia omosessuale, ha escluso tutti o quasi.

Che mondo strano, e che cinema ebete, quello che allontana i bambini.