Sulla mia pelle, atteso film di apertura della sezione Orizzonti a Venezia75, ripercorre come noto gli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi, dall'arresto alla morte per le percosse subite. Una vicenda tragica che dopo nove anni non ha ancora avuto una risposta definitiva sebbene vi siano state sentenze e ribaltamenti delle stesse in un continuo gioco di verità, occultamenti, ammissioni e reticenze.

Alessio Cremonini, alla seconda regia, dimostra padronanza del mezzo e della narrazione giocando di sottrazione nelle scelte di regia e non addentrandosi oltre il dovuto nelle pieghe dell'inchiesta per concentrarsi invece su Stefano e il suo personale calvario.

Stefano che ha un rapporto di grande amore con la sorella e i genitori, che pure spaccia per sopravvivere, che conosce le regole degli arresti comprendenti anche la violenza, che nonostante questo decide di non tradire. Stefano ragazzo qualunque, a suo modo speciale. Tutto avviene in fretta, spaccio arresto e pestaggio, non la fine.

Sarebbe tuttavia un errore pensare che Sulla mia pelle rappresenti un'operazione di beatificazione. Aderente ai fatti, ai verbali dei processi, alle testimonianze, al contrario ricostruisce un'esistenza votata alla rovina senza nulla nascondere.

Nell'adesione alla cruda realtà sta del resto tutta la tragicità della storia, una concatenazione di errori che il ragazzo pagherà sul proprio corpo. Una figura esile e segnata fatta rivivere da un bravissimo Alessandro Borghi, immedesimato nel protagonista sino alla sofferenza estrema eppure mai eccessivo. Il dimagrimento, la voce, l'andatura cercati e trovati nello sforzo di aderire al vero Stefano lasciano senza fiato, ma a colpire più di ogni altra cosa è lo sguardo rassegnato di chi ha perso fiducia nel mondo e nelle istituzioni.

Che è come finisce per sentirsi lo spettatore di fronte a questo esempio di cinema civile, alto, necessario e senza appello.