Si può perdere la propria ombra senza per questo aver perso la vita? Essere solo un corpo che cammina è l’esperienza devastante vissuta da Sana, la protagonista di Yom adaatou zouli dell’esordiente Soudade Kaadan. La vicenda si svolge in Siria nell’inverno del 2012, anno assai freddo dal punto di vista climatico e purtroppo invece molto caldo da quello dei combattimenti. Il paese è dilaniato dai conflitti e nelle aree sotto assedio si muore con drammatica facilità. Sana, che vive con il figlio piccolo, decide di andare a cercare una bombola del gas per potergli preparare almeno un pasto caldo. Sarà un viaggio all’inferno.

Kaadan, che ha studiato teatro prima che cinema e ne mantiene la capacità di far muovere i corpi con estrema espressività, è una regista che non ha paura di affrontare il tema del conflitto in Siria affidandosi a piani narrativi in cui realtà e sogno si mischiano costantemente. Dopo una prima parte in cui il disagio  della vita quotidiana è descritto realisticamente, la narrazione si apre a una visionarietà simbolica e onirica che fa della guerra un gioco di ombre. Prima che queste si perdano.

Siamo in Siria, ma potremmo essere ovunque. Sana e i suoi due compagni si muovono in un paesaggio indefinito, ai confini del mondo. Uno spazio fisico e mentale dominato dalla paura, dall’incapacità di intravedere confini e trovare punti di riferimento interni ed esterni. Uno spazio in cui diventa difficile anche riconoscere i nemici. Rare volte il vuoto interiore prodotto dalla guerra è stato tradotto in immagini tanto rarefatte eppure potenti. Inquadrature perfette in cui gli esseri umani sono ogni momento sulla via della loro sparizione. Merito di un linguaggio che nella cifra del realismo magico cerca e trova la migliore realizzazione.

Kaadan con Yom adaatou zouli ha costruito un esordio sorprendente, in cui l’animo femminile si rivela nella speciale compassione per i vivi e i morti nonché attraverso l’amore di una madre e i rischi che è disposta a correre pur di  proteggere il proprio figlio. Una regista da tenere d’occhio. Un film pacifista che arriva come un urlo da un paese ferito dalla guerra.