Inizia con una morte e finisce con una rinascita, The Fighters, film pluripremiato alla Quinzaine e ai César.

Un ragazzo e una ragazza, crisi da età di passaggio, scoperta dei sentimenti, crescita. Nuovo? No, ma quanta freschezza, a dimostrazione che se le storie sono finite, il piacere di reinventarle è invece inesauribile.

Il bell’esordio di Cailley inanella situazioni inedite e dialoghi paradossali nel più classico dei canovacci: la liason tra l’esile Arnaud e la spigolosa Madeleine si dipana tra beach wrestilng, campi d’addestramento militare e prove di sopravvivenza nel bosco. Esperienze di gioco e disagio, nell’urgenza di una stagione che brucia (metaforicamente, letteralmente), vogliosa di frutti, tremenda e lieve come pioggia di cenere.

I nipoti della Nouvelle Vague hanno l’ansia dei nonni ma non le bandiere dietro cui camuffarla. Le istituzioni – famiglia, scuola, esercito – hanno fallito, i ribelli però sono finiti prima. Ragazzi che non vogliono più sapere per cosa lottare, ma come e fino a quando. Baldanzosi e ingenui, arroganti e fragili. Pronti alla guerra, impreparati all’amore.

Disposti a provare di tutto, eccetto il rischio di “provare” qualcosa. Che vivranno solo arrendendosi alla vita. Catartico.