Quando entriamo in sala per guardare un disaster movie, ormai conosciamo a menadito il copione. Un prologo inquietante, un secondo inizio di serenità, le prime avvisaglie di un pericolo gravissimo, uno scienziato che non viene ascoltato e così via. The Quake, sequel di The Wave diretto da John Andreas Andersen, non rimischia le carte in tavola, ma piuttosto le gioca con calma e sangue freddo.

Il film risulta, quindi, pur essendo canonico nei contenuti, del tutto “nuovo” a contatto con il pubblico ormai abituato, per non dire desensibilizzato, dal canone di Hollywood: la cui foga e l’ipertrofia dei kolossal californiani tendono a spegnere (quando, spesso, non guidati da visione e raziocinio) le qualità registiche e narrative, appiattendole contro un muro di esplosioni ed effetti speciali.

Andersen, invece, denota con un certo (gradito) narcisismo inquadrature a movimento lento, panoramiche e mezzibusti di spalle che ricordano Cristopher Nolan. Il regista conserva un’identità ben precisa, personale e “industriale”, distillando a ritmo bradicardico gli indizi del terremoto.

La tensione, in questo modo, cresce più del solito prima della climax che, arrivata, non dura un minuto più del necessario. E ciò non vuol dire che The Quake, da parte sua, sia privo di effetti speciali, anzi. La sequenza del sisma che sconvolge Oslo e le sue conseguenze sono spettacolari.

La storia è quella di una famiglia, già miracolosamente sfuggita al disastro nel capitolo precedente, che si riunisce appena in tempo per tentare di sopravvivere. I personaggi identificabili, quindi, si contano sulle dita di una mano, per una pellicola che, pur nel suo lento respiro, va dritta al sodo. Non solo: ci ricorda anche, in maniera equilibrata, che si tratta di un sequel, e forse non l’ultimo.

Visto il risultato incoraggiante, quindi, non è troppo presto per parlare di saga dei disaster movie scandinavi. Dopo l’onda e il terremoto, cos’altro ci riserva la Madre Terra?