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Harry Belafonte in Kansas City (Webphoto)
Star musicale che ha scalato le classifiche, attore in film moderni e di rottura, attivista dei diritti civili: è stato un pioniere, Harry Belafonte, scomparso il 25 aprile nella New York in cui era nato 96 anni fa.
Originario di Harlem, figlio di genitori giamaicani, inizia a suonare alla fine degli anni Quaranta e, nel 1952, incide il primo singolo, Matilda. Quattro anni dopo, il boom: nel 1956 escono gli album Belafonte e Calypso, quest’ultimo in classifica per novantanove settimane consecutive (trentuno al primo posto) e primo LP a superare il milione di copie vendute.
Con questi album Belafonte lancia la moda del calypso e una serie di hit intramontabili come Day-O (Banana Boat Song), canto popolare giamaicano recuperato dall’artista, Jamaica Farewell, Man Smart (Woman Smarter), considerata la prima canzone folk femminista. Il successo di Belafonte apre le porte del mercato americano a cantanti come Miriam Makeba e Nana Mouskouri.
Mentre continua l’attività musicale, Belafonte si dedica al teatro (nel 1954 vince un Tony Award e il Theatre World Award per la sua performance in John Murray Anderson's Almanac) e al cinema. Sempre nel 1954 affianca Dorothy Dandridge in Carmen Jones di Otto Preminger, trasposizione del musical omonimo di Oscar Hammerstein II che porta la Carmen di Georges Bizet nella comunità afroamericana durante la Seconda Guerra Mondiale. Il film incassa quasi 10 milioni di dollari, entra nell’immaginario collettivo e ribalta il cinema del tempo.
La carriera cinematografica di Belafonte è parca ma densa di titoli che ne accrescono lo status carismatico: con L’isola del sole di Robert Rossen (1957) scandalizza i razzisti, ne La fine del mondo di Ranald MacDougall (1959) interpreta un minatore che si ritrova in una New York post apocalittica devastata dagli effetti della guerra atomica, con Strategia di una rapina di Robert Wise (1959, prodotto dallo stesso Belafonte) diventa il primo afroamericano protagonista di un noir.
Nel 1970 affianca Sidney Poiter in Non predicare… spara!, western che segna il debutto alla regia dell’attore di Indovina chi viene a cena e racconta il Kansas post guerra di secessione dalla parte degli afroamericani. Torna con Poiter nel 1974 nella commedia action Uptown Saturday Night.
Negli anni Novanta partecipa a tre film di Robert Altman: I protagonisti (1992), Prêt-à-Porter (1994) e soprattutto Kansas City (1996), in cui interpreta un politico la cui moglie viene sequestrata. Ne Il rovescio della medaglia di Desmond Nakano (1995) è un ricco industriale che vive in una realtà alternativa in cui sono gli afroamericani ad avere il potere e i bianchi sono una comunità subalterna.
Particolarmente significativi i suoi ultimi crediti cinematografici, legati alla sua militanza civile contro il razzismo (è stato amico e sostenitore di Martin Luther King): in Bobby di Emilio Estevez (2006), corale attorno all’omicidio di Robert Kennedy, duetta con Anthony Hopkins, e in un cameo memorabile in BlacKkKlansman di Spike Lee (2018).
Belafonte è stato il primo afroamericano della storia a ricevere il Kennedy Center Honors nel 1989 e ha ricevuto la National Medal of Arts (1994), il Grammy Lifetime Achievement Award (2000) e l’Oscar umanitario Jean Hersholt (2015).