MINISERIE DISPONIBILE SU NETFLIX

(2021) - 6 EPISODI

IDEATORE - Michele Rech (Zerocalcare)


Prima di tutto, a un occhio molto smaliziato, Strappare lungo i bordi appare come un’operazione di grande intelligenza editoriale: la miniserie con cui Zerocalcare, nome d’arte che ha reso famoso il fumettista romano Michele Rech, debutta nell’animazione (6 episodi di 15/20 minuti ciascuno per Netflix) è un modo perfetto per portare i suoi seguaci su un altro mezzo di comunicazione, la televisione online, e al tempo stesso approdare a un altro pubblico, quello dello streaming, con una sorta di bigino del suo mondo autoriale. Eppure, in questa furbizia apparentemente pigra c’è il segreto della riuscita della serie.

Strappare lungo i bordi è a conti fatti una rivalsa, quella che ha portato Zerocalcare a fare una propria versione di La profezia dell’armadillo, dopo che si era sfilato dalla versione cinematografica diretta nel 2018 da Emanuele Scaringi, non proprio disconoscendola ma prendendone un po’ le distanze. Qui Rech ha carta bianca nello scrivere, dirigere e interpretare tutti i personaggi che vediamo, tranne l’armadillo che ne incarna la coscienza, doppiato da Valerio Mastandrea, perché quello che la miniserie mostra non è un racconto, ma un vero e proprio flusso di ricordi, pensieri, riflessioni ed eventi che l’autore/protagonista racconta in prima persona: tutto parte da un viaggio che deve affrontare assieme agli amici Sarah e Secco, un viaggio che sembra molto importante, come fosse un momento che cambia per sempre faccia alla loro adolescenza. Prima di scoprire il motivo di quel viaggio, durante il tragitto, Zero ricorda la sua adolescenza, i suoi amici, le sue prese di posizione sul mondo e la vita, seguendo il trascinante corso dei pensieri, ma anche l’andamento del racconto che in un modo o nell’altro lo riporta coi piedi a terra, a quel viaggio che in qualche modo lo segnerà per sempre.

L’impianto è quindi proprio quello del romanzo a fumetti del 2011 e la durata complessiva della miniserie - un paio d’ore - farebbe pensare a una sorta di film con cui dare la “versione di Rech” di quell’adattamento sfortunato, ma essendo passati dieci anni dall’opera letteraria e tre dal film, Strappare lungo i bordi riflette il tempo che è passato, anche se non sembra: perché lo Zero che nel fumetto vedeva la propria giovinezza passare tra sogni rincorsi invano, speranze sopite e un mondo a cui non riusciva ad adattarsi, è diventato un quasi quarantenne di un certo successo, affermato nel proprio lavoro non come semplice narratore per disegni, ma proprio come persona, perché ha fatto del proprio pensiero il cuore del suo personaggio.

Con quel successo, con un diverso status socio-culturale, il protagonista deve fare i conti, la distanza da quei fatti ed eventi, ma anche il possibile distacco del pubblico novello, diventano una nuova leva su cui basare pensieri e paradossi. Nei sei mini-episodi (altro modo di avvicinarsi agli adolescenti dello streaming senza sembrare un uomo di un’altra generazione che ne scimmiotta il linguaggio) Rech ricorda, ricostruisce una temperatura emotiva prima che culturale, sfida costantemente gli schemi con cui aveva imparato a leggere la vita e li decostruisce a colpi di una salutare anti-retorica, in cui lo sberleffo ironico di ogni forma di enfasi o lirismo non impedisce agli episodi di farsi anche emozionanti, toccanti, perfino dolorosi.

Di questo ottovolante di reazioni possibili, dalla risata sfrenata - il dialogo di Zero e Sarah sui bagni pubblici, le torrenziali tirate dialettiche del protagonista - al pianto finale, Rech tiene perfettamente le redini, non sbaglia praticamente mai il ritmo, i cambi di direzione, le associazioni di idee che fungono da collanti narrativi, la costruzione della drammaturgia apparentemente casuale, abbonda di trovate comiche e proprio per questo - come serie del calibro di Scrubs o BoJack Horseman - sa piazzare in modo ancora più spiazzante le sue aperture serie o drammatiche; più di ogni altra cosa però, Strappare lungo i bordi sa parlare con grande disinvoltura e inventiva a un pubblico che è in divenire proprio come il suo autore, permette ai giovani adulti di riconoscersi nel precariato che da professionale è divenuto esistenziale, dialogando al contempo con i ragazzi, con i loro tic, i loro modi di dire e di vedere, trovando un modo formidabile di raccontare la stessa storia in momenti diversi, per pubblici (un po’) diversi senza apparire ripetitivo, trovando proprio nel crescere e nell’evolversi la chiave per variare i suoi temi.

Strappare lungo i bordi

Esagerando un po’, e spero che un’iperbole ci sia consentita, questa miniserie in cui il tocco Netflix pare quasi non sentirsi, rispettando in questo modo spirito e attitudine del suo creatore, sembra ciò che avrebbe realizzato James Joyce se fosse nato nella Rebibbia degli anni ’80 e fosse per questo infarcito di cultura pop, un Ulisse contemporaneo che nel mare dei pensieri rischia continuamente di affogare ma che ha due salvagenti che gli consentono di tenersi a galla: l’Armadillo, il grillo parlante un po’ cinico che aiuta Zero a ridimensionarsi e a riconnettersi con il proprio mondo anche insultandolo, come se la coscienza in ognuno di noi fosse soprattutto il riflesso del lato peggiore del mondo che ci circonda, un Super Io pronto a tarpare ogni slancio; e soprattutto, la propria empatia, il proprio disagio rispetto alle emozioni altrui, il chiedersi continuamente cosa sentano gli altri e come questo interferisca con il corso della propria vita (in questo senso, Strappare lungo i bordi sa leggere lo spirito dei tempi e le conseguenze della cultura della correttezza politica meglio di molti soloni sui quotidiani). Sono due salvagenti che rendono a Zero (e a Rech) la vita incredibilmente complicata, ma gli permettono un livello di consapevolezza umana da vero scrittore, da grande romanziere dei nostri tempi, capace di restituire al pubblico un’ampia gamma di emozioni e pensieri proprio in virtù di quel modo assurdo di viverli ed esperirli.

Una tappa fondamentale nel percorso di Zerocalcare, perché rielabora il già detto in modo a tratti folgorante e preparare narratore e spettatori/lettori a nuove possibili strade.