Ritmo lento e respiro pacato nella commedia dolceamara di Veit Helmer. Vicino Baku, Azerbaijan, un villaggio vive in simbiosi con i binari del treno e capita che questo catturi al passaggio uno o due oggetti. Ma non importa finché Nurlan, il conducente, riporta ogni cosa al legittimo proprietario.

Ma cosa succede se, un bel giorno, Nurlan non trova la proprietaria di un reggiseno raccolto dalla locomotiva? Da qui si snoda la vicenda fiabesca, che invecchia il suo principe e sostituisce la scarpetta di cristallo con un capo d’intimo. Non amore, ma generosa curiosità muove il protagonista (e lo spettatore).

Anche nei paesaggi e nella delicata comicità dei personaggi The Bra ricorda qualcosa di storie lontane. Sensazione di distanza che si acuisce con la scelta del regista di fare un film muto, oltre che rilassato e malinconico. Dice Helmer che il dialogare “non è cinematico”, che il medium parla per immagini.

Forse, ma il suo film, pur sorprendente nella fase iniziale, tende a confondersi e confondere da quella centrale in poi. Paradossalmente, proprio quand’è meno didascalico e sale di giri, il mutismo rivela le sue debolezze: scelta apprezzabile, insomma, ma non altrettanto apprezzata.