Tre personaggi in scena, una questione di nomi. In molte lingue, compreso l’italiano aulico, Alma sta per anima. Nella sua forma greco antica, Alex è composto dai termini “proteggere” e “uomo”: protettrice. E poi Mamma: moloch senza nome. Volendo partire dall’onomastica, Shadows svela subito la sua natura doppia: ombre, appunto.

Ci si chiedeva, nei giorni del lockdown, quali storie avremmo visto nel mondo di dopo. Di fronte all’opera seconda di Carlo Lavagna ci rendiamo conto che la domanda è un’altra: con quali occhi vediamo le storie provenienti dal mondo di prima ma per vari motivi rivelatesi dopo – anzi: durante – il trauma? In Shadows ricorrono il presagio dell’isolamento, il senso di una minaccia imminente, l’aria post-apocalittica.

Una storia distopica, all'indomani di una catastrofe, sospesa tra un Dentro e il Fuori: nel mezzo di un bosco, due sorelle vivono in un hotel abbandonato insieme alla severa madre, che per proteggerle le tiene lontane dalla luce del giorno. Le ragazze possono uscire solo di notte, per partecipare alle battute di caccia della madre. Essendo nel mezzo del loro naturale percorso di crescita, Alma e Alex vogliono sapere cosa c’è fuori e se è vero, come dice la mamma, che oltre ci sono ombre pronte ad attaccarle.

Mia Threapleton e Lola Petticrew

Come nell’esordio Arianna, Carlo Lavagna pone al centro un personaggio femminile colto in un momento di rottura: la scoperta del proprio corpo, il bisogno di scoprire il mondo, il conflitto con l’autorità (genitoriale). Tutto è reso più perturbante dalla dimensione claustrofobica, un albergo decadente e fuori dal tempo, nell’atmosfera cupa e angosciante di una fiaba nera che con acume e misura recupera modelli, aggiorna schemi, rinnova situazioni classiche.

Capace di montare la tensione in modo molto perspicace e di trasmettere una sensazione di pericolo, Shadows non è un film rivoluzionario ma è un oggetto originale e ponderato che conferma una certa tendenza del cinema italiano ad aprirsi al di là dai perimetri domestici. Non a caso dietro questa coproduzione italo-irlandese ci sono Matteo Rovere e Andrea Paris: si nota bene la scelta – tipica dei loro progetti – di coniugare la fiducia nel genere e il dialogo con le platee internazionali, la componente autoriale e l’ambizione spettacolare.

Ottima la resa delle tre interpreti, in primis la ventenne Mia Threapleton (figlia di Kate Winslet) impegnata in un bel tour de force emotivo e fisico, ma notevole è il complesso dei contributi tecnici, dalle inquietanti scenografie di Joe Fallover (misteriose verticalità, colori vivaci che stridono con la penombra) alla musica di Michele Braga, davvero in sintonia con le colonne sonore dei classici giallo-neri del nostro cinema del passato.