Tanto è da sempre prolifico che non è una notizia: il coreano Hong Sang-soo ha due film in cartellone a Cannes 2017, Claire’s Camera, con Isabelle Huppert, fuori concorso e dentro The Day After. A tenerli insieme, oltre al regista, l’attrice Kim Min-hee, che è anche la sua fresca compagna di vita.

Li ha girati entrambi alla Hong Sang-soo: sceneggiatura in divenire, velocità di ripresa, agilità registica.

In The Day After la storia, semplice e minimale, è quella di un piccolo editore sposato che ha una tresca con la segretaria: dopo un litigio con quest’ultima, ne assolda una nuova, Areum (Kim Min-hee), e il triangolo almeno potenzialmente diventa un quadrato.

Bianco e nero, interni prevalenti, camera senza singulti, potere ai dialoghi, The Day After è piccolo ma non disprezzabile, ordinario ma non sanzionabile, carveriano e yoshimotiano (vabbé, Banana Yoshimoto), si vede d’un fiato e senza remore.

Un “Di cosa parliamo quando parliamo di geometrie variabili?”, fatto di iterazioni e circonvoluzioni, memoria che non tiene e flirt costante, che non rimane nella sua interezza, forse nemmeno lo intende, eppure lascia qualcosa: un anelito, un pensiero, la grazia di Kim.

Certo, avesse avuto un solo titolo pronto, e fosse stato questo, The Day After sarebbe andato fuori concorso, ma Thierry Fremaux e i suoi devono aver pensato che la doppia non competizione faceva brutto: allora buono per la Palma, ma solo per inerzia. Piccolo, intimo, pure troppo.