Il padre muore, i sei figli, cinque di letto e una di cuore, si ritrovano di fronte al cordoglio e davanti al notaio. Il déjà-vu è, almeno lui, sensibile, Simone Godano, che sceneggia con Luca Infascelli, sì dà al cocktail derivativo, shakerando per partito preso e asseverato debito Carnage, Perfetti sconosciuti e L’appartamento spagnolo, e che ne può venire? La stasi, sopra tutto, ché Sei fratelli, prodotto da Groenlandia con Rai Cinema, fatica a riguadagnare un senso e rivendicare un’evoluzione del dato di partenza, la riunione familiare.

Godano, estrazione cinematograficamente nobile, in carnet Moglie e marito (2017), Croce e delizia (2019), Marilyn ha gli occhi neri (2021), squaderna il formato famiglia, intignando più che nell’elaborazione del lutto nella ricomposizione dei caratteri, personaggi e indoli insieme: suicidato il pater familias Manfredi Alicante (Gioele Dix), che ne sarà di loro, Marco (Riccardo Scamarcio), Giulio (Adriano Giannini), Leo (Gabriel Montesi), Luisa (Valentina Bellè), Gaelle (Claire Romain) e Mattia (Mati Galey), e – chiediamocelo – del film?

Gli attori non sono male, ma nemmeno troppo bene: il conduttore tv Scamarcio scoatta, Giannini – sarà che Bordeaux è una piccola Parigi – sembra il gemello diverso del ganzo di Supersex, Montesi, al cui Leo Marco ha sottratto Giorgia (Linda Caridi), è passivo-aggressivo, Bellè ha il compito ingrato di incarnare l’ultima arrivata, e il piercing da galeotta non la aiuta, i due francesi – in omaggio al sodalizio cinematografico, si presume, che fu il Manfredi di Dix famigliava in Italia e in Francia parimenti – pervengono poco.

Il film è una lunga teoria di scene, forse meglio, scenette di scazzi, sbronze, laser ludici, spiegoni, convivi, bagni – il più contrattualmente sfigato, Mati Galey, è l’unico a esibire le pudenda – in mare e nuove relazioni.

Davvero, non se ne esce, e la sinossi stessa ne ha contezza: “Quando quest’ultimo (Manfredi, NdR) viene a mancare, si ritrovano per la prima volta tutti insieme nella casa paterna a Bordeaux, vivendo l’illusione di poter diventare una famiglia unita. Ma ormai ognuno di loro porta con sé una storia, un’identità e tornare indietro non sarà facile”. Ancor più, credete, andare avanti per lo spettatore: non si sopravvive all’illusione di poter vedere un film senziente.

PS: in assenza di un coproduttore francese, la scelta di Bordeaux e dintorni pare una gita premio, meglio, fuori porta, ché le ragioni del premio non si comprendono.