Ho ultimato la premiata trilogia M (Bompiani) di Antonio Scurati. Detto che Luca Marinelli è stato preso a incarnare il Duce per l'affaccio internazionale, e il regista Joe Wright idem, temo l'alterità forte della trasposizione, per ora il primo libro M. Il figlio del secolo, giacché su carta si tratta di memoir sovranarrati, in cui la parola, e il raziocinio e il mumble mumble, sovrasta l'azione.

Fa sorridere, due volte sorridere, che Wright sia stato prescelto per l'affrancamento fisiognomico di cui ha dato prova, optando per Peter Dinklage quale protagonista, con Cyrano (Marinelli per Mussolini...) e per un virtuosismo cinetico (suo aleph), il piano sequenza sulla spiaggia di Dunkirk in Espiazione, che pochissimo si attaglia al flusso di coscienza, e di biografia, di M.

Aggiungiamo che Wright non parla italiano, e che M è elegantemente verboso, e il fascismo in moto è ormai trito, l'insight assai meno, sicché M sarebbe il film - leggi: la serie - che Vincere (2009) non è stato: Marco Bellocchio, dunque, e non Joe Wright. E - anziché dei sosia mancati, volete davvero internazionalità? – Franz Rogowski o Louis Garrel.

La sfida è sensibile, ma allora, caro Lorenzo Mieli (produttore con The Apartment), perché non la serie A, perché non adattare Le Benevole di John Littell, perché non trasporre Europe Central di William T. Vollmann?

Dunque, un dubbio: attesa su Sky per il 2024, M la serie is for murder il libro?