Non può sparare, non può cavalcare, non può fare quello che gli uomini possono, eppure, la piccola Hana Doda fortissimamente vorrebbe. Orfana adottata dagli zii nell’Albania profonda e montuosa, non tutto è perduto per lei: la legge arcaica del Kanun le dischiude un’altra possibilità, quella della vergine giurata, ovvero illibatezza in cambio della vita maschia. Per tutti Hana diventa Mark Doda, finché orfana per la seconda volta non raggiunge la sorellastra in Italia… Quello che le donne non dicono, della serie “cambia il vento ma noi no / e se ci trasformiamo un po’”, Vergine giurata è il debutto al lungometraggio di Laura Bispuri, costruito dardennianamente sul tallonamento fisico, empatico e partecipante di Alba Rohrwacher: lei è Hana, lei è Mark, e attraverso la sorellastra/cugina Lila (Flonja Kodheli) forse potrà trovare il reggiseno.

Dal romanzo di Elvira Dones, la Bispuri firma una buona opera prima, legando Albania e Italia con un occhio antropologico e l’altro di gender, senza denuncia urlata né cortocircuiti pseudo-militanti: all’opposto, è palpabile una mancanza di radicalità poetica più che stilistica, uno scioglimento più agevole del previsto. Poco male, la Bispuri c’è già e si farà.