Lettera da una sconosciuta è uno dei film più ammirati di Max Ophüls, regista tra i più amati di tutta la storia del cinema. La lettera la riceve il pianista Stefan, tornato a casa dopo una notte con ogni probabilità di baldorie, appena prima di uscire di nuovo perché all'alba dovrebbe affrontare un duello alla pistola con un esperto tiratore: ma lui ha intenzione di scappare.

Il vero nome di Max Ophüls era Max Oppenheimer diventato a 17 anni Ophüls. Ma si chiamò anche Ophuls senza la umlaut quando nel 1938 optò per la nazionalità francese, o addirittura Opuls senza dieresi e senza acca quando lo ripulirono gli americani che sentivano nel suo cognome qualcosa di spiacevole (awful, orribile). Ophüls girò Lettera da una sconosciuta in America.

Queste, le prime parole della lettera: “Quando leggerai questa lettera io sarò forse già morta... Tu non sapevi neanche chi ero e neanche se esistevo”. La lettera ha l'intestazione di un ospedale e la donna è morta. Lisa, la mite Joan Fontaine, all'inizio del film, è senza corpo e senza vita, è la voce di un fantasma: poi diventa presente lungo tutto il film, di flashback in flashback. Lisa ha visto arrivare Stefan nel suo caseggiato, nella Vienna del primo Novecento. Lo sente suonare, lui non si accorge mai di lei, solo il domestico muto di Stefan sa della presenza di Lisa.

Sono molte e stupende, nel film, le linee di tensione malinconica e dolorosa, i fili nascosti. I più evidenti e più volte descritti riguardano i momenti in cui Lisa sale, scende, si ferma in alto sulla scala dal percorso curvilineo sospesa nell'entrata del palazzo. Lì Lisa vede entrare Stefan con una delle sue donne. Lì Lisa entra a sua volta con Stefan e siamo noi dall'alto della scala a vederla con lui e a pensare, come aveva prima pensato lei, eccolo con una delle sue donnine, con una preda inerme.

A questo filo ne aggiungiamo un altro, giustamente e pudicamente, molto meno evidente e, ci sembra, mai notato: il sigaro. Quando la madre di Lisa annuncia che sta per risposarsi con un signore corpulento e benestante che vive a Linz, Lisa cade nell'angoscia, non vuole lasciare Vienna, non vedere più Stefan: e neppure vuole andare a vivere con un uomo che sente, con ribrezzo, detestabile. È Lisa adesso a vedere sulle scale la madre, sorpresa e imbarazzata, mentre saluta l'uomo che se ne va.

Madre e figlia entrano in casa, la madre parla alla figlia. Sul tavolo, vicino al bordo dell'inquadratura, c'è il sigaro che l'uomo ha lasciato sul posacenere. Il sigaro fuma ancora, Lisa ha il volto appoggiato sulla mano come a non volerne sentire l'odore sgradevole, il sigaro è qualcosa di sporco, qualcosa che Lisa non può accettare, il sigaro torna in più inquadrature e Lisa scappa via: io non ci vengo a Linz. La cautela e insieme la forza con cui Ophüls introduce nell'inquadratura quel corpo estraneo del sigaro, filo nascosto, dicono tutto l'orrore che la dolcissima Lisa sente per il mondo orribile (awful) che le sta intorno. Stefan sta per intero in quel mondo.