Le truffe agli anziani rappresentano qualcosa che è, purtroppo, all’ordine del giorno. Si sfrutta la paura, l’ingenuità, la smemoratezza del malcapitato e, in un attimo, prima ancora che ce ne si possa rendere conto all’anziano vengono sottratti beni fisici o denaro. E alcune frodi telematiche sono particolarmente ingegnose e, di conseguenza, riescono a incassare una bella refurtiva, con la quasi impossibilità di risalire all’identità del ladro.

È quanto accade anche a Thelma Post, vedova novantatreenne che vive da sola a Los Angeles, la quale si vede portar via in un battibaleno la bellezza di diecimila dollari, da lei inviati a una casella postale, credendo che l’amato nipote Danny fosse finito in carcere per un fraintendimento. Di fronte al fatto compiuto, tuttavia, la tenace Thelma non si arrende e, seppur in modo rocambolesco, cerca di farsi giustizia da sola.

Thelma (2024) è una brillante commedia scritta, diretta e montata da Josh Margolin, attore statunitense al suo debutto dietro alla macchina da presa dopo aver sceneggiato alcuni episodi di serie televisive come New Girl e My Boyfriend Is a Robot, di cui era anche creatore. Margolin si è ispirato alla sua stessa nonna, la quale compare in una scena post-credit, girando anche nel suo vero appartamento per le scene che lo prevedevano. A dare corpo all’anziana signora è una splendida June Squibb, classe 1929, apparsa in molteplici serie, e nota per le interpretazioni in A proposito di Schmidt (2002) e in Nebraska (2013), entrambi diretti da Alexander Payne, ruolo quest’ultimo per cui fu candidata all’Oscar come miglior attrice non protagonista.

Thelma
Thelma

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Ad accompagnarla nella parte dello spaesato nipote è Fred Hechinger, astro nascente del cinema americano, tra i protagonisti della prima stagione di The White Lotus (2021) e divenuto poi celebre per i ruoli da “cattivo” nel Gladiatore II (2024) e Kraven – Il cacciatore (2024). Thelma Post nel suo non arrendersi di fronte all’ingiustizia subita è figura di una donna che non perde la speranza di fronte a qualcosa che sembra irreparabile, e non si tratta solo dell’inganno in cui è scivolata, ma soprattutto dell’età che avanza con tutte le sue complicazioni, tra salute, mobilità e memoria. In una scena divertente, per quanto agrodolce, Thelma scopre al telefono che diversi dei suoi amici storici sono gravemente ammalati, defunti o, nella migliore delle ipotesi, si sono trasferiti lontano.

Così come stringe il cuore quando la donna, insieme all’amico di sempre Ben, anch’egli vedovo (ultimo ruolo e postumo di Richard Roundtree), si recano da una vecchia amica, Mona, per distrarla e prenderle in prestito la pistola di cui sanno essere in possesso, e la trovano sulla poltrona, in una casa assediata da scarafaggi, non molto presente a se stessa. È l’immagine plastica non solo del tempo che scorre, ma di cosa possa significare viverlo nella solitudine. Ben diversa è la sorte dello stesso Ben, il quale sembra aver ritrovato una ragione di vita dopo la morte della moglie grazie alla casa di riposo in cui si trova, ricca di interessanti attività, nuove relazioni, e alla vigilia del suo debutto teatrale come signor Warbucks nell’adattamento agée di Annie.

Thelma, invece, è convinta di potercela fare da sola, per cui non solo cerca di sottrarre a Ben il suo nuovo scooter elettrico a tre ruote (la cui presenza evoca il piccolo classico di David Lynch Una storia vera, dove il mezzo era un trattorino rasaerba), ma non dice nulla del suo piano alla figlia e all’amato nipote.

Thelma
Thelma

Thelma

Quando, giunta la sera, le strade dei due protagonisti si dividono e Thelma cade a terra in luogo desolato, sarà proprio la presenza di Ben, tornato indietro per non lasciar sola l’amica, ad essere determinante (insieme al corso di “tirami su” della RSA, non culinario ma di sussistenza personale).

Una riprova della tesi portante di tutto il film che nessuno è fatto per stare da solo, e cercare la solitudine porta solo danni. Dopotutto anche il villain del film, interpretato da Malcom McDowell, l’inquietante quanto iconico Alex di Arancia meccanica (1971), si rivela essere un anziano malato proprietario di un negozio d’antiquariato ormai affossato dalla compravendita elettronica, che si prodiga in truffe agli anziani per sbarcare il lunario.

Il personaggio del truffatore Harvey, al quale anche lo spettatore, dopo averlo a lungo disprezzato, dà un volto sul finale della pellicola, è estremamente malinconico nella sua rassegnazione alla vita, simboleggiata anche dal negozio mal ridotto e disordinato, tramutatisi in mezzucci poco leciti per sopravvivere, nonostante anch’egli abbia a fianco un nipote che però sembra trattare solo male.

Thelma
Thelma

Thelma

Da ultimo, anche per il nipote Danny si applica il tema di potercela fare da solo. Gli ossessivi genitori, Parker Posey, già reginetta del cinema indipendente anni Novanta, e Clark Gregg ovvero l’Agente Coulson del Marvel Cinematic Universe, non pensano che il figlio sia in grado di badare a se stesso. Una convinzione che lui stesso ha maturato e che riversa nelle relazioni famigliari, con la (ex) fidanzata e, anzitutto, con se stesso. Ne è segno il momento nel quale, in seguito a una crisi di nervi, gli viene messo al polso lo stesso braccialetto segnaletico che lui aveva regalato alla nonna. Sarà il finale a redimerlo e a dargli quella sicurezza che, non solo può farcela da solo, ma che non si è mai realmente soli se ci si affida agli altri e dagli altri si riceve coraggio e fiducia.

Thelma è affresco della speranza che la vita è degna di essere vissuta in ogni suo istante, nella consapevolezza che le diverse stagioni dell’esistenza non sono da vivere allo stesso modo. Ma sono, comunque, da vivere. Senza rassegnazione e senza eccessive nostalgie. E, soprattutto, mai da soli.