Torino, 1997. Dall’Argentina si trasferisce in Italia una giovane ragazza di ventitré anni che si chiama Soledad Rosas, poi soprannominata Sole. In una casa occupata incontra Edoardo Massari, detto Baleno, del quale si innamora. Lui è un anarchico, lei in realtà, come ci racconta la sorella, non è poi mai stata molto interessata alla politica, viveva nel suo mondo e non distingueva la destra dalla sinistra. Tra loro nasce una storia d’amore travolgente. Se non che il 5 marzo del 1998 la coppia viene arrestata con l’accusa di aver compiuto atti di terrorismo contro la costruzione della rete ferroviaria ad alta velocità (Tav) in Val Susa e di partecipazione a banda armata. Il 23 marzo Edoardo Massari viene trovato morto nella sua cella nel carcere torinese de Le Vallette. Pochi giorni dopo, l’11 luglio, Soledad viene trovata morta nel bagno di casa, dove viveva agli arresti domiciliari. Questa triste storia, purtroppo vera, ci viene raccontata nel bel film diretto da Augustina Macri, regista argentina, nonché figlia del presidente dell’Argentina Mauricio Macri.

Si dice Nomen omen (“il nome è un presagio”). E sembra proprio così nel caso di Soledad che significa “solitudine”. Una solitudine che deve aver ben provato questa ragazza argentina dopo la morte del suo amato. 

Celebre per il suo dito medio alzato in cenno di sfida alla polizia, mentre con le manette ai polsi, veniva portata fuori dall’obitorio per l’ultimo saluto all’uomo che amava, questa ragazza torna a far parlare di sé grazie a questo bel film basato sul libro Amor y anarquia scritto da Martin Caparros, che è diventato un best seller in Argentina.

A parte un certo modo di parlare che dà vita a una recitazione fin troppo melodrammatica e dai toni esagerati, soprattutto per quanto riguarda il personaggio di Baleno (Giulio Corso). Troppi slogan anarchici sopra le righe (“Tutti siamo in guerra prima lo capisci e meglio è” o “Non è un gioco se stai qui con me c’è solo la guerra”). La storia di questi due giovani che desideravano un mondo migliore con l’imprudenza tipica degli amanti è ben raccontata, grazie anche a una buona fotografia e a un sapiente montaggio, nell’opera prima della Macri. In più dà il volto a Soledad l’attrice argentina Vera Spinetta, che nel ruolo di questa ragazza è davvero perfetta.

In seguito nel 2002 la Corte di Cassazione lasciò cadere l’accusa di sovversione e terrorismo per mancanza di prove. Dopo Sulla mia pelle, sulla tragica morte di Stefano Cucchi, si torna a parlare di un altro caso italiano in cui lo Stato è deviato e la giustizia non c’è. In tutto questo Soledad, eroina e antieroina fragile e forte allo stesso tempo, è stata un anacronismo romantico e ci ricorda che si può ancora morire per un’idea o per amore. Anche nel mondo attuale.