Abel Ferrara e il documentario. Forse mai come questa volta il regista de Il cattivo tenente si è scoperto così contemporaneo. Il dibattito è sul cinema, sulla sala. Forse sparirà per sempre, forse continuerà a vivere. Ferrara realizza un documento sulla ribellione, su chi non vuole abbassare la testa, davanti ai multiplex, a chi vuole far chiudere invece di rilanciare.

È la storia di Nick (Nicolas Nicolaou), che da giovane ha abbandonato Cipro per trasferirsi a New York. Tanta voglia di fare, grande spirito imprenditoriale, diventa proprietario di alcune sale della Grande Mela, specialmente a luci rosse. Ma fa vedere anche opere fuori dai circuiti maggiori, e blockbuster. Come un combattente, è riuscito a sopravvivere, a rinnovarsi, sfidando la crisi e le malelingue. E oggi resiste, proietta It, Star Wars, ma anche “avventure” più di nicchia.

È lui il Projectionist del titolo, l’uomo dietro al proiettore. Che ha fatto carriera, ha comprato gli edifici, non solo gli schermi, e sorride guardando le orde di ragazzi che urlano davanti a un horror. Un film sugli esercenti lontani dalle major, ma soprattutto sul pubblico e per il pubblico. Nick è prima di tutto uno spettatore, che a Cipro non si perdeva uno spettacolo, quando ancora si poteva entrare gratis, senza dover pagare il biglietto.

Ferrara lo accompagna, lo segue, scherza con la sua carriera (non manca una sequenza di The Driller Killer), e diventa anche protagonista. Intervista le nuove generazioni alla fine di Blade Runner 2049, si mette dalla parte della platea. Il suo è un atto d’amore verso le immagini, verso le luci che si spengono, verso la magia di ogni inquadratura. In qualche modo questa è anche la sua storia, la cronaca di una passione, immortalata nella sua semplicità, senza eccessi ed esaltazioni.

Il cineasta ragiona sul ruolo della sala cinematografica all’interno della comunità: un punto di ritrovo, una pausa dopo la scuola, che caratterizza l’identità di un quartiere. Si torna a Chelsea on the Rocks, a Mulberry Str., a Piazza Vittorio. Case, avenue, piazze, culture diverse che si incontrano e convivono. Come se fossimo ancora in Alive in France, quando a unire erano la musica, i corpi in movimento. The Projectionist è un flusso di coscienza, su come è cambiata Times Square, l’industria, gli interessi.

Pornografia che si mescola alla finzione, Bruce Lee che si alterna a momenti “spinti”. E poi compare anche De Niro in Taxi Driver, spiegando che in fondo sono tutti passatempi “per famiglie”. Ferrara trova una sua misura, si fa nostalgico, con intelligenza non ammicca alle piattaforme streaming, si schiera dalla parte di chi sta in cabina di regia, mentre la moglie e la figlia lo accompagnano. Poesia cinefila, testimonianza dell’avvicendarsi delle epoche.